Con la telefonata di Xi a Zelensky la Cina si muove da protagonista anche nello scenario di guerra ucraino. In Europa solo Macron sembra vedere che la nostra subalternità agli Usa ci impedisce di prendere forti iniziative diplomatiche per la pace

La telefonata del presidente cinese Xi Jinping al premier ucraino Volodymyr Zelensky riporta in primo piano, dopo l’attivismo mostrato nei mesi scorsi dal turco Recep Erdoğan, l’assoluta incapacità di noi europei di svolgere un ruolo autonomo da Washington nel conflitto in corso sul nostro stesso continente. Eppure, appena due settimane fa, nel volo di ritorno dalla Cina, dialogando con due giornalisti dopo aver trascorso sei ore in compagnia di Xi Jinping, Emmanuel Macron aveva rilasciato dichiarazioni non ambigue sulla necessità dell’Europa di affrancarsi dalla tutela americana per raggiungere quella che ha chiamato autonomia strategica in campo economico e militare. Il presidente francese aveva espressamente usato il termine «vassalli» per indicare la condizione alla quale gli europei non dovrebbero soggiacere per divenire terzi fra la potenza attualmente egemone, gli Stati Uniti, e quella crescente della Cina. Ventiquattro ore dopo, con l’intento di non irritare troppo i funzionari imperiali a Washington, l’Eliseo aveva corretto parzialmente il tiro precisando che la Francia non è equidistante dagli Usa e dalla Cina in quanto condivide valori comuni con la prima delle due grandi potenze mondiali.

A queste dichiarazioni avevano fatto eco con immediatezza l’ex presidente americano Donald Trump, per il quale Macron è un amico ma sta letteralmente «baciando il culo» (kissing ass) alla Cina, e il ministro tedesco della Difesa, Boris Pistorius, che le ha definite infelici perché l’Europa è alleata, non vassalla degli americani. Excusatio non petita accusatio manifesta. Più esplicitamente negative le reazione di altri paesi europei, in particolare dell’Est. In prima fila il premier polacco Morawiecki che, in visita negli Usa, ha negato la necessità di autonomia evidenziando semmai il bisogno di rafforzare i rapporti esistenti con l’alleato americano. Strano alleato, invero, quello americano. Due anni fa la televisione pubblica danese DR rivelò che i servizi segreti americani avevano potuto contare sugli apparati di intelligence di quel Paese per spiare Angela Merkel, Frank-Walter Steinmeier e altri leader politici europei fra il 2012 e il 2014, sotto la presidenza Obama. Così anche i documenti resi pubblici nel 2013 da Edward Snowden hanno rivelato il controllo sistematico dei diplomatici dell’Unione europea in missione negli Usa e ancor prima, grazie a Julian Assange, sappiamo dello spionaggio politico esercitato dagli americani sui leader europei e persino di quello economico ai danni della Bce. Spiati dall’alleato come mostrano anche le recenti fughe di carte segrete dalla Nsa, l’agenzia di sicurezza americana. Ora, al di là del contesto nel quale le dichiarazioni sono state fatte e che possono renderle sospette di voler catturare la benevolenza cinese, non c’è dubbio che Macron abbia colto un aspetto tutt’altro che marginale della condizione in cui si trova l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Vittorio Emanuele Parsi su Il Foglio, cogliendo al volo l’occasione per rimbrottarlo di essere tra gli ultimi sostenitori concreti dello sforzo militare alleato in Ucraina, ha ricordato a Macron che la sicurezza dell’Unione europea di fronte «alla minaccia esistenziale avanzata dalla Russia di Putin» sta tutta nella relazione atlantica. Per molti giorni abbiamo atteso invano qualche altro commento soprattutto da parte della politica italiana. Possibile che non abbia nulla da dire? Ipotizziamo che la prima ministra la pensi con Il Foglio e non voglia esporsi a nuovi screzi con Parigi ma la sinistra, nelle sue varie articolazioni, che ne pensa? È in grado di disgiungere il giudizio che si può dare sulla politica interna di Macron da quello che, invece, andrebbe dato sulla sua aspirazione a un’Europa libera da ogni genere di vassallaggio? È consapevole che le maggiori conquiste nel secolo scorso, dal welfare ai diritti civili, sono messe in crisi e fanno passi indietro proprio grazie all’incapacità dell’Europa di assumere un ruolo unitario e autonomo sulla scena internazionale?

 

Storico e saggista Pino Ippolito Arminio ha da poco pubblicato Indagine sulla morte di un partigiano (Bollati Boringhieri)