La scuola misura lo stato di salute sociale e democratico di un Paese. La sua missione fondamentale è concorrere all’uguaglianza sostanziale concretizzata dall’articolo 3 della Costituzione. E questa funzione oggi è in pericolo
foto di Renato Ferrantini
Settembre è il mese delle ripartenze, della ripresa delle attività, una specie di nuovo inizio anno dopo la sospensione estiva. E tra le ripartenze ce n’è una che coinvolge milioni di persone: è l’avvio del nuovo anno scolastico. Quindi è giusto chiedersi che anno sarà per la scuola italiana, per gli studenti e le studentesse, per tutti coloro che nella scuola lavorano: docenti, personale Ata, dirigenti. Lo facciamo con la consapevolezza che stiamo parlando della infrastruttura sociale fondamentale per il Paese, per il suo sviluppo democratico ed economico, presente ovunque, dalla grande città ai piccoli centri. Lo facciamo perché ci interessa, perché è un patrimonio che ci appartiene e che vogliamo preservare e difendere: la scuola pubblica. La scuola misura lo stato di salute sociale e democratico di un Paese.
La sua missione fondamentale è concorrere all’uguaglianza sostanziale concretizzata dall’articolo 3 della Costituzione, fondamento del principio di solidarietà. Significa cioè che le è affidato il compito di assicurare l’uguaglianza delle condizioni di partenza, di fare cioè in modo che tutti e tutte partano sulla stessa linea. È lo strumento più potente per combattere le disuguaglianze e nello stesso tempo per assicurare, attraverso gli strumenti della conoscenza, la libertà. È il luogo dell’inclusione perché è aperta a tutti e tutte. Perché è bene ricordare il senso e gli obiettivi della scuola pubblica?
La risposta è che questo senso e questi obiettivi si sono persi o fortemente attutiti nelle scelte del decisore pubblico negli ultimi venti anni e nella stessa narrazione pubblica che si fa sulla scuola. Se passiamo in rassegna le scelte politiche che abbiamo alle spalle, il sistema di istruzione è stato troppo spesso oggetto di tagli e non di investimenti e gli interventi di riforma sempre subiti e non condivisi con coloro che devono farsene carico tutti i giorni: gli insegnanti e il personale della scuola tutto.
Infine mi riferisco alla tentazione - sempre presente - di privatizzazione del sistema pubblico di istruzione. Questo quadro non muta molto se guardiamo ad oggi. I tempi che attraversiamo sono caratterizzati da un aumento delle disuguaglianze sociali, territoriali ed economiche, un impoverimento delle condizioni materiali che è aumentato nell’ultimo anno per effetto della crescita dell’inflazione, con un rafforzamento delle disparità generazionali di genere. Nello stesso tempo stiamo attraversando cambiamenti epocali - transizioni - che pongono al centro della possibilità di competere dell’Italia la conoscenza e la scienza: mi riferisco allo sviluppo delle tecnologie digitali e alla riconversione ecologica delle produzioni e degli stili di vita. Sfide che impongono un cambiamento del punto di vista e politiche lungimiranti finalizzate alle prossime generazioni, le Next generation evocate dall’importante programma europeo licenziato dopo la crisi Covid. Cioè, ci troviamo in una fase delicata e di passaggio in cui le politiche pubbliche dovrebbero promuovere il contrasto alle polarizzazioni e alle disuguaglianze di accesso, garantendo una maggiore offerta di istruzione pubblica, allargando e rendendo effettivo il diritto all’istruzione ben oltre il termine obbligatorio di studi: quella formazione permanente e lungo l’arco della vita necessaria per affrontare questi rapidi cambiamenti e contrastare le nuove esclusioni sia occupazionali che democratiche.
Purtroppo non è questo che sta accadendo. Il governo di destra che si è insediato meno di un anno fa ci propone ricette note e stravecchie. In termini generali dopo la approvazione della legge delega sul fisco, abbiamo più di qualche preoccupazione, se non evidenti certezze, che il sostegno economico al sistema di welfare di questo Paese e alle istituzioni della conoscenza rischia di essere pregiudicato. Sulle questioni invece specifiche, siamo alle prese con l’ennesimo taglio delle istituzioni scolastiche o dimensionamento che dir si voglia, che sotto la presunta egida del Pnrr ridurrà del 9% le scuole esistenti. Peccato che il Pnrr c’entri poco e che ci troviamo di fronte ad una sorta di spending review sulle spalle degli studenti.
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