Il governo Meloni non ha alcun merito per la cattura del capo mafia. Questo è solo dei carabinieri e della magistratura

La cattura di Matteo Messina Denaro è una vittoria di carabinieri e magistratura. Il governo non ha alcun merito. La sua latitanza per trent’anni è una sonora sconfitta dello Stato. La circostanza che la sua latitanza si sia svolta in gran parte nei pressi del suo Comune di nascita, in provincia di Trapani, vuol dire che ha goduto di omertà, connivenze e complicità, ma anche che non è stato efficacemente cercato. Il suo volto degli ultimi tempi non era nemmeno tanto dissimile dalle ultime immagini prima che si rendesse latitante. Faceva acquisti, andava in bar e ristoranti, viaggiava, frequentava persone, si faceva foto. Tutto questo è più che una sconfitta per uno Stato che complessivamente non considera più il contrasto alle mafie una priorità. Perché secondo alcuni era un arresto nell’aria ? Si è consegnato? Messina Denaro ha mollato la sua concentrazione? Qualcuno ha voluto fare un regalo oppure mandare un avvertimento al governo delle destre per equilibri interni a pezzi di Stato? Avremo gli ultimi rimbalzi delle trame frutto della trattativa? Si è voluta chiudere in modo simbolico definitivamente la stagione stragista per legittimare ulteriormente la convivenza con le mafie frutto della trattativa tra pezzi di Stato e cosa nostra? Chi ha coperto la latitanza e chi ha operato più alacremente per catturarlo? Oppure non c’è nulla di anomalo ed è tutto a posto?

In Italia molti sospettano non perché sono complottisti pregiudiziali ma perché pezzi di Stato negli anni hanno fatto di tutto per far perdere credibilità allo Stato stesso: le verità parziali sulle stragi di Capaci ma soprattutto via D’Amelio, la stagione delle stragi a grappolo per l’Italia e la trattativa Stato-Mafia, i misteri sulle catture di Provenzano e Riina, la mancata perquisizione del covo di Riina, le delegittimazioni e gli ostacoli istituzionali nei confronti di magistrati che hanno indagato sui massimi livelli di complicità di cosa nostra e ‘Ndrangheta, le interferenze di ministri della Giustizia, capi di governo e capi di Stato nei confronti di magistrati scomodi al potere, il coinvolgimento di alti ufficiali del Ros dei Carabinieri in fatti giudiziari di estrema gravità, il Palamaragate, il ruolo delle massonerie deviate. Insomma una questione morale gigantesca con riferimento alla quale mi meraviglio che ci si sorprenda se la gente ripone qualche dubbio sulla credibilità di numerosi rappresentanti delle istituzioni.

Semmai c’è da chiedersi perché la gente non si ribella di fronte ad un letame diffuso dal quale non nascono nemmeno i fiori. Perché la mimetizzazione delle mafie nel cuore delle istituzioni del nostro Paese ha fatto crescere ignoranza, indifferenza, assuefazione, sottovalutazione, rassegnazione. Purché non facciano rumore con le mafie si può convivere. La visione politica, la capacità istituzionale e la vocazione imprenditrice fanno dell’ndrangheta l’organizzazione mafiosa che da tempo ha scelto la strategia vincente. Eversione piduista con la legalità formale, inquinamento dell’economia, occupazione di luoghi un tempo difficilmente corruttibili. Con l’ndrangheta si passa dalle mele marce al frutteto contaminato. Il livello di corruzione e di pezzi di Stato divenuti mafiosi è talmente alto che è la borghesia mafiosa che si serve della mafia tradizionale e non più viceversa come un tempo.

E quale è la risposta del nuovo governo per contrastare le mafie di ultima generazione? Ridurre le intercettazioni, che invece sono assolutamente fondamentali proprio per scardinare il livello di convivenza delle mafie nelle istituzioni. Ridimensionare autonomia ed indipendenza della magistratura anche eliminando il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, magistrati meno liberi e reati non obbligatori da perseguire sono fattori determinanti per il condizionamento politico della magistratura e la cancellazione di fatto del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Credo che la cattura di Messina Denaro si inserisca in pieno ma non a gamba tesa in questa fase di assetto di nuovi equilibri che dall’interno corrodono sempre di più le fondamenta democratiche del nostro Paese.