Mentre noi qui stiamo a lambiccarci per trasformare in una battaglia identitaria una tragedia umanitaria il presidente di Israele Benyamin Netanyahu ha annunciato l’invasione via terra di Gaza definendo il momento il «culmine di una lotta per la nostra esistenza».
Nel suo discorso ha utilizzato lo slogan che inebria un pezzo di Occidente e di editorialisti nostrani: «Hamas è l’Isis, e l’Isis è Hamas». In un mondo con memoria minimamente funzionante si potrebbe ricordare che la strategia adottata contro ll’Isis è stata completamente sballata. Quanto può essere cretino riproporla?
Nel frattempo gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas sono il loro capitale bellico mentre la vendetta di Netanyahu dal 7 ottobre ha provocato l’uccisione di 6.546 palestinesi di cui 2.704 bambini, secondo il ministero della Sanità di Gaza. I feriti sarebbero 17.439. Solo tra martedì e mercoledì a Gaza sono state uccise 756 persone, tra cui 344 bambini. A Rafah una scuola dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni unite che assiste i profughi palestinesi, con 4600 sfollati nelle sue aule, è stata danneggiata da un attacco ravvicinato. Sono 38 a oggi i lavoratori morti dell’agenzia Onu. Ieri la farina dell’Onu era appena arrivata al panificio del campo profughi di Moghrabi (Deir Al Balah), uno dei pochi ancora aperti in tutta Gaza, quando hanno cominciato a cadere le bombe dei raid aerei. A Gaza molti indossano braccialetti per essere riconoscibili nel caso in cui una bomba israeliana li faccia a pezzi.
Dice l’Occidente che “la difesa non deve giustificare la vendetta” e la domanda sorge spontanea: cosa serve di più per vedere la vendetta?
Buon giovedì.