il Pantheon non è un monumento come un altro. Isolarlo dietro una cancellata con un biglietto vuol dire recidere l’arteria che lo alimenta

È entrato in vigore il biglietto a cinque euro per l’entrata al Pantheon. Cittadini che tengono alla cultura per anni erano riusciti a bloccare la bigliettizzazione della più importante architettura romana.

Forse l’origine di tutti i mali è stata quando un ministro italiano usò la metafora del giacimento petrolifero ancora da sfruttare riguardo i nostri beni culturali. Anche Barack Obama usò l’espressione che gli idrocarburi devono rimanere dove stanno, nel sottosuolo. Bucare la terra per estrarre l’oro nero dissangua il pianeta, e ci sta portando alla morte. Quindi mai metafora (beni culturali = giacimento petrolifero) fu più errata. Il problema è che è una metafora facile, appare ragionevole. Abbiamo questo patrimonio, sfruttiamolo! 
Per capire come costruire un ragionamento che faccia cambiare idea, andiamo avanti con calma e per punti. Citerò anche alcuni nomi – alcuni sono di rilevanti architetti internazionali e nazionali oppure artisti, studenti cittadine e cittadini. Hanno detto parole dense e sono nel mio Facebook cui rimando anche per leggere i pareri contrari.

Politica: Arte della città.  Innanzitutto riflettiamo sul mondo di oggi. Siamo nel mondo della rete, nel mondo della globalizzazione, nel mondo della perequazione e si pensa che per guadagnare il denaro per il mantenimento del Pantheon bisogna vendere il biglietto “proprio lì”? Tutti sanno che si guadagna in un posto e si investe in un altro: si chiama politica. Se si pensa appena un poco di più ci si ricorda che politica vorrebbe dire arte della Polis, arte della città. Ora gli esempi del passato e del presente a proposito non mancano. «Nella Grecia classica la bellezza era un dono costante della Politica. Diffusa, bene collettivo, familiarità percettiva, abitudine sociale e priva di controvalore monetario. Da lì partiamo e da lì ci allontaniamo per finire nel girone degli ingordi» ha scritto Raffaele Cutillo, mentre Anna Riciputo narra dei suoi mesi passati in Brasile: «Le città e le loro risorse, sia architettoniche che artistiche, non sono in funzione dei turisti ma dei loro cittadini. Ci si è stupiti dei diciottenni che rivendono il buono cultura, in Italia la cultura è davvero Disneyland nel termine peggiore e rendere tutto a pagamento allontanerà ancora di più gli abitanti dalla cultura… i turisti entreranno comunque, loro stanno qua a posta! In Brasile tutti i musei statali sono gratuiti e quelli privati sono obbligati ad avere un giorno alla settimana gratuito e indovinate? Sono pieni! Musei pieni di brasiliani che passano lì il loro tempo con i bambini, con le famiglie, in coppia! Io che nei musei dovrei prenderci la cittadinanza per motivi di studio, me ne privo».

I musei di Washington D.C. o di Londra hanno libero accesso. Perché? Perché attraverso la libera circolazione nei musei si crea cittadinanza, si sente la città e le sue risorse come proprie. In epoca post risorgimentale la zona archeologica di Roma era libera meta di pellegrinaggi dei romani e da tutta Italia: passeggiare per il circo Massimo, passare sotto l’arco di Costantino (oggi negato) entrare nel Colosseo creava una idea comune di nazione. Ma tornando all’oggi, mai azione sulla città fu più bella di quando la prima amministrazione Petroselli apri i Fori alla città. Dietro quei cancelli spalancati finalmente ci riappropriavamo della titanica impresa dei primi Romani. Prosciugare una palude per fare un grande spazio pubblico, per tutti i cittadini.

Ora occupiamoci direttamente del Pantheon. Ebbene il Pantheon non è un monumento come un altro. È sicuramente la più importante architettura della civiltà romana e per molti – tra cui il sottoscritto – la più importante architettura mai realizzata, ma la sua specificità è che questa architettura intesse relazioni tutte particolari con lo spazio urbano. Isolarlo dietro una cancellata con un biglietto vuol dire recidere l’arteria che lo alimenta. È una argomentazione facile da comprendere per gli architetti, ma cerchiamo di comunicare meglio.

Il Pantheon anima dello spazio pubblico. Lo spazio interno del Pantheon è parte integrante della sequenza degli spazi urbani di Roma. Si tratta semplicemente della eventualità di girovagare senza meta e decidere di voler vivere quando vogliamo una sequenza di spazi incredibili. Perché le città si devono vivere anche girovagando: arrivare alla piazza del Pantheon, toccare l’acqua della fontana, avvicinarsi al monumento, entrare sotto l’enorme portico semi buio, poi penetrare nell’androne e da li intravedere attraverso l’oculo di nuovo il cielo! Perché il Pantheon è metafora della volta celeste.