Cadono le accuse pesanti contro l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano e viene completamente stravolta la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che lo aveva condannato a oltre 13 anni per reati gravi tra cui associazione per delinquere, truffa, peculato. La Corte d’appello di Reggio Calabria ha condannato Lucano a 1 anno e 6 mesi, con pena sospesa: un decimo di quanto chiedeva la procura. Assolti tutti gli altri imputati. Oggi, 11 ottobre, nelle ore in cui è arrivata la notizia della sentenza d’appello, vi proponiamo il reportage integrale di Amedeo Ciaccheri da Riace, uscito nel numero di settembre 2023 di Left.
Battuta dal vento Riace aspetta sulla collina. Un piccolo borgo immerso nella Locride calabrese che ha conquistato l’attenzione del mondo intero per ben due volte negli ultimi cinquant’anni, a vederlo oggi sembra davvero che dorma impassibile di fronte alla storia e in attesa di un destino già scritto. Come tanti altri borghi su queste stesse colline, come potrebbe dirsi di tanti altri luoghi delle cosiddette aree interne, Riace sa che in questo modello di sviluppo non ha futuro. Lo avrà forse la Marina del paese, che ambisce a trovare il suo posto almeno per qualche mese l’anno nell’industria del turismo. Qualche anziano nei bar, poche luci accese nel paese. Rimangono aperte le botteghe di un altro mondo possibile, il vasaio di Kabul, le sarte, gli artisti, e attendono, anche se non ci sono passeggiatori pronti a entrare. Un sonno inquieto dove non c’è pace e rassegnazione mista a rabbia si contendono il campo. Il 20 settembre Domenico Lucano, detto Mimmo, detto Mimì Capatosta, tornerà sul banco degli imputati per essere nuovamente giudicato sulla sua condotta da sindaco prima che una piccola restaurazione tornasse a conquistare questo piccolo borgo che ha tentato la rivoluzione.
In questa estate torrida un mese di eventi e incontri ha animato il Villaggio globale di Riace sfidando il senso di sconfitta e la ragionevolezza. Un appuntamento per rinsaldare alleanze e rilanciare.
Non è difficile raggiungere Riace: in aereo fino a Reggio o Lamezia, qualche ora di macchina, qualche ora di treno. Eppure c’è chi ha lavorato per rendere Riace irraggiungibile tentando di farne un ricordo. Non è difficile raggiungere Riace ma chi la mette sul banco degli imputati qua non c’è mai stato. Probabilmente proverebbe vergogna. Anche la Fattoria sociale non si è fermata. Rinata negli ultimi mesi grazie all’utilizzo di una parte minimale del fondo di solidarietà mosso dalla campagna che Luigi Manconi e tanti altri hanno sostenuto in giro per l’Italia, la Fattoria sociale resiste aggrappata alla montagna. I suoi asinelli, le galline, le papere possono continuare a contare sul lavoro dell’associazione Città futura e di altre complicità solidali, come i ragazzi di Alex Zanotelli. In tempi di dibattito sulla conversione ecologica, la Fattoria sociale non vale solo come esperienza di inserimento lavorativo ma trae la sua importanza nell’aver messo in sicurezza il costone di un monte, recuperato il corso storico di un fiume e frenato così il dissesto idrogeologico. In tempi di alluvioni e frane, pensare a questo qualche anno fa, sembra eccezionale ma non lo è. È solo giusto.Tanti, tantissimi, a cominciare da Left hanno parlato in questi anni di Riace per il modello di accoglienza integrata che Domenico Lucano ha saputo costruire o raccontare le pratiche di comunità che Mimmo ha saputo valorizzare, esercitando la forza di un ideale in contro tempo. Mentre la globalizzazione concentra valori e persone nelle grandi città. Mimmo ha tolto la polvere dalle radici di un ideale antico di giustizia sociale per fare poche cose semplici. Riace è stato per questo un laboratorio politico, un esperimento di democrazia integrale, di riappropriazione della decisione, un problema per la sinistra che cerca nel nuovo millennio una nuova costituzione materiale e che possa reimmaginare ancora una volta il suo rapporto con il potere.
Un agosto militante, davvero sarebbe da dire, quello appena trascorso a Riace, per l’ostinazione di voler raccogliere insieme una geografia solidale, da Luigi Ferrajoli a Wim Wenders, da Eugenio Bennato a Mario Oliverio, da Nichelino in Piemonte alla Garbatella romana. A vedere quanti in questi anni hanno speso dichiarazioni su Riace, può sembrare poca cosa ma non è così. C’è chi è importante che ci sia per tenere insieme iniziativa politica e scenari giuridici, la musica e il dibattito, i laboratori e le cene a tarda notte, il mondo e il borgo.
Mimmo Lucano non è più sindaco e affronta questa battaglia da militante così come ha cominciato nei collettivi diversi decenni fa ma venire a Riace può aiutare chi segue da lontano le vicende di questo Davide che affronta Golia, per sfatare un mito. Mimmo non è un uomo solo. Questo racconto della solitudine di Lucano ha svolto fino a oggi la sua opportuna funzione nel dibattito pubblico: il povero cristo, l’utopista, il disgraziato, in qualche modo è stato fatto pagare a Riace di essere divenuta un simbolo della Liberazione dei nostri tempi, quella di Tonino Bello ad esempio, dove umanità e critica sistemica si tengono insieme. Ma attraversare Riace in questa calda estate italiana dove si fatica a costruire le battaglie dell’autunno su povertà e autonomia differenziata, e mentre la guerra continua, consumando la credibilità della politica europea, si può credere che qua la sinistra potrebbe ritrovare sé stessa. Non un uomo, ma un progetto, intanto antirazzista, e poi radicale, che usa il linguaggio di tutti, e non quello delle élite ma rivoluziona la qualità della vita e le prospettive di futuro. Un progetto che non poteva andare avanti tranquillo.
Mimmo non vuole essere un martire. È tosto, e all’opportunismo di diventare un personaggio non ha ceduto. Una novità per la sinistra dei nostri tempi, ammalata di tatticismo, che ha tentato negli ultimi anni la scorciatoia dell’album di figurine dove incasellare tutti, generalesse e generali senza esercito, al massimo con un liquido pubblico di follower.
Riace perciò resiste a modo suo, come una comunità, sotto schiaffo certo, ma una comunità: i migranti, gli attivisti della prima ora, i ragazzi che non vogliono vedere morire il borgo dei propri genitori e per questo sentono dentro la forza di una militanza necessaria, gli avvocati, i sindaci vicini e quelli lontani, gli artisti, i giornalisti. Riace si è fatta porta d’Europa in questi anni e se condivide le sue buone pratiche con tante altre esperienze a lei vicine e lontane, Riace per prima, così com’è stata con Lucano sindaco ed è ancora ostinatamente oggi, ha colto la forza politica di una sfida valoriale in questo tempo e della critica a questo modello di sviluppo. Non solo accoglienza ma democrazia, ecologia, lavoro, futuro, diritti.
Da una sfida contro la morte della sua comunità Lucano ha tratto forza, parole e motivazione per inventare un mondo che prima non esisteva. Un mondo giusto e possibile, non facile ma possibile. Questo mondo andrà a processo il 20 settembre per l’appello alla condanna di questa storia. Le accuse di peculato e abuso d’ufficio sono uno scandalo per chi conosce questo borgo ma l’ostacolo ormai è obbligato.
Che venga riconosciuta l’innocenza di Lucano e degli altri imputati non è importante solo per liberarli da una ingiusta gogna ed eliminare la scure economica che pesa su di loro come un macigno ma per tornare ad affrontare la sfida politica di Riace. Che Lucano possa essere di nuovo sindaco o ancora di più, militante per una Europa di pace, sarebbe una bella battaglia da combattere, non per lui ma per la sinistra che meritiamo. Una sfida collettiva, non numeri primi ma moltiplicatori generativi, come è Mimmo, per cui il potere è un oggetto da distribuire, potenza di trasformare, battaglia e non solo testimonianza.
Una cosa possiamo fare: aprire ambasciate di Riace in ogni città. Anti nazionaliste, municipaliste, ambasciate di umanità e complicità per sostenere questa esperienza e la sua battaglia.
Perché quando Lucano dice rifarei tutto, senza rimpianti, senza rancore, non fa solo una affermazione, ma ci fa una domanda: rifarei tutto, saremo insieme? Ecco una domanda giusta per la sinistra del nostro tempo.
L’autore: Amedeo Ciaccheri è presidente del Municipio VIII di Roma
Nella foto: Amedeo Ciaccheri e Mimmo Lucano