Nella prefazione al catalogo Electa della mostra Arte liberata il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha l’ardire di omettere quale fosse la matrice di quel criminale attacco all’arte italiana: ovvero il nazifascismo. Scandalosamente, il ministro parla in modo generico di «arte liberata, salvata o recuperata dalle torbide minacce della Seconda guerra mondiale». E questo è solo uno dei tanti esempi di revisionismo del governo Meloni in tema di cultura

Pasquale Rotondi, lo storico dell’arte e funzionario che nelle Marche (praticamente da solo) salvò 10mila opere d’arte italiane dal saccheggio e della distruzione dei nazifascisti si starà rivoltando nella tomba. Altrettanto Giulio Carlo Argan e la bellissima Palma Bucarelli che, a sua volta, rischiò la vita per portare con la sua Fiat Topolino in Castel Sant’Angelo le opere conservate nella Galleria d’arte moderna di Roma, di cui fu a lungo direttrice. E con loro Fernanda Wittgens che mise in salvo le opere all’Accademia di Brera e, soprattutto, aiutò cittadini ebrei a scappare e, proprio per questo, fu incarcerata. Tutti loro sapevano bene che il patrimonio d’arte ha un fondamentale valore immateriale, un valore civico e culturale indispensabile per il futuro delle nuove generazioni, e tanto più importante in quel tempo di guerra per opporsi alla violenza, all’oppressione del nazifascismo e all’annullamento dell’umano nella Shoah. Incurante di tutto questo nella prefazione al catalogo Electa della mostra Arte liberata che alle Scuderie del Quirinale racconta le loro eroiche imprese, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha l’ardire di omettere quale fosse la matrice di quel criminale attacco all’arte italiana: ovvero il nazifascismo. Scandalosamente, il ministro parla in modo generico di «arte liberata, salvata o recuperata dalle torbide minacce della Seconda guerra mondiale».

«Non conosco la matrice», disse Giorgia Meloni dopo l’assalto squadrista alla sede della Cgil avvenuto nell’ottobre 2021. La stessa Meloni, da presidente del Consiglio, ha osannato l’ex repubblichino Almirante. Siamo sicuri che il suo governo sia espressione di una destra presentabile? Quale è la cultura politica della seconda carica dello Stato che disdegna il 25 aprile e inneggia a Pino Rauti?

Quale è la cultura politica del presidente della Camera Lorenzo Fontana, che partecipò al congresso ultraconservatore della famiglia a cui era presente Komov, ambasciatore del Congresso mondiale delle famiglie all’Onu e portavoce della Commissione sulla famiglia del Patriarcato di Moscinvitato e sodale di Aleksandr Dugin ideologo di Putin?

Quale è la cultura politica del ministro della Famiglia e della natalità Eugenia Roccella che afferma: «L’aborto è un diritto delle donne, purtroppo». La matrice di costoro a me pare molto chiara. Cattolica integralista e nostalgica del Ventennio, improntata al revisionismo storico.

Le donne italiane si rassegnino, servono solo per dare figli alla patria. Dopo la proposta antiscientifica di Gasparri (Forza Italia) di riconoscere identità giuridica all’embrione, arriva quella del senatore Roberto Menia (Fratelli d’Italia), che rincara la dose pretendendo di riconoscere la capacità giuridica di feti ed embrioni, fin dal concepimento. Su tutto questo l’opposizione non alza barricate in Parlamento, non invita a scendere in piazza per protestare. Intanto la destra va all’attacco dei diritti delle donne, dei migranti, degli studenti. A un anno dalla morte di Lorenzo Parelli l’alternanza scuola lavoro viene riproposta in maniera ancor più scriteriata e sbilanciata verso l’interesse delle aziende. La scuola purtroppo è la prima vittima di questo governo, insieme alla sanità.

Nella scuola del merito propugnata dal ministro Valditara, il darwinismo sociale docet: chi ce la fa, bene, gli altri si arrangino. In barba ai numeri altissimi di dispersione scolastica soprattutto nel Sud d’Italia. Il progetto di autonomia differenziata di Calderoli provvederà a dare il colpo finale. Intanto Francesco Giubilei (Fratelli d’Italia), consigliere culturale del ministro della Cultura, Sangiuliano, propone che gli alunni facciano «il Saluto alla bandiera prima delle lezioni». A quando il ripristino del Minculpop, il ministero della cultura popolare che Mussolini istituì nel 1937? Per controllare la cultura e sottrarla all’«egemonia della sinistra» per svuotarla di senso e imporre un immaginario destrorso Meloni propina il fumettone di Tolkien e rispolvera metafore sanguinolente come quella della rivincita dell’“underdog”, espressione nata nei violenti combattimenti di cani organizzati nei giri di scommesse nell’Inghilterra dell’Ottocento. Più colto, il ministro della Cultura si applica nel revisionismo storico come abbiamo visto, tira per la giacchetta il malcapitato Leopardi e iscrive d’imperio Dante a Fratelli d’Italia, benché, come è noto, fosse un uomo del Trecento. L’operazione revisionista su Dante, si sa, era già cominciata con Mussolini. E ora si carica di nuove fandonie negando che egli auspicasse che il pane della conoscenza fosse condiviso con tutti, negando l’impasto poliglotta del volgare della Commedia che comprendeva anche termini arabi e molto altro, come scrivono su questo numero autorevoli specialisti di Dante e storici dell’arte medievale.

Non pago della revisione della letteratura in chiave reazionaria, sul versante della gestione del patrimonio artistico il ministro si lancia sulla via ultra liberista tracciata da Berlusconi e Renzi, trattando i musei come «macchine per far soldi» (cit. Renzi) e dunque alza a 25 euro il prezzo del biglietto l’ingresso agli Uffizi. «Tanto i ricchi americani se lo possono permettere», dice. E chissenefrega delle famiglie italiane che non se lo potranno permettere e chissenefrega della Costituzione che parla di tutela dei beni culturali ma anche di diritto dei cittadini alla conoscenza e affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli per il pieno sviluppo della persona umana…

* In foto, il ministro Sangiuliano con la premier Meloni, al Senato

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.