L'editoriale di Simona Maggiorelli di Left n.1 di gennaio 2023

Egregia presidente Meloni si rassegni, è rimasta sola con qualche nostalgico che, vergognosamente, inneggia al fascista Rauti. Il mondo va in direzione diversa e contraria dal suo slogan «Dio, patria e famiglia».

Egregio ministro Salvini che, con il crocifisso di legno al collo, invoca ad ogni piè sospinto i valori cristiani, lasciar morire persone in mare è da cristiano? Si tratta di una violenza inaccettabile, per non dire dell’ipocrisia che c’è dietro tutto questo.

È inaccettabile l’idea che la religione interferisca con la cosa pubblica e la laicità dello Stato. Ormai l’hanno capito tutti, perfino in Italia dove, nonostante il fumo negli occhi «dell’influencer Bergoglio» (cit. Raffaele Carcano su Left), è drammaticamente chiaro che la diffusione della pedofilia nel clero affonda le sue radici nel pensiero religioso che annulla il corpo e nega la sessualità umana. Non a caso è diventata una voragine (che in qualche modo la Conferenza episcopale ha tentato di nascondere con una «indagine indipendente» farlocca). Parliamo di un agghiacciante e inaccettabile crimine sui bambini; violenze che, come per primi abbiamo smascherato grazie alle inchieste di Federico Tulli, vengono compiute ai più alti livelli ecclesiastici sui più piccoli ed anche sulle suore.

Anche per questo gli italiani lasciano la Chiesa. Ma non solo. È da molto tempo, infatti, che la secolarizzazione della società italiana va avanti a ritmi galoppanti, spinta dal rifiuto di dogmi antiscientifici che negano i diritti umani e l’identità della donna.
Lo abbiamo documentato costantemente su Left negli anni e lo documentano studiosi come il sociologo Franco Garelli, autore di Piccoli atei crescono (Il Mulino), in cui dimostra come fra i giovanissimi la religione sia considerata “roba vetero”, completamente fuori dal tempo, demodé. E più di recente, per lo stesso editore, con il saggio Gente di poca fede.

Questa rivolta silenziosa progredisce nonostante il baciapilismo della classe politica e la prepotente presenza della Chiesa in tre pilastri del nostro welfare: sanità, istruzione e, da oggi, assistenza. Lo raccontiamo nella storia di copertina di questo numero con un’inchiesta esclusiva sullo sconcertante accordo dell’Inps con la Caritas, che consegna a questa onlus, diretta emanazione della Cei, la gestione praticamente esclusiva nei quasi 8mila Comuni italiani, dell’erogazione di indennità e sussidi in favore di oltre 5 milioni di anziani, poveri ed emarginati. Un “affare”, per la Chiesa, da 200 milioni di euro l’anno. Un fiume di denaro che si somma ai circa 6,7 miliardi l’anno che già incassa dai contribuenti italiani sotto forma di finanziamenti pubblici statali, regionali e comunali, fondi alle paritarie (mai così alti come quelli stanziati dal governo Meloni, ha denunciato poche settimane fa Francesco Sinopoli, segretario generale Flc-Cgil: 620mln), pensioni ai cappellani militari, stipendi ai religiosi nelle corsie d’ospedale, 8permille, esenzioni, e contributi di vario tipo: in tutto sono ben 48 le voci di spesa, ma sarebbe più corretto dire le prebende, sottratte al welfare laico e donate alla casta clericale.

La secolarizzazione italiana rispecchia un andamento che si rileva in molti Paesi, da Oriente a Occidente. Perfino in Polonia, dove il governo ha imposto feroci leggi contro l’aborto, che hanno fatto morire molte donne, i più giovani, anche per questo, si stanno allontanando dalla religione. E negli Stati Uniti, dove fandonie come quella del creazionismo hanno largamente preso piede nella società, oggi i non credenti sono al 22 per cento. L’avanzare di un sano e vitale ateismo si segnala anche in Inghilterra e Galles dove i non credenti hanno superato i credenti di tutte le religioni. Altrettanto clamoroso è quello che sta accadendo in Turchia e in Iran dove i giovani in massa si stanno ribellando al fondamentalismo religioso dei rispettivi governi.

In Iran lo fanno a costo della vita, in una straordinaria e dolorosa lotta nonviolenta di cui sono protagonisti migliaia e migliaia di giovanissimi al grido di “donna, vita, libertà”, (facendo proprio lo slogan delle donne curde), come ci racconta su questo numero lo scrittore iraniano Kader Abdolah.

«I mullah, come i talebani in Afghanistan sono stupidi, non accettano la cultura, l’arte, la poesia, hanno paura delle belle donne indipendenti», dice Abdolah. E lo ribadisce la scrittrice iraniana Azar Nafisi: «Le dittature fondamentaliste cercano di confiscare, di distruggere e annullare l’identità delle donne, delle minoranze e di chi esprime una diversità culturale. Ma le donne in primis non sono più disposte ad accettarlo e scendono in piazza per i diritti di tutti, costi quel che costi». E noi siamo e saremo sempre con loro.


Editoriale di Left n.1 del 6 gennaio 2023

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.