«Hamas il 7 ottobre scorso ha violato il diritto internazionale penale. E affamare e uccidere la popolazione civile di Gaza è un crimine contro l’umanità», dice il criminologo e giurista
Vincenzo Musacchio è criminologo forense, giurista, associato per il settore del diritto penale presso Rutgers University. Gli abbiamo posto delle domande sull’applicazione del diritto internazionale penale nella guerra israelo-plestinese
Professor Musacchio, il diritto internazionale penale come si può applicare a entrambe le parti in conflitto e quali violazioni potrebbero essere state commesse?
Chiariamo subito che il diritto internazionale penale, inteso in senso stretto, è costituito da norme internazionali che disciplinano la responsabilità penale individuale per la violazione di norme rilevanti per la Comunità internazionale. L’insieme di queste norme è concepito per essere applicato equamente a tutte le parti di un conflitto armato, indipendentemente da chi ha iniziato il conflitto, da chi sta agendo illegalmente o in altro modo invadendo un altro Paese, o da chi stia attaccando o difendendo. Le regole di condotta delle ostilità si applicano allo stesso modo a entrambe le parti. Questo serve davvero a garantire che ci siano sempre vincoli umanitari sul modo in cui le guerre sono combattute, in modo che una parte non affermi di combattere una causa giusta, come l’autodifesa o l’autodeterminazione, e poi faccia di tutto senza fermarsi nei confronti di civili completamente innocenti.
E relativamente a questo conflitto cosa ci può dire?
Penso che sia evidente che Hamas all’inizio ha commesso una serie di gravi violazioni del diritto internazionale penale. Ha ucciso oltre 1.200 persone nell’attacco iniziale, ne ha ferite altre migliaia e ha preso in ostaggio più di 200 persone, il che costituisce un crimine di guerra secondo il diritto internazionale penale. Da parte israeliana, è altrettanto evidente che rifiutarsi per più di due settimane di consentire l’arrivo degli aiuti umanitari a Gaza è un gravissimo crimine contro l’umanità previsto dal diritto internazionale penale. Gli Stati hanno l’obbligo di consentire e facilitare il flusso rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari necessari per garantire la sopravvivenza dei civili. Affamare intenzionalmente, come ha fatto Israele, una popolazione civile è un crimine di guerra senza se e senza ma. Non si possono far morire di fame i civili, giustificandosi con il diritto all’autodifesa. Sussistono a mio parere argomentazioni sostenibili di genocidio nella misura in cui questo modello di guerra era inteso a distruggere deliberatamente una parte del popolo palestinese (la Corte internazionale di giustizia il 26 gennaio scorso ha ordinato a Israele di prendere misure per prevenire atti di genocidio a Gaza ndr). Sono quasi trentamila le morti tra i palestinesi mentre gli israeliani sono meno di un decimo. L’idea della legittima difesa non regge.
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