Luigi Contu, sessanta anni appena compiuti, direttore da tredici dell’Ansa, la più importante agenzia giornalistica italiana, ha recentemente pubblicato un bel volume, I libri si sentono soli, per la casa editrice La nave di Teseo. Un libro che ricostruisce e racconta attraverso la risistemazione di una enorme biblioteca di 15.000 volumi la storia di una famiglia importante (il papà Ignazio è stato direttore editoriale di Rusconi, giornalista parlamentare e poi portavoce di Amintore Fanfani; il nonno Raffaele umanista e uomo di scienza, grande estimatore di James Joyce, ha diretto con Giuseppe Ungaretti i Quaderni di Novissima e ha tradotto autori come Albert Einstein e Paul Valéry) e anche un bel pezzo di storia d’Italia. Lo incontriamo a Fiuggi, in occasione di una presentazione del volume, e ne approfittiamo per rivolgergli alcune domande sul libro e sul suo lavoro di giornalista.
Direttore, da dove nasce l’idea di scrivere questo libro?
È un libro nato per caso. Mi sono trovato all’improvviso nella necessità di traslocare la biblioteca di famiglia, più di diecimila volumi, in un paio di mesi. Ho deciso di sistemarli tutti senza ricorrere a un deposito e così con l’aiuto dei miei figli ho iniziato un viaggio in quell’oceano di carta. Ho scoperto un vero e proprio tesoro: i miei avi hanno accumulato libri, carte, oggetti attraverso tre secoli. Ne sono rimasto così affascinato, inebriato, che ho pensato di raccontare questo viaggio nella memoria, nella storia e nei sentimenti più intimi.
La copertina e il titolo sono particolari, incuriosiscono.
Mio nonno è stato amico dei pittori futuristi. Non riuscivamo a trovare una copertina che ci soddisfacesse, per questa ragione ho iniziato a rovistare tra le sue carte. E ho trovato l’immagine di questo disegno di Balla. Il caso ha voluto che il grande pittore lo avesse chiamato Gli stati d’animo dei libri. Perfetto per il mio racconto!
È decisamente interessante il fatto che una storia familiare, la sua, ricostruita attraverso la risistemazione di una enorme biblioteca, restituisca al tempo stesso una parte importante della storia d’Italia, soprattutto del Novecento.
Attraverso libri, riviste, manifesti, appunti, la storia si è aperta davanti ai nostri occhi. È stato come entrarci dentro, viverla con le emozioni e il trasporto che provavano gli autori: grandi poeti, pittori, scienziati, giornalisti, politici. Da quando ho cominciato a scrivere hanno animato le mie nottate.
Nel suo libro sono presenti, in modo diverso, due figure fondamentali della storia politica repubblicana molto legate tra loro: Enrico Berlinguer e Aldo Moro.
Le due figure principali del dopoguerra italiano. Il dialogo tra loro ha consentito la maturazione del sistema politico italiano. Moro, per questo disegno, ha perso la vita. Mi domando spesso dove sarebbe andata la prima Repubblica se non fosse stato fermato dalla follia antistorica delle Br.
Tra le pagine di I libri si sentono soli c’è tanta storia contemporanea, ma anche cronaca. Quali fatti di attualità l’hanno colpita di più?
Tra gli scaffali ho ritrovato un libro che mi regalò Enzo Tortora poco prima di essere arrestato. Ero molto amico della figlia Silvia, anche lei scomparsa recentemente. Ero molto giovane a quel tempo, ma aver visto la sofferenza di Silvia e Gaia per quell’arresto che ha disonorato la storia della giustizia e del giornalismo italiano mi ha insegnato che le persone vanno rispettate sempre, soprattutto da noi giornalisti. Tortora è morto perché dei magistrati in cattiva fede lo hanno additato alla pubblica opinione come un mostro, e i giornali, tranne qualche rara eccezione, si sono prestati al linciaggio.
Come procede il lavoro all’Ansa?
Lavorare in una grande agenzia ti impone di essere sempre operativo. L’Ansa, con grande intelligenza e duttilità dei suoi giornalisti e dei suoi azionisti è stata capace di attraversare la tempesta scatenata nel mondo dell’informazione prima dal web poi dai social. Siamo stati la prima agenzia al mondo ad aprire un sito web, i primi ad applicare la tecnologia blockchain ai nostri contenuti. Ma senza mai snaturarci e senza mai dimenticare i valori che dal 1945 caratterizzano il nostro modo di fare giornalismo: essere oggettivi, aderenti ai fatti. Le opinioni ce le teniamo per noi.
Nella foto: Giacomo Balla, Gli stati d’animo dei libri (particolare)