Al Consiglio di sicurezza nessun contrario e tre astenuti (Usa, Russia, Gran Bretagna) per una intensa pausa umanitaria. Netanyahu chiede prima il rilascio degli ostaggi. Dunque le armi non tacciono. Per la pace e la giustizia in Palestina serve intensificare l'iniziativa diplomatica e una profonda riflessione. Ne discutiamo a Roma il 18 novembre

Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu (dopo la risoluzione dell’Assemblea per il cessate il fuoco) ha votato: nessun contrario e tre astenuti (Usa, Russia, Gran Bretagna) per una intensa pausa umanitaria. Ma Netanyahu chiede prima il rilascio degli ostaggi. Dunque le armi non tacciono.

Dopo la foto con le bandiere israeliane nel Parlamento di Gaza, lo hanno distrutto. Anche se di fatto da due anni le riunioni non si tenevano più, il gesto resta fortemente simbolico. Mentre si continua a bombardare si va avanti nella “presa” di Gaza. Si entra negli ospedali. Si continua a morire mentre centinaia di migliaia di persone sono allo sbando e nel terrore. Fin qui le “cronache militari”. “Documentate” dai mass media mainstream e dal web dove le immagini di morte si rincorrono.

Cosa farà Netanyahu? La domanda non ha risposte certe. Dopo aver citato Amalek (la terribile e cruenta storia biblica) è difficile capire quale comportamento “politico” possa assumere. Non cederemo a pressioni internazionali, ha detto. Di certo queste ci sono. A parte l’Onu inascoltata ma dove comunque il governo di Israele appare molto isolato, lo stesso Biden sembrerebbe spingere per una soluzione politica. Ma quale? Chi dovrebbe gestire Gaza «bonificata», ammesso, e pare assai difficile, che non si passi ad una fase di resistenza guerrigliera? Il governo israeliano si insedierà sulla Striscia? Qualche forma di “governo palestinese” che divida ancora più le formazioni dei palestinesi stessi?

Un “protettorato internazionale”? Tutte “soluzioni” che devono fare i conti con la realtà. Ci sono due milioni di persone che magari si vorrebbe mandare altrove, ma l’altrove non c’è. I Paesi arabi non accettano. In Israele la “spinta” per prendersi altra terra è forte. I coloni in Cisgiordania “premono”. D’altronde è la politica sciagurata che tanti disastri ha compiuto. Ma in Israele stessa l’opposizione a questo si muove. Si muovono i parenti degli ostaggi che chiedono si tratti la loro liberazione. Come sta lì quel grande movimento contro Netanyahu e la sua politica, a partire dalle “riforme” sulla legge fondamentale in senso “confessionale” e sulla giustizia limitandone l’autonomia che certo non hanno “standard occidentali”. E le manifestazioni crescono in tutta Europa, a volte gigantesche come a Londra. Come crescono le iniziative e i pronunciamenti per un intervento della Corte penale internazionale.

Purtroppo riappaiono anche forme di antisemitismo che vanno subito combattute. Stando ben attenti a non confondere i piani; semitismo, sionismo, ebraismo che sono cose diverse. D’altronde il revisionismo storico imperante uccide oltreché la Storia anche la ragione. Certo la Ue non fa quello che dovrebbe. Dopo la improvvida sortita di Van Dern Leyen tutta a senso unico, anche sul cordoglio per i morti, che le è valsa una lettera di protesta firmata da oltre 800 funzionari della sua Commissione, i distinguo di altre figure apicali della Ue e diverse richieste di dimissioni, la Ue resta divisa. Si dividono anche i socialisti europei che non riescono a convergere sul cessate il fuoco chiesto dall’Onu e al loro congresso non approvano un testo perché Spagnoli e Irlandesi vanno verso l’Onu mentre la Spd tedesca si trincera dietro il governo di Israele. Aver preso la consuetudine con le “guerre umanitarie” ora non aiuta i “cessate il fuoco umanitario”.

In questo quadro serve anche la capacità di riprendere una riflessione. Cessare il fuoco, giustizia per la Palestina, pace per due popoli. Con questo triplice obiettivo ci incontriamo sabato 18 a Roma alla Casa internazionale delle donne dalle ore 15. A convocare sono il Prc di Roma e Transform Italia! con la partecipazione della stessa Casa delle donne. Un luogo giusto per provare, nel dolore ma anche nella volontà di sfuggire le narrazioni tossiche, a ragionare. Sì, ragionare. Perché questo è ciò che noi specie umana saremmo chiamati a fare. Naturalmente con sentimento, anche con rabbia, avendo consapevolezza che certo ci sono torti e ragioni. Ma, come diceva Habermas, con una etica del discorso, una volontà di intendersi. Chi partecipa all’incontro sta dentro l’orizzonte dei tre obiettivi del testo di convocazione ma ha anche specificità, propensioni, condizioni soggettive.

Molti partecipano alle manifestazioni in corso. Ma, ripeto, si avverte anche l’esigenza di riflettere. Ciò che accade è tragico. Ancora di più perché va avanti ormai da decine di anni. Una terra che la storia di imperi e colonialismi, di guerre locali e mondiali, di eventi inauditi, fa sì che sia invece che condivisa in pace, ferocemente contesa. Con una sproporzione di forze, con una asimmetria delle regole e dei diritti. Una terra per altro piccola e difficile che chiederebbe una cura e che invece soffre il dolore e la crudeltà quotidiani da tempi ormai lunghissimi e le esplosioni ricorrenti e sempre più cruente. Dove oggi la strage degli innocenti non è un immaginario episodio biblico ma l’eccidio odierno e quotidiano dei bambini. Dove Gaza è l’inferno in terra. Basterebbe questo a dire che oggi il cessare il fuoco dovrebbe essere imperativo. Come la ricerca di giustizia e pace.

Purtroppo succede tutt’altro nei consessi istituzionali. Anzi, quando quello che dovrebbe essere il luogo della democrazia mondiale, l’Onu, si pronuncia proprio per il cessate il fuoco e per il rispetto delle sue risoluzioni, viene praticamente irriso da chi pensa di detenere non la forza della ragione ma la ragione della forza. O il messianesimo che è l’esatto contrario di quelle pietà e ragione laiche di cui abbiamo bisogno. Ciò che accade è tragico, ancora di più perché sta dentro quella che viene chiamata guerra mondiale a pezzi. Il conflitto tra Ucraina e Russia è quasi scomparso dai mass media ma è ancora aspro e sanguinoso.

Chi dovrebbe, ad esempio la Ue, cercare di contribuire a sanare i conflitti invece li esaspera. Partecipa a questa sorta di guerra orwelliana tra dominanti che si combattono tra loro mandando al massacro la povera gente mentre continuano, tutti, ad arricchirsi col capitalismo finanziario globalizzato, con l’energia, con i vaccini, con le armi. Dovrebbe, l’Europa, tenere fede all’impegno solenne di pace preso dopo aver scatenato due guerre mondiali e prodotto il mostro del nazifascismo. È molto a causa di quanto fatto nel passato che oggi tra Palestinesi e Israeliani accade quel che accade. È molto a causa di chi persegue i suoi interessi di dominio se quel conflitto asimmetrico si lascia “regolare” dalla forza e non dal diritto.

Certo sarebbe ora di tirare una riga netta sul passato e discutere liberamente di quale futuro può dare la convivenza in quella terra. Cessare il fuoco può essere un primo tratto.

L’appuntamento:
CESSATE IL FUOCO Giustizia per la Palestina Pace per due popoli Sabato 18 novembre 2023 dalle 15 alle 20 Alla Casa Internazionale delle donne, in via della Lungara 19 ROMA. Introduce: Raul Mordenti, docente universitario, scrittore, componente, conclude Maurizio Acerbo, segretario nazionale di rifondazione Comunista. Moderano Elena Mazzoni e Rosa Rinaldi (Prc). Con interventi di  Fabio Alberti, Un Ponte Per, Michela Arricale, Comitato Angelo Baracca e CRED. Giuseppe (Ino) Cassini, ex-ambasciatore in Libano, firmatario appello per il cessate il fuoco insieme ad oltre 3.000 accademici, Clare Daly e Mick Wallace, parlamentari europei The Left, Fabrizio De Sanctis, Presidente Anpi provinciale Roma, Eleonora Forenza, ex parlamentare europea, Stefano Galieni, giornalista, collaboratore di Left, Maya Issa, Movimento studenti palestinesi in Italia, Raniero La Valle, ex senatore, firmatario appello Pace, Terra e Dignità, Luisa Morgantini, Assopace Palestina, già sottosegretaria agli Esteri,  Roberto Musacchio, gli ex parlamentari europei, Roberto Musacchio e Pasqualina Napoletano, Ylmaz Orkan, Ufficio informazioni per il Kurdistan in Italia, Riccardo Petrella, Agorà degli abitanti della terra, Manu Pineda parlamentare europeo The Left, Alì Rashid, giornalista palestinese, ex parlamentare italiano,  Eliana Riva, storica e giornalista, Pagine esteri,  Romana Rubeo, scrittrice e redattrice capo di The Palestine Chronicle,  Giovanni Russo Spena, costituzionalista e ex senatore, Yousef Salman, presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, medico Mezzaluna Rossa, Vito Scalisi, Arci, Aida Touma-Suleiman, parlamentare del Partito comunista israeliano. Al termine dell’iniziativa, verrà proiettato il documentario Il cielo di Sabra e Chatila, prodotto da Pagine Esteri, regia di Eliana Riva e ci sarà un buffet organizzato dai e dalle compagne palestinesi con sottoscrizione alla Mezzaluna Rossa Palestinese.

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