Mia madre continua a chiamare “Google” internet. Io, che mi sforzo di insegnare, dico: “Ma intendi dire un browser?”. No, no Google , mi risponde. La mia è una vana speranza di costruire la differenza tra la prestazione specifica e il suo “ambito” prestazionale. Vana battaglia. D’altronde per esempio in America le fotocopie si chiamano Xerox (che in realtà è solo il brand vincente tra i tantissimi produttori di macchine).
La questione della differenza tra “brand vincente” e “sostanza” della prestazione che appare di lana caprina non lo è affatto se si ha il desiderio di capirci qualcosa.
Cominciamo da ChatGPT, che è arrivato come un ciclone. Ne ho parlato per la prima volta alla mia classe nel dicembre del 2022 perché ero stato avvertito in piena notte da uno dei miei spider oltreoceano.
Subito i miei ragazzi ci sono saltati su come su un treno in corsa. Ma poco dopo mi è stato necessario spiegargli che ChatGPT non è l’intelligenza artificiale, cosi come Google non è internet.
Entrambi usano una base dati sostanzialmente aperti, cioè quello che noi stessi riversiamo nella rete. Google nel 1998 creò per prima volta degli algoritmi (diciamo probabilistici) per fornire risposte logiche. Lo faceva raccogliendo continuamente tutte le informazioni in internet e mettendole in dei server già precotte. Così la risposta era istantanea anche se (esattamente come la luce che ci arriva dal sole) era di qualche tempo prima.
Ma l’intelligenza della risposta e la sua rapidità, sbaragliò tutti gli avversari. Il salto compiuto da Google fu un poco come quello dell’altista Dick Fosbury, che lo faceva di schiena e quando vinse nel 1968 quelli che saltavano a sforbiciata diventarono come dei dinosauri e si estinsero immediatamente (E’ bellissima questa dell’arrivo del salto di schiena come dimostrazione di cosa sia la modernità, un concetto che devo a Zevi, ma il richiamo a Fosbury è di Baricco).
Ora Chat GPT ha fatto la stessa cosa di Google che nel 2001 ormai aveva vinto la battaglia per la supremazia tra gli avversari. Non è che prima di Google non esistessero motori di ricerca (e alcuni di noi se li ricordano pure) cosi come non è che GPT ha creato l’intelligenza artificiale.
Interrogato su quale sia il suo funzionamento ChatGPT ci risponde: “Sono addestrato su una vasta gamma di dati provenienti da internet”… “Sono… compresi testi, articoli, libri e altro ancora”. Una meraviglia questo “altro ancora”. Evidentemente cosa che sappiamo ormai tutti, siamo costantemente “ascoltati”. Non è solo Alexa, ricordate ne abbiamo tanto parlato ( Io e il web, breve storia della rete. Da Arpanet a internet delle cose, ma anche i telefoni sono sempre in ascolto e tutti abbiamo ormai fatto la prova di parlare di un prodotto bizzarro “sai mi vorrei comprare dei mocassini da indiano”. E ritrovarceli sul nostro social preferito. Ora nell’altro ancora c’è questo. I sistemi di intelligenza artificiale oltre a tutto quello che abbiamo messo più o meno volontariamente in rete noi stessi (documenti pdf, blog, pagine html se non mail) adesso usano anche i nostri dialoghi. C’è bisogno di mostruosi ingegni e grandi velocità per gestire questo ecco a cosa servono le bande sempre più larghe ed ecco dove è la battaglia tra noi e la Cina. Noi non siamo certi che le nostre conversazioni What’s up si riversino in dei server cui attingere (anche se dubbi io ne avrei) ma i dialoghi contenuti nei corrispondenti programmi cinesi di What’s up, Facebook e Instagram lo sono di sicuro accessibili al governo. Circa due miliardi di persone. Fatevi qualche calcolo.
Ma torniamo al punto. Non è che ChatGPT abbia inventato l’intelligenza artificiale. L’ha portata soltanto a un livello tale che ha sbaragliato tutto.
Sbaragliato? Forse sì, forse no. Come sapete è arrivato Bard, il nome vero sarebbe Assurancetourix, il bardo di Asterix dalla vocazione poetica. Google infatti vuole combattere la razionalità di Chat GPT. La battaglia è aperta, e non è avversario da poco la indole creativa di Bard (cosi commercializza la sua AI Google). “Commercializza? Ma – vi chiederete – non è gratis? No non è gratis e devo tornare a Marx per essere chiaro.
To be continued
Da leggere anche della serie “Io e internet” di Antonino Saggio, architetto, docente universitario ed editore: Io-e-internet-al-tempo-del-covid-19-mi-vede-mentre-dormo-mi-vede-mentre-veglio/