Sul territorio l’impatto della destrutturazione delle tutele del lavoro è devastante. I tantissimi che piombano nei vortici della povertà non riescono più a guardare al futuro con senso di fiducia. Per questo motivo l'introduzione del salario minimo è fondamentale per contrastare la crisi della democrazia

Mentre una sentenza della Cassazione ha stabilito che bisogna garantire il «salario minimo costituzionale» dopo il ricorso di un dipendente di una cooperativa di vigilanza,  l’Assemblea del Cnel il 4 ottobre ha affossato la proposta di legge sul salario minimo presentato dalle forze di opposizione (con il solo voto contrario della Cgil). Sul tema del salario minimo ecco il parere del presidente della Municipalità 8 del Comune di Napoli.

Torna in Parlamento la discussione sul salario minimo. La Conferenza dei capigruppo ha calendarizzato per il prossimo 17 ottobre la discussione in Aula. Dal punto di vista di chi vive ed amministra un territorio, il lavoratore è solo, privato della rete di tutele giuslavoristiche che progressivamente, nel corso degli anni, sono state affievolite. Le lavoratrici e i lavoratori di questo Paese vivono tempi duri. Una delle ragioni, ma non l’unica, di questa macchina di povertà sociale diffusa è l’assenza di un salario minimo.

In Europa 21 Paesi su 27 dispongono di un salario minimo. In Germania il salario, dal 1° maggio 2023, viene aumentato a 13,90 euro e al 1° dicembre 2023 a 14,15 euro. In Spagna il salario minimo è aumentato dell’8% per il 2023.
Dai dati Eurostat emerge che in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, dato ben al di sopra del 9,6% di media Ue. Più di un lavoratore su dieci, pur avendo un regolare contratto di prestazione lavorativa, arranca a far quadrare i conti; alla categoria di working poors oramai appartengono i lavoratori e le lavoratrici di più settori.

La stessa Banca centrale europea parla espressamente degli importanti effetti che avrebbe l’aumento di salari minimi (minimum wages) ai fini della crescita aggregata dei salari, cioè l’introduzione di una legge che rafforzasse il salario nel suo margine minimo, avrebbe impatti positivi anche sui gradi di salario prossimi al minimo.
Tale questione, nel nostro Paese ha assunto i caratteri dell’urgenza ed è per questo che bisogna ritenere imprescindibile che nessun lavoratore possa ricevere una retribuzione oraria inferiore a 9 euro l’ora.
Dalla metà degli anni 80 fino agli inizi degli anni 90 in Italia si consumò lo scontro sulla scala mobile, uno strumento, caducato, che permetteva automaticamente l’indicizzazione dei salari in funzione dell’aumento del costo della vita. Il processo di impoverimento dei salari quindi parte da lontano fino ad arrivare ad oggi. Nella congiuntura che stiamo vivendo, l’urgenza di introdurre una forma di tutela salariale è data anche dalle due crisi che hanno impattato sul potere di acquisto dei lavoratori.
La crisi post-covid e la guerra Russo-ucraina hanno pesantemente inciso sul potere d’acquisto dei salari.

Altra importante e sfavorevole congiuntura è il colpo di spugna dato al Reddito di cittadinanza che vedeva tra i suoi fruitori anche lavoratori appartenenti proprio alle categorie di working poors, cioè con salari così bassi da non raggiungere nemmeno l’importo della misura di sostegno; un lavoratore su tre guadagna meno di 1000 euro al mese, il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese (l’importo del rdc per un nucleo monocomponente).

È necessario lanciare un salvagente a chi, oggi, annega nel mare della povertà diffusa, ma ciò può avvenire rifondando un diritto del lavoro che deve contrastare quei processi di spoliazione e riconfigurazione dei diritti a ribasso che sono stati parte importante nei processi di disgregazione sociale che hanno caratterizzato la nostra post modernità. Sul territorio l’impatto della destrutturazione delle tutele del lavoro è devastante. I tantissimi che piombano nei vortici della povertà non riescono più a guardare al futuro con senso di fiducia, e come forse ovvio ritenere, una popolazione sfiduciata, impaurita, demotivata, sempre più adusa ad abitare le zone grigie del lavoro povero o irregolare, è un elemento che incide fortemente sulla crisi della democrazia. Abbiamo il dovere di fare i conti con questa dura consapevolezza per cambiare strada.

L’autore: Nicola Nardella, avvocato, è presidente della Municipalità 8 del Comune di Napoli