In questi terribili mesi di massacri e distruzione ho cercato con ansia, e whatsapp, amiche e amici di Gaza. Ho trovato Nashwa Alramlawi, giovane archeologa e architetta. Adesso, come quasi due milioni di persone, sfollata al sud. L’avevo incontrata più volte a Gaza, dal 2016, mentre dirigeva un cantiere di restauro del Monastero di San Giorgio, a Deir El Balah, che ho poi visto diventare una biblioteca e spazio giochi per bambini.
Nashwa, Fadel e il Monastero di St. Hylarion
Ero spesso a Gaza per seguire lo svolgimento di progetti di Cultura è Libertà con il Conservatorio nazionale di musica Edward Said e mi aveva colpito l’amore dei suoi abitanti per la musica, per l’arte, per la cultura. Ero sorpresa da ragazzi che improvvisavano un concerto sulle macerie del grande teatro Meshal, distrutto pochi giorni prima da missili israeliani.
Nel 2019 Nashwa mi accompagnò a visitare il grande sito di restauro del monastero di St. Hilarion (Umm El-Amr), del V/VI sec. d.C., in riva al mare, scoperto nel 1997 da Jean-Baptiste Humbert della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme, oggi 84 enne. Ricordo la meraviglia dei mosaici, il cui restauro era diretto da un archeologo francese, studenti e studentesse al lavoro. Il direttore dei lavori, Fadel, entusiasta archeologo, diceva che Gaza è piena di siti archeologici, difficili da restaurare, perché servono molti soldi. Ci disse anche che, per il monastero, ci sarebbero voluti ancora due anni di lavoro, aggiungendo «… con la speranza che Israele non ci faccia cadere qualche bomba». Ma le bombe sono cadute anche lì, al momento con danni non gravissimi; il monastero è stato inserito nella lista dei siti Unesco da proteggere.
Il 23 gennaio 2024 in un incontro online Fadel ha detto: «Avrei bisogno di giorni per parlare di tutta la distruzione dei siti archeologici a cui stiamo assistendo. Stiamo documentando ogni forma di attacco su questi siti». «L’archeologia di Gaza è una testimonianza della tolleranza religiosa e della cultura umana condivisa. Non ho pianto tanto per la distruzione della mia casa quanto per la completa distruzione della Città Vecchia di Gaza».
Le parole di Nashwa e Fadel mi hanno spinto a cercare informazioni sulla sorte del patrimonio culturale di Gaza. Qualche articolo, un rapporto del dr. Ahmed Al-Barsh per due Ong e uno del Ministero della Cultura palestinese fanno luce su questo aspetto della enorme sofferenza inflitta da Israele alla popolazione di Gaza: la perdita del patrimonio culturale, parte del “memoricidio” denunciato dal coraggioso storico israeliano Ilan Pappè (La pulizia etnica della Palestina, Fazi Ed.).
Il patrimonio culturale rappresenta infatti una componente essenziale dell’identità del Popolo palestinese, la sua conservazione è parte della sua resistenza. I numerosi siti archeologici ed edifici antichi sono testimonianze delle culture, costumi e tradizioni delle popolazioni che hanno abitato questa regione nel corso dei secoli.
Una storia antica
La Striscia di Gaza ha una posizione geografica strategica, come porta di collegamento tra Asia, Africa, Europa, che l’ha resa nei secoli attraente e appetibile, con una fiorente città delle spezie.
Secondo le Lettere di Tell el-Amarna risalenti al 1402-1347 a.C., era chiamata “Gazatu” e “Gazata”, una delle tre principali regioni di Canaan. Quando lo stato faraonico iniziò a declinare verso la fine del XII secolo a.C., arrivò il popolo palestinese. Gaza era una delle loro città chiave e alla fine si fusero con la popolazione indigena araba cananea. Gaza, che significa “forza”, fu chiamata così dagli Assiri, arrivati con il re Tiglat-Pileser III nel 734 a.C, che la fortificò. Poi venne Nabucodonosor con i Babilonesi e nel 529 a.C. resistette sotto la guida del persiano “Cambyz”. Nel 332 a.C. fu assediata da Alessandro Magno per due mesi, guadagnandosi il titolo di “Città dei Profumi”
La diffusione del cristianesimo a Gaza City durante il V secolo d.C. fu attribuita a un religioso denominato “Perfereus”. Monasteri e chiese proliferarono diffusamente. Nel febbraio del 634 d.C., la città di Gaza fu conquistata dal capo arabo musulmano Amr ibn al-As e vi vennero fondate moschee. Gaza raggiunse il suo apice durante l’era mamelucca. Nel 1516, i turchi ottomani presero il controllo della città, dove fondarono moschee, scuole, mercati, palazzi. Tra il 1916 e il 1917, – nel corso dello scontro tra gli alleati guidati dagli inglesi e le truppe ottomane – venne quasi completamente distrutta, ma ricostruita negli anni successivi.
La sua storia millenaria ha lasciato i segni di tante civiltà: dei Cananei, Egizi, Filistei, Assiri, Greci, Asmonei, Romani, Bizantini, Arabi, Fatimidi, Crociati, Ayubbidi, Mamelucchi, Crociati, Ottomani, fino agli inglesi (1920-48).
Dopo la fondazione dello Stato di Israele, nel 1948, Gaza passò all’Egitto, e venne occupata da Israele nel 1967. In quei decenni accolse decine di migliaia di profughi palestinesi costretti a lasciare le proprie case a causa della Nakba (catastrofe), poi della Naksa (ricaduta). Con l’espansione degli insediamenti il patrimonio culturale subì molte distruzioni.
Il patrimonio architettonico
Il patrimonio architettonico totale nel Governatorato di Gaza ammonta a 195 siti, il 60% del patrimonio architettonico complessivo della Striscia di Gaza.
Le dimore storiche ne rappresentano oltre la metà. Seguono colline e siti archeologici (39 colline), 21 moschee e luoghi di preghiera, 13 santuari e zawiya, 22 edifici di valore, 9 cimiteri, monasteri e 5 chiese, 5 palazzi, 4 mercati, 2 khan e 2 asbat, 1 fontana e 1 hammam, Al Samra.
Sono stati distrutti completamente, la Chiesa Bizantina a Jabaliya e la ortodossa Chiesa di San Porfirio, la terza chiesa più antica del mondo e uno dei più antichi monumenti archeologici cristiani, 407 d.C., nel bombardamento sono stati uccisi 18 fedeli; la moschea di Omari (Jabaliya); Sheikh Shaaban Mosque; Al-Zafar Dmari Mosque (Shuja’iya); Maqam Khaleel Al-Rahman (Abasan); il Centro per Manoscritti e documenti antichi; Anthedon, antico porto ellenistico. Sono stati danneggiati: Monastero St. Hilarion; Cimitero inglese; Moschea di Omar a Gaza, con minareto distrutto; Pasha Palace esempio unico di antichi palazzi; Al-Zawya Mercato storico centenario e l’hammam di Al Samra, il più antico e unico rimasto a Gaza.
Il patrimonio umano
La comunità artistica di Gaza costituiva un elemento vitale della società palestinese e della sua resilienza; oggi lottano per sopravvivere. Dobbiamo al Rapporto del Ministero della Cultura Palestinese le informazioni su questa distruzione
Tra le 26mila vittime della ferocia genocidaria di Israele (v. il procedimento aperto all’Aja), ci sono 41 scrittori, artisti, musicisti, donne e uomini di tutte le età. Dalle bambine di 8 anni come Sham Abu Ubaid e Leila Abdel Fattah Al-Atresh del Champions Palestinian Folk Dance Group agli anziani come Ilham Farah (84 anni) insegnante di musica, Abdul Karim Hashash, 76 anni scrittore custode del patrimonio culturale e collezionista di libri rari; Mustafa Hassani Mahmoud Al-Sawaf (68 anni), scrittore e giornalista; Salim Mustafa Al-Naffar, poeta anni 60. E tanti giovani: Lubna Aliyan giovanissima suonatrice di oud al Conservatorio Edward Said; Marwan Tarazi fotografo e storico; Tala Mohamed Balousha (17 anni) componente del gruppo Asayel Watan Folk Dance; Heba Ghazi Zaqqout artista visiva 39 anni; Heba Abu Nada scrittrice e poeta 24 anni; Omar Abu Shaweesh poeta (36 anni); Enas Mohammed Al-Saqa (53 anni) pioniera del teatro a Gaza; Yusuf Dawas artista e chitarrista “We Are Not Numbers”; Nesma Abu Sha’ira (36 anni) artista visiva; Iman Khalid Abu Saeed, lavoro culturale con bambini raccolta e pulitura di conchiglie e creazione di oggetti decorativi per case; Muhannad Amin Al-Agha (30 anni) calligrafo; Mohammed Al-Salik artista di teatro…
E non possiamo non ricordare l’eccidio di 122 giornalisti/e, unica coraggiosa fonte di informazione sul campo, avendo Israele vietato l’accesso alla stampa internazionale. Alcuni di loro hanno documentato tragicamente i loro ultimi momenti e le terribili esperienze vissute sotto i bombardamenti. Inoltre, gli attacchi aerei hanno portato alla distruzione di numerose istituzioni di media, tra cui la Mashareq Gaza Media Foundation, la sede del canale Al-Mayadeen e la Torre Al-Jalaa, che ospitava gli uffici di Al-Jazeera e dell’Associated Press (AP).
Testimoni dell’amore per la cultura
L’amore per l’arte e la cultura della popolazione di Gaza, è testimoniata dalla partecipazione annuale di circa 220mila persone in 76 centri registrati, 3 teatri, 80 biblioteche pubbliche; 15 librerie, case editrici, di distribuzione. Avevo visitato nel 2018 la sorprendente biblioteca Edward Said, creata dall’allora 24enne Mozab Abu Toha e alimentata da libri inviati da tutto il mondo. Mozab è riuscito fortunosamente, dopo essere stato sequestrato dall’esercito israeliano, ad uscire da Gaza. Della sua biblioteca non si conosce la sorte, come incerta è quella del Centro di scambio culturale italia-Palestina Vittorio Arrigoni.
Si sa invece che sono stati totalmente o parzialmente distrutti 24 centri culturali, 5 grandi biblioteche pubbliche, 11 musei, librerie, case editrici, monumenti storici, murales artistici, alcuni maqamat (santuari).
Qualche esempio: il Villaggio delle arti e artigianato, istituito nel 1998 e gestito dal Comune di Gaza, con stanze per il ricamo, la lavorazione del legno, antiche opere in rame. L’esercito israeliano ne ha utilizzato le strutture durante la sua invasione. L’ Arab Orthodox Cultural and Social Center; Rashad Al-Shawwa Cultural Center completamente distrutto; l’Unione generale dei centri di beni culturali, fondata nel 1997: 67 istituzioni culturali affiliate e più di 120 organizzazioni partner.
Il Centro per la cultura e le arti di Gaza, noto per il Red Carpet Film Festival; la Fondazione “Nawa” per la Cultura e Arti. Enorme perdita quella degli Archivi centrali nell’edificio storico del Comune di Gaza, bombardato. Contenevano documenti di oltre un secolo, memoria politica, economica, sociale e culturale della città; il Conservatorio nazionale musicale Edward Said, bombardato.
Neanche le scuole e le Università sono state risparmiate: Al-Azhar; l’Università Islamica, di cui è stato ucciso il rettore Dr. Soufyan Tayeh con la sua famiglia; l’amato prof. Rafat Al-Ara’eer, scrittore poeta professore di letteratura inglese, uno dei fondatori di “We Are Not Numbers”; l’ Università Al-Aqsa e Al- Quds Open University.
Ed è solo di pochi giorni fa il raid di militari israeliani nel deposito archeologico di Gaza, supervisionato dalla Scuola francese di archeologia, condannato dal Ministero del Turismo e dell’Archeologia. «Contiene migliaia di importanti reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici negli ultimi anni, che rappresentano una parte importante della storia di Gaza e Palestina in generale. L’assalto al deposito archeologico di Gaza da parte dell’occupazione israeliana è una grave violazione del patrimonio palestinese, viola le convenzioni internazionali come la quarta convenzione di Ginevra del 1949, la convenzione dell’Aia del 1954 sulla protezione dei beni culturali nell’evento del conflitto armato e i suoi protocolli (1954 e 1999), e la Convenzione del 1970 sulle misure da adottare per vietare e prevenire l’importazione, l’esportazione e il trasporto di proprietà illegali di beni culturali, e la Dichiarazione mondiale dell’Unesco del 2001 sulla protezione della diversità culturale».
Il ministero ha chiesto a tutte le istituzioni e organizzazioni internazionali guidate dall’Unesco di intervenire immediatamente per fermare l’aggressione e proteggere il patrimonio nazionale palestinese, che fa parte del patrimonio dell’umanità, affermando che questi atti sono un crimine di guerra secondo gli accordi internazionali.
La dichiarazione del Ministero ha confermato che centinaia di siti e monumenti sono stati distrutti durante l’aggressione, indicando che l’occupazione è un metodo passato per distruggere il patrimonio palestinese, «considerato testimone del diritto del nostro popolo a questa terra, che fa parte dell’identità culturale del popolo palestinese».
Le “selvagge” distruzioni dei Talebani in Afghanistan, i Buddha di Bamyan, e quelle di Daesh in Siria, Palmira, sono state esecrate dal mondo “civile” e hanno avuto l’attenzione delle Istituzioni preposte. Qualcuno denuncia le distruzioni di Israele in Gaza e ha a cuore il suo patrimonio culturale?
Silenzio per Gaza
Non è la città più raffinata, né la più grande, ma equivale alla storia di una nazione.
Perché, agli occhi dei nemici, è la più ripugnante, la più povera, la più disgraziata,
la più feroce di tutti noi.
Perché è la più abile a guastare l’umore e il riposo del nemico ed è il suo incubo.
Perché è arance esplosive, bambini senza infanzia, vecchi senza vecchiaia, donne senza desideri.
Proprio perché è tutte queste cose, lei è la più bella, la più pura, la più ricca, la più degna d’amore tra tutti noi. (Mahmoud Darwish, da Silenzio per Gaza 1973)
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Fonti
Report on the Impact of the Recent War in 2023 on the Cultural Heritage in Gaza Strip – Palestine
dr. Ahmed Al Barsh per ONG: heritageforpeace.org con ANSCH – The Arab Network of civil society Organisations for the safeguard of cultural heritage
The Third Preliminary Report on the Cultural Sector’s Damages of Palestine Ministry of Culture
The War on the Gaza Strip October 7, 2023 – January 7, 2024
articoli:
Francesco Bandarin, Il giornale dell’arte 11/12/24; Olivia Snaije, New Lines Mag 25/1/24
Ray Bondin, FB: Gaza an incredible heritage
Nella foto: immagine di un cantiere di restauro a Gaza prima degli attacchi israeliani