Chissà cosa avrebbe detto Sandro Pertini, il presidente che invitava a svuotare gli arsenali e a riempire i granai, di fronte ad un’Unione Europea che invece gli arsenali di armi li va riempiendo.
La Commissione europea ha infatti proposto di poter comprare e fabbricare armi con i finanziamenti europei. E il Parlamento europeo, il 9 maggio, giorno della festa dell’Europa, ha addirittura votato quasi plebiscitariamente una richiesta d’urgenza in tal senso. Si compreranno armi con i fondi della pace (la pace è guerra, diceva il grande fratello di Orwell), dei vari Pnrr, addirittura con quelli destinati alla coesione sociale.
Bypassando il divieto del Trattato a finanziare attività belliche con l’imbroglio di considerare queste attività belliche come industriali. Il che aggrava la situazione: in questo modo si considera la produzione militare come privilegiata nelle scelte industriali europee. Si dirà che ci si sta difendendo da Putin. Francamente mi pare che questo argomento non regga.
Ormai, dopo un anno e più di guerra e centinaia di migliaia di morti, la guerra di aggressione di Putin appare come un nuovo Afghanistan, una guerra impantanata, come peraltro teorizzato da importanti esponenti politici occidentali.
Ma che “interesse” ha l’Europa a tenersi un Afghanistan, o una Siria, nel proprio cuore? Con in più lo spettro nucleare e il dover ribaltare decenni di economia globalizzata? Dillo a Putin mi sento dire spesso.
Avendo una certa età e avendo visto come l’Europa, e gli Usa, “tradirono” Gorbaciov che proponeva la casa comune europea e il disarmo, per vezzeggiare prima Eltsin e poi quel Putin che il movimento per la pace ed altermondialista invece avversava, rispondo che non ho nulla a che spartire né con Eltisin né con Putin.
Tanto meno avendo visto “difendere” con le bombe principi di autodeterminazione di varia natura nella ex Jugoslavia, poi dissolta, non riconosciuti a curdi e palestinesi ed opposti alla difesa della “integrità ucraina” di oggi.
Troppe guerre hanno visto dopo il 1989 partecipare, magari a pezzi, l’Europa. A volte “a rimorchio” degli Stati Uniti, come in Iraq e in Afghanistan (ora “tranquillamente” riconsegnata ai talebani), ma anche “in proprio”, come in Libia.
Per questo non mi convince neppure l’idea che l’Unione europea sia “trascinata” o “fatta a pezzi” dagli Usa e dalla guerra mondiale Nato-Russia, in prospettiva Cina.
Logica vorrebbe che se uno ha una guerra in casa cerchi di farla finire prima possibile.
Essendo poi ormai il mondo una casa globalizzata, perfino Cina e Brasile, pur così distanti dal conflitto, cercano di promuoverne lo spegnimento, essendo quelli che più puntano oggi sulla globalizzazione stessa. Lula peraltro lo fa con un protagonismo internazionale più marcato dei precedenti suoi mandati.
Perché la Unione europea invece non si muove?
Purtroppo un’antica propensione alle guerre le nazioni europee l’hanno sempre avuta. Qui si sono incubate due guerre mondiali. Come colonialismo, imperialismo, commerciali e militari caratterizzavano l’Europa quando ancora gli Usa erano lungi dal “nascere”. Fu la Seconda guerra mondiale e il riconoscimento del ruolo dei movimenti operai a fare promettere di costruire la pace e una democrazia sociale. Promessa ben presto rimangiata.
Ed anche la “questione russa” è “antica”. Solo il degrado propagandistico bellico può mettere insieme zar, Urss, stalinismo, fascismo, “putinismo” Cose diverse storicamente che si sono anche combattute tra loro.
Piuttosto andrebbe rivisitata la storia dell’Europa delle nazioni, delle tante guerre, del bonapartismo e poi della conferenza di Vienna e di Monaco dove l’ossessione anticomunista spiana la strada ad Hitler e Mussolini e a Franco nelle cui mani cui viene abbandonata la Spagna.
Il “revisionismo storico” è un’attività permanente di questi decenni di costruzione di una Unione europea che assomiglia sempre più ad una nuova società delle nazioni, una forma “moderna di ancien régime”.
La mozione delle destre italiane approvata in Parlamento per il 25 aprile non a caso richiamava direttamente quella con cui il Parlamento europeo ha travisato la storia della seconda guerra mondiale.
Le destre che si richiamano al passato stanno diventando molto forti e trainanti in Europa. Governano in Italia, Polonia, Finlandia. La Spagna, dove si vota tra poco, è a rischio. I sondaggi dicono che Popolari (sempre più a destra) e destre potrebbero avere la maggioranza del Parlamento europeo nel 2024.
Polonia e Germania spendono cifre enormi per enormi riarmi. E il riarmo diviene un’opzione “industriale” europea.
Intanto si riparte col patto di stabilità e misure draconiane per chi ha bilanci in rosso. Avviso molto chiaro non solo all’Italia, ma alla Francia o, meglio, a chi, la maggioranza delle persone, lotta per le pensioni: non avranno nessuno ascolto.
Le armi costano, arricchiscono i mercanti, le pagheranno le persone normali. Così come succede per l’energia, la crisi sanitaria, climatica, economica.
Come accadeva negli ancien régime dove i dominanti, tutti, vivevano “a corte”, e i dominati, tutti, morivano e pagavano per le “loro” guerre.
Mai come oggi la lotta per la pace, contro tutti i dominanti e le loro guerre, va portata in Europa.
Mai come oggi la lotta per la pace, contro tutti i dominanti e le loro guerre, va portata in Europa. Invece da Bruxelles arriva il via libera al riarmo con i soldi del Pnrr