Nasce il primo Codice di comportamento etico per combattere la violenza contro le donne promosso da artisti docenti di Accademia e attivisti. Ne abbiamo parlato con i promotori

“Donne (non più) anonime. Confronto sul femminicidio” è il titolo di un progetto ideato e diretto da Daniela Trincia e realizzato da AlbumArte e Cristina Cobianchi che ha preso il via nel 2016 a Roma con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo dell’arte italiano riguardo la violenza di genere, affinché la si possa riconoscere e combattere. Nel corso degli anni di sono svolti numerosi incontri realizzati grazie alla riflessione e la testimonianza di esperte/i, attiviste/i e artiste/i e alla fine di marzo, durante il convegno “Sorella io ti credo. La doppia violenza sulle donne: fisica e sociale” all’Accademia delle belle arti di Roma, curato da Guglielmo Gigliotti e Miriana Pistillo con la collaborazione di Marianna Pontillo, è stato presentato il Codice etico della comunità dell’arte contro la violenza sulle donne (link al documento). A latere del convegno, nei pressi dell’Accademia, si è svolta la performance: “Dal buio alla luce”: per 4 ore  50 artiste e artisti hanno dato vita ad un’azione tenendo in mano un pannello con l’immagine di una propria opera, come contributo in chiave morale, civile e poetica alla creazione di una coscienza profonda del NO alla violenza sulle donne, a cura di Lucilla Catania, Licia Galizia, Veronica Montanino e Daniela Perego.

Il Codice etico è stato curato da Cristina Cobianchi (presidente di AlbumArte) e da Daniela Trincia con il supporto di Simona Ammerata, Andrea Bernetti, Luisa Betti Dakli, Teresa Dattilo, Fabio Maria Cilento, Vera Maglioni, Anahi Mariotti.

Per approfondire il significato e lo scopo di questa iniziativa abbiamo rivolto alcune domande a Gigliotti, Trincia e Cobianchi.

Guglielmo Gigliotti, agli inizi del 1600 l’Accademia di San Luca ammetteva per la prima volta donne docenti ma dovettero passare altri due secoli prima che le allieve fossero ammesse a frequentare le Accademie. Quella di Roma ha organizzato un convegno che è culminato con la proposta di un codice di comportamento etico in difesa delle donne. Quali riflessioni ne ha ricavato?
Quello che penso è che si sia presa coscienza in modo ancora più netto che l’arte non ha senso se il mondo che la promuove, o dove ci si forma, accetta pratiche di sopraffazione della persona fisica e morale. L’arte, in tutte le sue forme, è sempre intrinsecamente etica. Questo lo abbiamo detto chiaramente agli studenti, perché in Accademia si formano, prima che artisti, persone. L’opera è come un orizzonte in cui tutti si possono riconoscere, uno specchio che rimanda percorsi interiori condivisibili. L’arte è un dono che l’artista fa a se stesso e all’umanità, non un sopruso, non un insulto. L’arte deve essere una casa felice, questo è il messaggio primario che vogliamo trasmettere ad artisti in erba, in Accademia e fuori.
La cultura della violenza è antica e radicata. Che fare?
Noi abbiamo voluto deporre un piccolo seme per un frutto che dovrà ancora maturare, perché la violenza, oggi, sussiste, in parte, anche nel mondo dell’arte. Il Manifesto di Albumarte contro la violenza sulle donne nell’arte, che Daniela Trincia ha letto al convegno, è un dato di fatto, una presa di posizione netta. Gli altri, da che parte stanno?
Daniela Trincia, lei è stata una delle prime a proporre il tema della violenza di genere in arte, a stimolare e a promuovere incontri e un confronto continuo. Il codice etico è la naturale evoluzione di questi incontri?
Prima di rispondere vorrei ricordare l’efferato femminicidio avvenuto a Roma il 29 maggio del 2016. Sara Di Pietrantonio di appena 22 anni fu brutalmente uccisa da Vincenzo Paduano, suo ex fidanzato che, non accettando la fine della loro relazione, l’aspettò di notte lungo la strada, speronò la macchina di Sara e entrò nell’auto cospargendo di alcool la ragazza, l’ha poi strangolata e ha dato alle fiamme il suo corpo e l’autovettura. Organizzare incontri sul femminicidio con il prezioso supporto di Cristina Dinello Cobianchi è stata la mia reazione a quella storia. Ho ritenuto che fosse necessario una riflessione pubblica sulla cultura ancora intrisa di sessismo, maschilismo e stereotipi duri da abbattere, oltre che sulle conseguenze e implicazioni della violenza di genere, dalla rivittimizzazione ai testimoni e molto altro. E, proprio nel corso di uno di questi incontri, il 7 febbraio 2023 è nata l’elaborazione di questo codice etico. Si tratta quindi sicuramente del punto di arrivo di un percorso avviato nel 2016, ma anche di un nuovo punto di partenza.
Perché?
Perché auspichiamo che sia accolto da una platea sempre più ampia, nonché spunto di rinnovate riflessioni e azioni di sensibilizzazione e, soprattutto, conoscenza di questa grave piaga sociale che in troppi continuano a ignorare, negare, sottovalutare.
Cristina Cobianchi, Albumarte è tra i più attivi e influenti spazi indipendenti no-profit nel panorama artistico italiano. Cosa l’ha spinta a partecipare a un convegno sul femminicidio quindi non strettamente connesso al mondo dell’arte?
La nostra ricerca si concentra su tutte le forme di arte contemporanea, pittura, scultura, performance, sound art, videoarte, fotografia, di artisti e artiste, con curatori e curatrici, ma ci interessa anche il confronto sui problemi culturali e sociali. Non potendoli approfondire tutti con eguale scrupolo, nel 2016 abbiamo deciso di organizzare una serie di dibattiti centrati sulla “lotta” contro la violenza sulle donne. E oggi abbiamo lanciato un manifesto perché si possa adottare anche nel modo dell’arte, come sta avvenendo nel mondo del cinema dopo il #metoo, un comportamento etico che ci definisca riguardo a questa piaga della società patriarcale. Credo che la presa di posizione dell’Accademia di belle arti di Roma, che ha organizzato il convegno e la mostra ad AlbumArte con due performance sulla violenza contro la donna, sia davvero importante. La violenza va prevenuta e contrastata in ogni modo e anche da questo incontro si è levato forte e chiaro il nostro rifiuto: il comportamento maltrattante non è legittimato né normalizzato dalla comunità degli artisti. Tuttavia ancora troppa gente insospettabile, nel nostro mondo “colto e aperto”, resta indifferente di fronte alle violenze, ai segnali evidenti che spesso precedono un femminicidio, schierandosi così, forse inconsapevolmente, dalla parte dell’assassino.

L’autore: Alessio Ancillai è artista.
Info: www.alessioancillai.com