La battaglia contro la logica del profitto che prospera nella giungla degli appalti e nei contratti irregolari è la prima misura contro gli omicidi sul lavoro. Oggi a Firenze la manifestazione per chiedere giustizia per le vittime del cantiere Esselunga

“Una legge che introduca il reato di omicidio sul lavoro”. È la richiesta al centro della manifestazione di oggi, 2 marzo, a Firenze (piazza Dalmazia, ore 14.30) promossa da  Unione Sindacale di Base, Cub, Cambiare Rotta, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Collettivo Gkn e Rete dei Comunisti. Il 23 marzo alle 15.30 la città si mobilita contro le morti sul lavoro e per la costruzione di un parco pubblico al posto del centro commerciale nel cui cantiere hanno perso la vita cinque operai. Sulla strage del 16 febbraio pubblichiamo la versione in italiano dell’articolo di Giuliano Granato uscito su Canal Red, diretto da Pablo Iglesias.

Sono le 8:52 di venerdì 16 febbraio.
Siamo a Firenze. Più precisamente sull’enorme area dove un tempo sorgeva il panificio militare e oggi un cantiere edile. Almeno 50 operai sono al lavoro. C’è da avanzare nella costruzione di un supermercato Esselunga, una delle principali imprese della Grande distribuzione organizzata.

Sono le 8:52 e si sente un boato. Passano pochissimi minuti: “Pronto emergenza? Correte, è crollato tutto”. È una delle prime telefonate al 118, il numero per richiedere soccorso. Una trave di cemento di 15 metri di lunghezza e 5 tonnellate di peso è crollata e ha trascinato con sé tre piani dello scheletro del supermercato.

Sotto le macerie sono coinvolti in otto. Per tre, per fortuna, la vita è salva. Non così per gli altri cinque. Si tratta di Luigi Coclite, 60 anni; Mohamed Toukabri, 54 anni, tunisino; Mohamed El Farhane, 24 anni, marocchino; Taoufik Haidar, 43 anni, marocchino; Bouzekri Rachimi, 56 anni, marocchino. Il cadavere di quest’ultimo viene ritrovato solo il 20 febbraio.

Una strage operaia. L’ennesima in questi ultimi anni in Italia. L’ultima era avvenuta nella notte tra il 30 e il 31 agosto 2023 presso la stazione ferroviaria di Brandizzo, sulla tratta Torino-Milano: un treno passeggeri aveva travolto e ucciso una squadra di operai al lavoro sui binari. Il bilancio fu di 5 morti e 2 feriti.

In realtà, però, la strage è quotidiana. Nel 2023 in Italia ben 1.485 lavoratori e lavoratrici sono morti sui posti di lavoro o in itinere, cioè nel viaggio verso e dal luogo di lavoro. Una media di 4 morti ammazzati ogni giorno. Tutti i giorni, Capodanno, Pasqua e Natale inclusi.
Solo che l’occhio del potere mediatico e del potere politico ci si posa solo quando i lavoratori muoiono tutti insieme nello stesso posto.

E ci si inizia a chiedere il perché di quello specifico dramma. Come sia potuto accadere. Quale sia stata la dinamica precisa. Chi abbia sbagliato e cosa.
Politici ed esponenti istituzionali si affrettano a mostrarsi a favore di telecamera tristi e commossi, rilasciando dichiarazioni tratte da un copione sempre identico: “non è accettabile”; “non si può morire per andare a lavorare”; “mai più”. Salvo che poi tutto continua esattamente come prima, in una tragica ripetizione quotidiana.

Se si ripete è perché il problema, checché ne pensi chi denuncia che “su troppi posti di lavoro manca la cultura della sicurezza”, è in realtà strutturale e strettamente legato a come agisce la logica del profitto.

Il cantiere Esselunga di Firenze non è eccezione; al contrario, è lo specchio del mondo del lavoro oggi in Italia.

Il supermercato, una volta concluso, sarà di Esselunga, grande impresa della distribuzione organizzata. L’impresa committente dei lavori è Vallata S.p.A., partecipata al 100% da Esselunga, e il cui presidente è Angelino Alfano, ex ministro, prima con Berlusconi (ministro della Giustizia), poi con il centrosinistra di Letta, Renzi e Gentiloni (ministro dell’Interno e infine degli Esteri). A proposito di porte girevoli tra politica ed economia…
L’impresa appaltatrice, invece, è la Aep, Attività edilizie pavesi srl, con sede a Pieve del Cairo (Pavia). Già coinvolta in ben due episodi di incidenti sul lavoro negli ultimi anni.
La Babele di appalti e subappalti è comunque appena iniziata. Nel complesso delle attività del cantiere di Firenze ci sono addirittura 64 imprese. Molte di piccole o piccolissime dimensioni.

Come spiega Alessandro Genovesi, segretario della Fillea, federazione della Cgil, il principale sindacato italiano: “È sempre più evidente il fenomeno delle imprese individuali, ovvero operai che non vengono assunti ma costretti ad aprire la Partita Iva (lavoratori autonomi) e presi in subappalto per realizzare l’impianto elettrico o la colata di cemento”.
Insomma, lavoratori salariati a tutti gli effetti, ma che risultano come lavoratori autonomi. Così le imprese che ne utilizzano i servizi scaricano su di loro tutte le rogne, dalle questioni salariali a quelle relative alla sicurezza.

Sempre per risparmiare sugli oneri per la salute e la sicurezza tante imprese dell’edilizia non fanno firmare ai dipendenti il contratto nazionale (Ccnl) del settore edile, bensì quello dei metalmeccanici o, addirittura, quello dei giardinieri. Perché così possono risparmiare sulla busta paga, offrendo stipendi più bassi, ma soprattutto evitare di adempiere agli obblighi di formazione per la sicurezza, previsti dal Ccnl edilizia e non dagli altri.

Perché è così che funziona la giungla degli appalti e dei subappalti: ogni anello della catena, cioè ogni impresa, deve portare a casa un suo profitto. Gli appalti si vincono al “massimo ribasso”: vince cioè chi offre il prezzo più basso. Un prezzo che si può praticare solo schiacciando fin sotto terra le condizioni offerte ai “propri” lavoratori.

A partire dagli stipendi.
Al cantiere Esselunga di Firenze, ad esempio, l’imam Izzedin Elzir spiega che alcuni lavoratori erano sottoposti a pratiche assolutamente illegali: “Tre ragazzi egiziani che lavoravano nel cantiere mi hanno raccontato che, pur avendo un contratto regolare, dovevano dare metà del loro stipendio a chi aveva trovato loro il lavoro”. Caporalato, così si chiama. Punito dalla legge. Ma troppo spesso solo sulla carta.

Pare poi che due dei cinque morti un contratto non ce l’avessero proprio. Lavoratori irregolari al 100%. Lavoratori in nero. Fantasmi che si possono cacciare o far sparire quando più fa comodo.

Lavoro irregolare che nelle costruzioni è la norma. Il 93% di 4.200 grandi, medie e piccole imprese controllate nel 2023 dall’Ispettorato nazionale del lavoro sono risultate irregolari. Nel 2022 su 10.500 cantieri visitati ben 8.648 non rispettano le norme, per più di 15mila violazioni.

I contratti irregolari si affiancano all’assoluta irregolarità nel rispetto e applicazione delle misure di sicurezza.
“Quella mattina dicemmo al responsabile che sarebbe stato meglio aspettare un giorno prima di lavorare al piano terra, visto che sopra c’erano altri che preparavano una gettata.
Rispose: ‘Cosa dici! Qui si lavora. Se non ti va bene, prendi i documenti e te ne vai!’”. È la testimonianza di un lavoratore rumeno del cantiere fiorentino, raccolta dal quotidiano Il Manifesto.

Non può dunque sorprendere il dato dell’Inail (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro), che riporta che le denunce di infortuni nel settore costruzioni aumentano anno dopo anno. Nel 2020 se ne contavano 32.700, 39mila del 2021, 40.135 nel 2022 e nel 2023 pare che i risultati, non ancora definitivi, segnino un ulteriore aumento del 4,1% sull’anno precedente.
Purtroppo non tutti i lavoratori infortunati riescono a portare la pelle a casa. Nel 2023 l’edilizia è risultato il settore col maggior numero di “omicidi bianchi”, cioè di morti sul lavoro, ben 150.
E in questa stima dell’Inail non sono conteggiati i lavoratori in nero.

Infine, dei cinque operai morti ammazzati al cantiere Esselunga di Firenze, ben quattro erano stranieri. La terribile riprova di quanto scrive l’Osservatorio sicurezza sul lavoro e ambiente Vega Engineering di Mestre, che registra 59 morti ogni milione di lavoratori stranieri contro le 29 italiane. I lavoratori migranti, insomma, sono l’ultimo anello della catena. Carne da macello da sacrificare sull’altare dei profitti degli imprenditori. Come e più dei colleghi autoctoni.
È questo il sistema dentro cui si produce il meccanismo di morti quotidiane. La logica del profitto che si impone sulla logica della vita.

Di fronte a questo scenario l’indignazione del momento non basta. Men che meno le lacrime di coccodrillo di politici e personaggi pubblici.

A mancare, in Italia, non è la cultura della sicurezza.
La verità è che quando si rivendica più sicurezza l’imprenditore di turno passa subito alla minaccia di metterti alla porta.
E se sei un lavoratore precario o, peggio ancora, in nero, la forza del loro ricatto (“zitto o a casa”) è maggiore.

Per questo la prima misura contro gli omicidi sul lavoro, prima ancora dell’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e del rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro, è l’abolizione della precarietà e la battaglia contro la logica del profitto.

Nella foto: frame di un video sul crollo al cantiere Esselunga a Firenze