Il 23 luglio si vota in Spagna. L'ex ministra e vice presidente del governo Sanchez, l'avvocata Yolanda Díaz, ha lanciato il movimento Sumar per ricomporre la sinistra oggi frammentata. Intanto un sondaggio pubblicato da El Pais paventa una volata dei popolari, che con l'ultra destra di Vox potrebbero sfiorare la maggioranza assoluta

Si vota oggi, 23 luglio in Spagna. Previste inizialmente per dicembre sono state anticipate ad oggi. L’accelerazione elettorale coglie la Spagna di sorpresa e mette gli elettori, soprattutto i progressisti, nella condizione di dover decidere nel bel mezzo dell’estate, se consolidare il risultato delle elezioni amministrative, che consegna tutto il potere alle destre del Partito popolare e di Vox, permettendo alla coalizione di destra di arrivare anche alla Moncloa, o mobilitarsi per impedirlo.
Pedro Sánchez ha avviato questo percorso quando si è dimesso dopo i deludenti risultati ottenuti del suo partito, il Partito socialista, alle elezioni amministrative che si sono tenute lo scorso maggio in alcune importanti regioni e grandi città spagnole, come Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia. Mentre il Partito popolare, di centrodestra, ha ottenuto una netta vittoria, superiore anche alle aspettative, i socialisti sono riusciti a mantenere il governo solo in tre delle dodici regioni in cui si è votato.
Le dimissioni di Sánchez sono state una mossa inattesa per evitare il logoramento del governo nei prossimi mesi e per sollecitare una grande mobilitazione della sinistra spagnola che blocchi la stessa onda conservatrice già vista in altri Paesi europei. Si tratta di chiarire, nell’arco di poco tempo, se è scomparsa quella maggioranza sociale che ha sostenuto negli ultimi anni il governo progressista.
Dopo l’annuncio di elezioni anticipate, Yolanda Díaz, vicepresidente dell’esecutivo, raccoglie la sfida e si candida alle elezioni generali con il movimento Sumar (aggiungere/unire in spagnolo): un “partito strumentale” con un programma con al centro il femminismo, il mondo del lavoro e la giustizia sociale e climatica.
«Tutto è pronto», ha dichiarato Yolanda Díaz nella prima apparizione del nuovo marchio elettorale che vuole mettere insieme tutti i partiti e movimenti alla sinistra del Psoe.

Sumar si definisce «un movimento europeista e pluralista, con una forte volontà di affrontare la sfida dell’emergenza climatica e di muoversi verso una società più libera, più femminista e più egualitaria». L’obiettivo di questa piattaforma è «fare di Yolanda Díaz la prima donna presidente del governo spagnolo e garantire una maggioranza progressista che permetta di difendere i diritti conquistati e continuare a progredire».
Ben 35 gruppi di lavoro negli ultimi due mesi hanno preparato il programma politico della piattaforma Sumar.

Podemos è sempre stato incerto e scettico sulla possibilità di unirsi alla coalizione, ma alla fine la segretaria del partito Ione Belarra ha avviato una strategica consultazione online tra gli iscritti sul delicato accordo. Il risultato da parte della base è stato il via libera all’intesa con Sumar.
In oltre 40 anni di democrazia, è la prima volta che in Spagna le tante sinistre territoriali, alternative ed ecologiste sembrano trovare equilibrio e motivazione politica per correre insieme nello stesso cartello elettorale.

Lei, Yolanda Díaz, avvocata galiziana, seconda vicepresidente del governo spagnolo e ministra del lavoro e dell’economia sociale, con generosità e responsabilità, è faticosamente riuscita a raggiungere questo storico accordo superando, o almeno mettendo da parte, le litigiosità e le discriminazioni della sinistra spagnola.
La popolarità l’ha guadagnata nel corso della legislatura quando è diventata una delle protagoniste indiscusse nel governo di Pedro Sánchez, ha incarnato, aggiornandolo, il rinnovamento della sinistra indignata del dopo 15M, quella passata dalle strade alle istituzioni. Come ministra ha guidato 17 accordi, tra cui la riforma del lavoro richiesta dall’Unione Europea per ridurre il lavoro temporaneo. Una riforma concordata con i datori di lavoro e i sindacati, nell’ambito della tavola rotonda del dialogo sociale, per risolvere temi importanti, dal salario minimo alla cassa integrazione, a una regolazione all’avanguardia della cosiddetta economia di piattaforma digitale, quella degli algoritmi.

Ora Yolanda Díaz è riuscita a tradurre tutto questo in un programma politico che trasmette un’idea di Paese e un modello di società focalizzato sul miglioramento dei salari, sulla casa, la sanità, l’istruzione e la giustizia.
Dovrà gettarsi alle spalle i tanti intoppi delle negoziazioni e della contrattazione politica degli ultimi giorni. Podemos, da tempo in crisi di consensi con una leadership che non ha trovato il modo di fidelizzare il proprio elettorato, ha dovuto digerire rapidamente la disfatta subita nel voto locale del maggio scorso, e sembra aver accettato il veto sulla candidatura di Irene Montero, sua ministra dell’uguaglianza per il governo Sánchez.
In questa legislatura, Irene Montero ha portato all’approvazione la legge sulle persone transgender, che ha fatto infuriare parte del governo socialista, e un’altra legge nota con il nome “Solo sí es sí”, che ha posto il consenso informato al centro delle relazioni sessuali, come centinaia di migliaia di femministe chiedevano manifestando nelle strade dopo la sentenza nel caso di La Manada, uno stupro classificato come abuso. Con la pubblicazione della legge “Solo sí es sí”, alcuni giudici, interpretandola, hanno ridotto le pene per gli aggressori sessuali, il che ha provocato uno scandalo sociale che ha seppellito il capitale politico della ministra. Così la figura di Irene Montero, molto apprezzata in Podemos, ma con un enorme logorio all’esterno, è stata percepita all’interno di Sumar come una dubbia risorsa elettorale, con la possibilità che la campagna per le elezioni fosse monopolizzata dal fiasco di questa legge.
Da qui il veto sulla candidatura di Irene Montero e Podemos non più attore egemone nel patto che apre una nuova fase nella storia delle coalizioni a sinistra del Psoe.
“Dialogo e accordo” ripete Yolanda Díaz. Nel discorso che di fatto ha dato il via alla campagna elettorale della piattaforma Sumar ha chiesto che quando si tratta di votare non si guardi “ai quattro anni passati”, quelli della legislatura conclusa con le dimissioni di Pedro Sánchez, ma piuttosto «ai prossimi otto anni, al futuro e alla costruzione di un Paese migliore». Ha insistito sui sentimenti: ha sottolineato la speranza e l’illusione, in contrapposizione al cinismo e al risentimento. Ha elogiato la generosità dei partiti quando si tratta di fare accordi e, soprattutto, si è rivolta all’elettorato che vuole raggiungere: «Ci rivolgeremo a coloro che hanno dubbi, paure e non si fidano di noi. E non li deluderemo».  Per questo afferma «il nostro Paese può essere migliore e la vita può essere più facile», perché si concentrerà sugli “affari pubblici”. Istruzione, salute e giustizia, ha detto, prendendosi cura di loro in “modi diversi”. Cura, affetto e molto rispetto, ha usato queste parole, inusuali nel linguaggio della politica. Poi ha celebrato il fatto che «tutti i partiti politici si sono alzati per stringersi la mano», cosa che, ha sottolineato, «non era mai accaduta prima in Spagna».
La scommessa è chiara: le organizzazioni coinvolte nell’accordo di coalizione di governo, da Izquierda Unida a Podemos, non avranno in nessun caso un contingente più grande di quello che Sumar può raccogliere. Se i risultati del 23 luglio saranno favorevoli alla confluenza e si raggiungerà la cifra prevista di 40 o più deputati, Yolanda Díaz, leader di questo spazio politico, potrà mettere insieme una squadra di lavoro con persone di fiducia. Se i risultati saranno negativi o disastrosi, il ruolo di queste due organizzazioni all’interno dell’opposizione sarà minore, ma certamente insufficiente a gettare un’ombra all’interno del gruppo parlamentare rimasto in piedi.
L’esito delle elezioni del 23 luglio può essere l’inizio di qualcosa o la attestazione di una sconfitta.

Il 19 giugno scorso un sondaggio pubblicato da El Pais presentava uno scenario fosco: il Partito popolare di Alberto Núñez Feijóo potrebbe ottenere la maggioranza dei voti, il 33,1%, conquistando 136 seggi. La destra di Vox, invece, porterebbe al Congresso 38 deputati: dunque il centrodestra potrebbe toccare quota 174 esponenti, quando la soglia della maggioranza assoluta fissata a 176. Il Partito socialista di Sànchez, seconda forza politica, si fermerebbe al 27,4%, con 106 seggi, mentre Sumar, la piattaforma guidata da Yolanda Díaz, guadagnerebbe il 13,1%. Sicuramente non sarà una partita facile.