La piena affermazione della parità delle donne passa dalla piena attuazione della Carta che, già dall’articolo 3, parla di uguaglianza dei cittadini, senza distinzione di sesso. Ma ora la destra vuole manomettere la nostra legge primaria nata dalla Resistenza, con inaccettabili controriforme
In un momento storico in cui in vari luoghi del mondo sta diventando sempre più rischioso esprimere il dissenso politico, in alcuni casi represso con pesanti limitazioni alla libertà personale quando non addirittura con la morte, la democrazia nella sua essenza torna a mostrarsi una forma di governo che non va mai considerata come permanentemente acquisita, ma che al contrario richiede attenta osservazione e quotidiana elaborazione, così come il rispetto dei principi fondamentali e della pari dignità sociale che con essa dovrebbero essere garantiti.
In prossimità della Giornata internazionale dei diritti delle donne (e lo si deve fare tutti i giorni dell’anno) si ricordano i molti ordinari e straordinari atti di impegno e rivendicazione che hanno condotto in varie parti del mondo, pur con differenti condizioni iniziali, alle conquiste politiche, economiche e sociali di cui tutti gioviamo oggi, individualmente e come collettività, attraverso il richiamo alla memoria della strada percorsa e per spronare a quanto vi è ancora da fare.
Un libro redatto a più mani, intitolato Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, promosso dalla Fondazione Nilde Iotti e pubblicato da Futura editrice ripercorre proprio lo sviluppo delle riforme legislative che nel nostro Paese, dalla prima legislatura fino ad anni recenti, hanno riconosciuto alle donne sotto vari aspetti un ruolo cardine per ottenere alcuni tra i più grandi passaggi evolutivi della nostra società nel suo insieme. Scorrere l’indice già desta motivi di riflessione. Addirittura commozione si prova nel leggere lo svolgimento di una cronologia che parte dal diritto di voto del 1945, passando per l’ammissione delle donne ai pubblici uffici e professioni del 1963, alle grandi riforme in materia di diritto di famiglia, scioglimento del matrimonio e interruzione di gravidanza degli anni 70, insieme agli interventi volti alla parità di trattamento in tema di lavoro. L’abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore del 1981 potrà oggi sembrare vicenda lontanissima, è solo del 1996 la legge contro la violenza sessuale, definita finalmente come crimine contro la persona e non più contro la morale pubblica. Sono stati punti di riconoscimento, nero su bianco, di percorsi evolutivi innanzitutto di prassi e coscienza sociale, successivamente trascritti nella normativa, ma anche oggetto di tentativi, più o meno espliciti e recenti, di involuzione.
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