Nel Consiglio dei Ministri di inizio settembre il governo Meloni ha approvato ben 3 decreti. Di questi uno è anche stato successivamente modificato per aggiungere nuove norme di contrasto all’immigrazione, seguendo la crescente onda della cronaca nazionale. La decretazione da parte del governo non è una novità della politica italiana ma con Giorgia Meloni sta raggiungendo vette significativa.
Di contro ogni decreto ingolfa inevitabilmente i lavori del Parlamento dovendo essere convertito in legge entro 60 giorni. Così il Parlamento ne esce non solo svilito ma anche bloccato. Confrontando il numero dei decreti dei governi per eventi si scopre che solo questo è riuscito a raggiungere la vetta di 3,55 Dl pubblicati in media ogni mese. Seguono i governi Draghi (3,2), Conte II (3,18) e Letta (2,78), secondo la rilevazione di Openpolis.
Delle 52 leggi approvate definitivamente dal Parlamento il 55,8% sono conversioni di decreti. C’è un’ulteriore criticità: i decreti legge emanati affrontano congiuntamente temi anche molto diversi tra loro, nonostante la Corte costituzionale nella sentenza 22 del “012 rimarcasse come il loro contenuto dovrebbe essere pacifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Openpolis cita come esempio il decreto legge 105/2023 riconducibile a ben 10 distinte finalità, tra cui interventi volti a velocizzare i processi, contrastare gli incendi boschivi, per il recupero dalle tossicodipendenze, la riorganizzazione del ministero della cultura e la revisione di alcune norme in tema di Covid-19. Anche l’urgenza è più che discutibile, a meno che non si voglia considerare “urgente” il Ponte sullo Stretto.
Buon giovedì.