Quarant’anni di socialismo seguiti dal suo crollo, culminato in un conflitto sanguinoso e infine l’arrivo del capitalismo. Nel libro "Disastri esistenziali e spese folli" (in anteprima il 16 settembre a Pordenonelegge) lo scrittore slavo racconta un Paese tra i fantasmi del passato e un futuro straniante

«Sandra stava raccontando qualcosa. Poi il suo volto è scomparso. Si è spento, non c’era nulla. Era una cosa imbarazzante, brutta, alcuni piccoli quadratini lampeggiavano al posto del suo viso. Lei sorrideva disperatamente e terribilmente, come a dire: “È finita, adesso saremo così.”».
Questo breve passo va ben oltre l’idea di una semplice disintegrazione, al contrario evoca una condizione ancor più crudele: restare vivi, testimoni e osservatori del proprio svanire. Un’immagine che sintetizza il contenuto non soltanto della raccolta di racconti Disastri esistenziali e spese folli (Bottega Errante Edizioni, settembre 2023) bensì dell’intera opera dello scrittore croato Robert Perišić, nato nel 1969 a Spalato e apparso sulla scena letteraria croata a metà degli anni Novanta.

Sin dall’inizio la penna di Perišić ha saputo riconoscere e leggere la straordinarietà del contesto storico e delle transizioni che stavano per investire quell’area geografica: quarant’anni di socialismo seguiti dal suo crollo, culminato in un conflitto sanguinoso e infine l’arrivo del capitalismo, già oltremodo rodato nei suoi meccanismi perversi nell’Occidente e ora pronto a dilagare anche nell’Est Europa.
Lo sguardo da antropologo dell’autore croato è attratto in modo particolare dalle trasformazioni esistenziali che i movimenti politici, sociali ed economici innescano o determinano nell’individuo e nella collettività.

Nello scollamento schizofrenico tra individuo e sistema Perišić trova il suo ritmo: da un lato la marcia accelerata, frenetica, disumana delle vicende storiche che incalzano, dall’altro i personaggi che Perišić ci restituisce sono persone comuni, giovani uomini e donne della sua generazione, annichiliti, spaesati, interrotti. Alle spalle un passato abitato da fantasmi, colpe, perdite e nostalgie, davanti un futuro straniante di promesse irreali, mondi luccicanti, traguardi che sfuggono man mano che ci si avvicina. L’unica dimensione temporale alla quale aggrapparsi è il presente, ma in questi ventitre racconti di Disastri esistenziali e spese folli scritti nell’arco degli ultimi trent’anni, il presente somiglia a un deserto privo di qualsiasi senso storico dell’esistenza.

Nel racconto “I ragazzi sono fuori di testa al cento per cento” l’autore ci porta direttamente dentro l’assurdità della guerra, scegliendo un particolare punto di vista, ci catapulta in un villaggio appena occupato da soldati esaltati che, in quel posto povero e dimenticato da Dio, trovano in maniera del tutto inattesa una Ferrari e grazie alla potenza dell’auto devastano tutto ciò che trovano sulla loro strada, ammazzandosi infine. Oppure nel racconto “Addio alle armi”, chiaro omaggio a quello che in effetti è uno dei suoi maestri, dove un ragazzo e una ragazza nel bel mezzo di un goffo approccio sessuale, sono raggiunti dalla prima sirena dell’allarme generale della loro vita: «L’ho guardata con fare da maschio, cercando di dire qualcosa che la calmasse, ma aveva un aspetto strano, il suo viso si stava contorcendo, le sopracciglia, gli occhi… Isteria. E questo mi ha spaventato. Era iniziata la guerra. In quel bagno senza la finestra».

Nei racconti ambientati immediatamente dopo la guerra campeggia un’atmosfera di devastazione psichica e scissione emotiva che partorisce personaggi feroci, traumatizzati, alcolisti e tossicodipendenti, toccanti nella loro totale inadeguatezza alla vita.
Man mano che ci si addentra negli anni Duemila la scena cambia, il richiamo seducente della ricchezza, gli standard elevati di competizione, l’inevitabilità del fallimento in un sistema brutale, l’incapacità di crescere e diventare adulti sono le tensioni che muovono i personaggi, tutti abitati da un’anomalia persistente, una mancanza radicata da qualche parte nelle proprie profondità.

Un maestro del less is more, Perišić non indugia nelle ferite, le apre con un colpo secco, una prosa asciutta ed essenziale, per poi posizionarsi subito sull’altra sponda del dolore, quella dell’ironia pungente, sempre intelligente e rivelatrice.
Il linguaggio stesso è un personaggio per un autore consapevole che il mondo si deposita nei sedimenti della lingua, seppure scomparso nella realtà, lo si può sempre ritrovare nell’archeologia delle parole. In questo senso vale la pena recuperare il suo romanzo I prodigi della città di N. uscito nel 2021 sempre per Bottega Errante Edizioni. Ambientato in un Paese in transizione economica, più precisamente in una desolata cittadina dove il capitalismo si presenta con il proposito anacronistico di riaprire una fabbrica in disuso e lo fa prendendo in prestito discorsi socialisti. Qui la lingua è un virus: ha il potere di risuscitare mondi, risvegliare assopiti fantasmi di gloria e insinuare una nuova opportunità in vite che si percepiscono finite già da un pezzo.

“«Mi dica, lei potrebbe rinnovare la produzione? Organizzarla?».
«Hmm. Be’, se avessi tutto il necessario…».
Mentre respirava l’aria che gli stava facendo passare la sbornia, nella testa di Sobotka risuonava: le stesse turbine.
“Sono degli sprovveduti. Quella roba è vecchia”. Li farà scappare se glielo dice? Quindi sottolineò con cautela:
«Ma io ho lavorato a quell’epoca, in quel sistema, alla vecchia maniera».
Me ne frego dei vostri sistemi, stava per dire Oleg, invece rispose:
«Per quel che mi riguarda può fare come vuole, alla nuova o alla vecchia maniera, persino l’autogestione se volete».”

L’autrice: Elvira Mujčić è una scrittrice e traduttrice bosniaca naturalizzata italiana

L’appuntamento
Il 16 settembre (ore 15 Auditorium Largo San Giorgio) a Pordenonelegge viene presentato in anteprima Disastri esistenziali e spese folli (Bottega Errante Edizioni, traduzione Elvira Mujčić), il libro di Robert Perišic che dialogherà con Federica Manzon (direttrice editoriale di Guanda)