Il dibattito politico sull’autonomia regionale differenziata, cioè il Ddl Calderoli “spacca Italia” della maggioranza Meloni – Salvini – Taiani, sembra in questi giorni essersi silenziato. Non è un bene. Tra alcune settimane, infatti, prima delle europee, lo “spacca Italia”, dopo esserlo stato in Senato, sarà adottato anche alla Camera e diventerà legge.
Da quel momento, in virtù del fatto che hanno già avanzato richiesta di Autonomia regionale differenziata nel 2018/2019, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna godranno di un iter privilegiato che potrebbe vederle acquisire l’autonomia legislativa in molte materie già nel corso del 2024.
È ciò che il senatore Calderoli ha già predetto, ed i presidenti di Veneto e Lombardia, Zaia e Fontana, non si faranno sfuggire.
È ciò che sarà possibile da subito, nelle materie non vincolate ai Lep, (rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni – commercio con l’estero – professioni – protezione civile – previdenza complementare e integrativa – coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario – casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale – enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale e l’organizzazione della giustizia di pace).
Non sono insignificanti solo perché meno proposte in maniera critica all’opinione pubblica come la scuola, la sanità, l’ambiente e l’energia.
E sono anche tutte ad alto tasso di ulteriore privatizzazione e finanziarizzazione, basti pensare alla previdenza complementare e integrativa e alle banche, di “esternalizzazione” ed appalto di servizi pubblici, basti pensare alla protezione civile, così come di deleteria competizione tra regioni, basti pensare al commercio estero e ai rapporti internazionali.
C’è di più: anche singole funzioni di governo delle materie vincolate ai Livelli essenziali delle prestazioni, ora assolte da organi centrali dello Stato sulla base di leggi adottate dal Parlamento, ma che per loro natura non necessitino di Lep, potranno essere da subito devolute.
Anche la Sanità potrà essere devoluta.
Infatti, a differenza dei Lep delle altre materie, i Lea sono già previsti e già “tariffati” dal primo gennaio 2024 dalla normativa in essere, ed il finanziamento è costituito dal Fondo sanitario nazionale già definito dalla legge di Bilancio 2024.
Vari politologi e costituzionalisti del Sud segnalano, e paventano, addirittura la possibilità che le regioni del Nord, a partire da Veneto, Lombardia e d Emilia-Romagna, giungano ad accordi tra loro, possibili sulla base della normativa vigente, e costituiscano una indipendente regione del nord, almeno nelle materie sulle quali si accordano.
In Campania ed in Puglia l’opposizione a questi scenari è assurta a tale consistenza che è stata organizzata una manifestazione a Roma il 16 febbraio scorso, si è già ipotizzato il ricorso a referendum abrogativi e si preannuncia ricorso alla Corte costituzionale contro l’adozione di eventuali intese da parte delle regioni del Nord.
In tale quadro politico, fosco per gli interessi popolari e l’unità del Paese, Pd, M5s e Si Verdi sembrano non rendersi conto che “chiudere la stalla quando i buoi sono usciti”, cioè, votare contro alla Camera quando il Ddl Calderoli sarà presentato, senza aver prima mobilitato l’opinione pubblica, le regioni e le autonomie locali è da sprovveduti, quando non da correi.
Non si spiega altrimenti l’assenza di una organica ed organizzata politica di opposizione, basata sulla mobilitazione dell’opinione pubblica, delle amministrazioni regionali di Emilia-Romagna e Toscana, che ancora non si sono pronunciate con atti politici concreti a differenza di Campania e Puglia, e dei Comuni metropolitani e no, che ancora non hanno previsto efficaci iniziative di contrasto politico istituzionale, e delle opposizioni nelle regioni governate dal centro destra sia al Nord che al Centro.
In Emilia-Romagna, ad esempio, è indispensabile che la maggioranza si esprima per il ritiro in tempi utili, cioè prima che il Ddl Calderoli sia approvato anche dalla Camera dei deputati, della richiesta di autonomia avanzata nel 2018 dalla Regione, che la mette nella condizione di poter godere degli stessi privilegi di Veneto e Lombardia da subito, di essere parte, quindi, del progetto leghista e della destra per la “secessione dei ricchi”.
Come hanno già richiesto oltre 6mila elettori emiliano romagnoli con una specifica Legge di iniziativa popolare regionale.
Il messaggio sarebbe chiaro: il centro destra non si azzardi a spaccare l’Italia ed a gestire le prime devoluzioni a Lombardia e Veneto.
L’Emilia-Romagna si tira indietro e si opporrà con Campania e Puglia anche sul piano del diritto costituzionale.
È indispensabile, sia per motivi di coerenza con quanto votato in Senato, quindi di dignità politica, sia per tutelare la governabilità dei Comuni, i diritti e le remunerazioni del lavoro contro la reintroduzione delle gabbie salariali, e l’unità del Paese.
Per questo la presa di posizione deve essere corale ed immediata.
Consigli comunali, sindacati confederali e autonomi, ed Associazionismo democratico, ad iniziare da Anpi, sarebbe opportuno invitino esse stesse l’Assemblea regionale a ritirare la richiesta di autonomia differenziata, ad organizzarsi per adire alle vie costituzionalmente previste, referendum e ricorsi alla Corte costituzionale, ed a mobilitare a tal fine l’opinione pubblica.
L’autore: Gianluigi Trianni fa parte di Medicina Democratica e dei Comitati NoAD
Nella foto: frame del video di tele Romagna sulla consegna delle 6mila firme della Lip Emilia Romagna
Il 24 febbraio a Milano convegno nazionale, con Marina Boscaino, Gianfranco Viesti, Alessandra Algostino e molti altri, L’autonomia differenziata fa male anche al nord.