Europee 2024, la posta in gioco è altissima. «Mettiamo in campo appieno la nostra visione alternativa riguardo alla società, ai diritti, all’economia», dice il fondatore di Podemos e direttore della tv Canal red
Le europee di giugno 2024 sono un appuntamento cruciale. Cresce l’onda nera ma, stando ai sondaggi, c’è anche una ripresa a sinistra e in particolare quella più radicale. Ne abbiamo parlato con Pablo Iglesias, fondatore di Podemos in Spagna, partito nato dagli Indignados, il movimento spagnolo che ha rappresentato dal 2011 una rivoluzione nel panorama europeo, con migliaia e migliaia di giovani che si sono schierati contro le politiche neoliberiste e di austerity. Docente universitario e direttore della rete multimediale Canal red, Iglesias è stato vice del premier Sànchez in un governo che ha varato riforme importanti riguardo al salario minimo, alla lotta contro il precariato e per i diritti delle donne.
Pablo Iglesias, cosa c’è in gioco nelle europee di giugno mentre le destre rimontano e il vecchio patto di stabilità, sospeso durante la pandemia, sta per tornare in vigore?
La posta in gioco è altissima. E le elezioni europee sono sempre un’opportunità per sviluppare ragionamenti politici finalmente più articolati e complessi che affrontino problemi politici internazionali, di economia, di immigrazione. Sono un’occasione per parlare di idee; sono uno spazio politico collettivo irrinunciabile.
Questa volta voi di Podemos andate da soli?
Sì, è una occasione per mettere in campo appieno la nostra visione riguardo all’economia, alla società, ai diritti in contrasto con le destre che stanno guadagnando posizioni in tanti governi europei. Lo vediamo in Italia, ma anche in Francia con il pericolo Le Pen. Lo vediamo in Ungheria con Orbán, in Polonia. Tornano incredibilmente a farsi avanti le posizioni trumpiane. Intanto su quel che accade in Palestina l’Europa resta inerte, c’è una grande ipocrisia rispetto ai diritti umani.
L’Ue continua ad alzare muri. Meloni e Von Der Leyen si accordano con autocrati in Tunisia, in Turchia, in Albania per fermare i migranti. Ma l’Europa è un continente sempre più vecchio che avrebbe bisogno di nuova linfa. Come uscire da questa contraddizione?
È proprio così. L’Europa ha bisogno dell’ingresso di migranti, per la sostenibilità dei sistemi sociali, per le pensioni, per i servizi sociali. L’Europa ha bisogno di gente giovane che possa lavorare. Invece c’è questa risposta violentissima e demagogica: viene detto che i migranti sarebbero un problema di ordine pubblico, o addirittura che sarebbero un problema culturale contro l’Europa cristiana. È inaccettabile.
Questo articolo è riservato agli abbonati
Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login