Per tastare il polso del collante della maggioranza che tiene in piedi il governo italiano si potrebbe analizzare con serenità ciò che è accaduto ieri tra i tre partiti che la compongono. Mentre Giorgia Meloni si prendeva la scena per usare la propria figura come specchietto per le allodole, provando a coprire le falle che ormai si scorgono anche da un occhio distratto, Matteo Salvini e Antonio Tajani, rispettivi capi di Lega e Forza Italia si sono menati per l’intera giornata.
Il motivo del contendere non è cosa di poco conto, se la politica fosse davvero una sintesi di idealità e progetti: la collocazione politica per l’Unione europea che verrà. Durante il fine settimana Matteo Salvini aveva spiegato in un’intervista al Corriere della Sera il suo desiderio di un “patto scritto per il centrodestra”, invitando gli alleati del governo Meloni ad essere “tutti uniti in Europa” e rimarcando la sua vicinanza all’estrema destra francese: “Le Pen come la Lega”.
Tajani ieri ha risposto così: “Voglio essere molto chiaro – spiega Tajani ospite di Rai3 – sono anche vicepresidente del Ppe: per noi è impossibile qualsiasi accordo con Afd e con il partito della signora Le Pen”, ovvero i ‘post-nazisti’ della Alternative für Deutschland tedesca e il Rassemblement National, ormai partito leader della destra francese.
Dice Tajani che la Lega è un partito “ben diverso” dai suoi alleati. Dice la Lega – per bocca di Marco Zanni, l’europarlamentare e presidente del gruppo di Identità e Democrazia – che sono odiosissimi gli alleati con cui governa Forza Italia.
Potrebbe sembrare un banale battibecco ma è il codice genetico di questa maggioranza: si disprezzano, hanno visioni opposte ma stanno insieme. Cosa li tenga insieme a questo punto è facilmente decifrabile: il potere per il potere. E anche questa volta Giorgia Meloni potrà giganteggiare solo per il pregio di fargli fare pace. Con che esca? Sempre il potere.
Buon martedì.