ln questo fine anno il governo Meloni, genuflesso all'asse dei rigoristi, avalla un patto di stabilità che nei fatti segna il ritorno alle regole di austerity e intanto fa ammuina sul Mes, e lancia una manovra che taglia il welfare, la sanità pubblica, la scuola, salvaguardando gli evasori, gli extraprofitti delle banche e delle imprese energetiche

Questo fine anno si chiude con il sì del governo Meloni al patto di stabilità. Dopo tante dichiarazioni muscolari, il governo si è piegato all’asse dei rigoristi e ha avallato un patto che nei fatti segna il ritorno alle regole di austerity che credevamo di esserci lasciati alle spalle; quelle regole che erano state finalmente sospese durante la pandemia, quando l’Europa aveva messo in campo politiche più solidali, che facevano sperare in un futuro diverso, in una Ue che non fosse solo un’unione di mercati.

Ora purtroppo si torna indietro. Certo, non d’un colpo solo, ma entro il 2027. Del resto nel 2027 scade il mandato di questo governo di destra e il messaggio è forte e chiaro: tiriamo a campare poi saranno problemi del governo che verrà dopo di noi e che, dopo questo patto, non potrà fare una manovra in deficit come quella passata il 29 dicembre.

Per cercare di coprire la magagna dell’avallo al nuovo patto di stabilità che obbliga a ridurre un punto di debito ogni anno (ma incoraggia investimenti sulle spese militari !) Fratelli d’Italia e Lega hanno guidato le truppe del no alla riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità che il governo Berlusconi aveva avallato nel 2011, quando Giorgia Meloni era ministra. A favore della ratifica del Mes si è espressa Forza Italia. Comunque la si pensi sul Mes la spaccatura nel governo è palese. Ma l’opposizione non ne ha approfittato. Di più: il M5s ha votato con il governo, evitando che andasse sotto.

Il 29 dicembre ecco il varo della legge di Bilancio, una manovra blindata, con uno stillicidio di emendamenti bocciati. La maggioranza, a partire dal parere negativo del governo, ha respinto pressoché ogni emendamento dell’opposizione, anche quando erano volti a richiamare il governo alle sue stesse premesse elettorali riguardo all’abolizione della Riforma Fornero (addirittura peggiorata con quota 103 e con le limitazioni ad Opzione Donna e Ape sociale), riguardo al sostegno delle fasce sociali più fragili (su cui pesa la cancellazione del reddito di cittadinanza e il no del governo al salario minimo), perfino riguardo agli aiuti alle donne che decidano di avere figli.

Così, mentre la senatrice Mennuni di Fratelli d’Italia, riportandoci al ventennio, sostiene impunemente in tv che “servono uteri per fare nuovi italiani”, durante la discussione in Aula la maggioranza boccia perfino l’emendamento Pd per estendere il congedo parentale ai padri su modello spagnolo.

E intanto il governo taglia i progetti del Pnrr per rafforzare la rete degli asili pubblici e aumenta le tasse sui beni di prima necessità per l’igiene e l’alimentazione della prima infanzia. E premia con decontribuzioni sul lavoro le donne ma solo se hanno due figli. I diritti delle donne in quanto donne non esistono per il governo Meloni.

Ma veniamo al cuore della legge di Bilancio, in estrema sintesi: La manovra prevede drastici tagli alla spesa pubblica, alla sanità (in manovra sono previsti solo 3 miliardi di cui una parte destinati alla sanità privata per abbattere le liste di attesa), alla scuola, al welfare, alle pensioni.

Intanto il governo Meloni trova (anche a spese della Regione Sicilia e della Regione Calabria di centrodestra) 12 miliardi per finanziare il ponte sullo stretto, nonostante sia un progetto già vetusto e che, bene che vada, permetterebbe ai viaggiatori di approdare nell’isola dove non c’è alta velocità, dove le ferrovie sono a binario unico e da innumerevoli anni si attende la costruzione di strade come la Siracusa Gela.

I soldi ci sono per opere faraoniche e inutili come il ponte di Messina, ma non ci sono per politiche sociali. La manovra non prevede niente neanche rispetto alla transizione ecologica né rispetto alla lotta al consumo di suolo e alla messa in sicurezza del territorio, benché anche l’ultimo rapporto Ispra ci ricordi che più del 15 per cento della popolazione italiana vive in territori ad altissimo rischio alluvioni.

Esponenti del centrodestra, con retorica vittimistica, giustificano questa manovra “lacrime e sangue” lamentando la difficile congiuntura internazionale, il rialzo dei tassi della Bce, due guerre…

Che la coperta fosse corta fra deficit e debito si sapeva, ma perché il governo Meloni che rivendicava una propria tradizione di destra sociale e di attenzione ai ceti più fragili non è passato all”incasso degli extra profitti delle banche e difende gli extra profitti delle grandi imprese energetiche? Perché non ha agito contro l’evasione fiscale (che ammonta  a circa 100 miliardi) preferendo la strada di innumerevoli condoni?

Anche a questo proposito il dibattito in Aula è stato serrato. Chi vuole, lo può riascoltare anche su Radio Radicale. Le forze di opposizione hanno parlato di una manovra senza visione del futuro, senza politica industriale, che non investe un euro per il diritto allo studio e all’alloggio dei giovani e per creare posti di lavoro, che non fa nulla per l’occupazione delle donne (L’Italia è il fanalino di coda fra i Paesi avanzati dell’Europa riguardo al lavoro delle donne). C’è solo il taglio del cuneo fiscale, ma solo per un anno.

Il centrodestra, con Borghi e altri hanno infierito sul centrosinistra ricordando provvedimenti come il Jobs act, la cancellazione dell’articolo 18. Questo centrodestra, che finge di stare dalla parte dei lavoratori senza rappresentanza (partite Iva, autonomi, ecc.) ha comunque  buon gioco passando come il coltello nel burro nelle contraddizioni del centrosinistra, che nonostante l’impegno della segretaria Pd Elly Schlein, sconta ancora gli enormi danni dell’era Renzi, che ha svuotato la sinistra dei suoi valori e contenuti. Il lavoro da fare per ricostruire la sinistra è tanto, sia sul piano dei diritti sociali che civili, ma per fare un salto di qualità serve una cultura nuova e molta determinazione.

Una piccolissima nota positiva in chiusura: Fa onore alle opposizioni aver deciso di destinare alla lotta alla violenza contro le donne i 40 milioni di tesoretto a loro assegnato dal Parlamento. Invitato a fare altrettanto destinando i propri 60 milioni di tesoretto al medesimo scopo il centrodestra ha preferito suddividerlo fra mance e mancette, destinandolo a golf club, circoli sportivi e iniziative di amici degli amici.