In un momento storico in cui le diseguaglianze sono tornate ai livelli di un secolo fa, i movimenti dal basso che reclamano più diritti sono fondamentali perché migliorano le istituzioni. È il tema del nuovo libro di Luca Baccelli
Il livello di diseguaglianze della società occidentale oggi è simile a quello che si registrava nel periodo della Belle époque. Diminuite nei Paesi ricchi tra il 1915 e il 1945 e durante il Trentennio glorioso, le diseguaglianze economiche e materiali sono tornate a crescere dalla metà degli anni 70 per attestarsi a questi livelli: in gran parte dell’Europa il 10% dei patrimoni più elevati rappresenta circa il 60% del patrimonio nazionale mentre il 50% più povero sta al disotto del 5%, come appunto nel 1910; e negli Usa, rispettivamente, il 72% ed il 2%. Ce lo ricorda Luca Baccelli nel suo solido ed informato Il conflitto sociale, uscito per Futura, la casa editrice della Cgil. Non è l’unico paragone illuminante e, parimenti, inquietante presente. La realtà attuale si caratterizzerebbe infatti come una società a diritti differenziati per quanto concerne i diritti reali e formali dei subalterni, un po’ come avveniva nella democrazia ateniese, che escludeva dal demos giovani, donne, meteci e schiavi: tra i lavoratori farebbero parte a pieno titolo della società politica - seppur in maniera subordinata e marginale - solo gli autoctoni, maschi e in età non giovanissima, restandone esclusi donne, giovani, disoccupati e precari, a cui vanno aggiunti gli immigrati “regolari”, che assommano a quasi 6 milioni - in grandissima parte lavoratori - e che risultano sostanzialmente privi di diritti politici come quelli dell’elettorato attivo e passivo, e quelli irregolari in condizione servile e soggetti a forme brutali di sfruttamento che non si fermano all’ambito lavorativo (sono in Italia, stabilmente, dalle 600 alle 800mila persone che neppure la pandemia ha permesso di regolarizzare). Società nelle quali il conflitto sociale viene non solo represso (come dimostrano le precettazioni del ministro Salvini rispetto agli scioperi Cgil e Uil contro le misure economiche e sociali del governo Meloni) ma considerato come una patologia di compagini nazionali organicistiche basate su elementi regressivi come il sangue, la razza e l’impresa.
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