Le persone cercano la libertà come possono, in mancanza di una legge per vigliaccheria parlamentare. Anna, con una malattia irreversibile, un anno fa aveva chiesto di potersi avvalere del diritto alla morte assistita volontaria. In mancanza di risposta dall’Asl ha dovuto rivolgersi al tribunale

«Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di scegliere». Anna, nome di fantasia, è una donna triestina di 55 anni morta a casa sua dopo l’auto somministrazione di un farmaco letale fornito dal Sistema sanitario nazionale. Il decesso è avvenuto lo scorso 28 novembre ma è stata resa nota ieri dall’associazione Luca Coscioni. «È il primo caso in Italia – ha spiegato l’associazione – ad aver avuto accesso al suicidio assistito con l’assistenza completa del Ssn», che ha fornito il farmaco letale e un medico di supporto.

Anna soffriva di una malattia irreversibile da tredici anni. Dodici mesi fa aveva chiesto di potersi avvalere del diritto alla morte assistita volontaria. In mancanza di qualsiasi pietosa risposta dall’Asl ha dovuto rivolgersi al tribunale. 

«Anna è il nome che ho scelto e, per rispetto della privacy della mia famiglia, resterò Anna», è il messaggio lasciato dalla donna. «Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché ormai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo».

Mentre la politica tentenna qui fuori le persone cercano libertà come possono, infilandosi tra le pieghe di una sentenza della Corte costituzionale e confidando nel rispetto di una legge che non c’è per vigliaccheria parlamentare. Un accanimento burocratico per mancanza di legge è il regalo che i misericordiosi della politica lasciano a chi soffre. Se vi sembra giusto, se vi sembra normale. 

Buon mercoledì.