Gli attentati in Afghanistan, insieme al drammatico attentato del Crocus City Hall, mostrano come il potenziale militare dell’IS-KP sia tutt’altro che ridotto. Il rischio è che dilaghi un fondamentalismo religioso, se possibile, persino più violento e isolazionista di quello talebano

Kandahar-Due giorni prima del tragico attentato di Mosca, l’IS-KP ha rivendicato un attentato suicida che a Kandahar ha ucciso venticinque persone, in maggioranza militari, e ferite più di cinquanta. È la prima volta dall’ascesa al potere nel 2021 che in Afghanistan si è assistito a un attacco nel cuore del potere talebano.
È ancora un Ramadan senza pace quello dell’Afghanistan. Il fuoco di una instabilità politica che sembrava soffocato dall’autoritarismo militare del governo talebano e dalle azioni dei servizi di intelligence della scorsa estate, ha ripreso a soffiare con forza proprio nei luoghi più sensibili del potere dell’Emirato Islamico.
Nella giornata dello scorso 21 marzo, due attentati hanno scosso le città di Kandahar e Kabul. Nella prima mattina di giovedì, un attentatore suicida si è fatto esplodere davanti alla Kabul Bank di Kandahar nel momento in cui i miliziani del governo erano in fila per ritirare il proprio stipendio. Il risultato è drammatico: 25 persone uccise, tra forze armate e civili, e più di cinquanta feriti.
Nella stessa sera, poco dopo l’ultimo azan che annuncia la fine del digiuno, nella zona di Trafiq Square, il centro di Kabul, un vaso imbottito di esplosivo è stato fatto saltare con un meccanismo a distanza. Fortunatamente non sono stare riportate vittime a seguito dell’esplosione.
La rivendicazione del primo attacco non si è fatta attendere, mentre la matrice del secondo resta incerta ma è facile intuire una connessione. L’IS-KP, ramo dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante attivo nell’Asia meridionale e centrale, ha reso noto tramite i propri social network che sono loro dietro al terribile attentato della mattina.
L’attacco arriva dopo un periodo di relativa quiete, in cui la capacità militare dello Stato Islamico nel Paese sembrava ridotta dall’intervento dei servizi segreti talebani che in vari raid durante la seconda metà del 2023 avevano ucciso alcuni tra i principali leader del movimento fondamentalista nel Paese, tra cui Mavlavi Ziauddin, primo esponente nell’area e governatore del Califfato per gli affari legati all’Afghanistan.
Questi ultimi eventi, uniti al drammatico attentato del Crocus City Hall a Mosca, mostrano come il potenziale militare dell’IS-KP sia tutt’altro che ridotto.
Il governo afgano ha affidato la propria replica ai canali X del ministro dell’Interno, dichiarando che “condanna l’attacco e assicura che gli autori saranno identificati, arrestati e consegnati ai centri giudiziari il più presto possibile”.
Lo sconcerto più grande per le forze al potere è che questa volta ad essere obiettivo dell’attacco è stata (anche) Kandahar, il cuore pulsante dell’egemonia talebana e residenza del leader supremo, Haibatullah Akhundzada, alla guida del movimento dal 2016.
Sin dall’ascesa al potere nel 2021, Kandahar non era stata interessata da attacchi di questa entità. La presenza massiccia di check point e una rete distribuita sul territorio dell’intera provincia di presidi militari vicini ai vertici dell’Emirato, hanno garantito una protezione duratura per la città a prevalenza pashtu.
Sino a giovedì scorso, data di frattura per le flebili certezze del governo di Kabul.
L’IS-KP contesta al governo talebano una eccessiva apertura alle ventate internazionaliste provenienti dagli Stati del Golfo e i vicini paesi dell’Asia Centrale, abdicando all’integrità di un islamismo senza mediazioni. Allo stesso tempo, l’asse degli Stati occidentali a guida Usa, insieme a numerose agenzie Onu, non smette di condannare senza mezze misure la violazione dei diritti delle donne che continua a perpetrarsi nel Paese a seguito degli editti del 2022 che hanno vietato ogni forma di educazione secondaria femminile e imposto l’inaccessibilità di uffici pubblici e privati alle donne in tutta la nazione.
La recente ondata di attacchi terroristici non può che contribuire a destabilizzare ancora di più un contesto politico e sociale che appare già particolarmente complesso e fragile, proprio mentre Paesi come Cina e Azerbaijan riaprono le proprie ambasciate a Kabul e si intravedono spiragli per nuovi negoziati economici volti a riabilitare il ruolo di partner commerciale a livello internazionale dell’Afghanistan.
Intanto, la situazione interna del Paese vive una condizione sociale di crisi umanitaria vicina alla cronicità. Secondo gli ultimi dati diramati dal Programma alimentare mondiale più di 16 milioni di persone nel paese sono in uno stato di insicurezza alimentare e la ong Norwegian Refugee Council, in un recente rapporto, ha dichiarato che oltre il 50% della popolazione versa in uno stato di profonda povertà.
La speranza è che gli ultimi attentati restino casi isolati e il governo dell’Emirato non insabbi il processo di internazionalizzazione che con molta lentezza sembra essere stato intrapreso da qualche mese a questa parte.
Il rischio altrimenti è di piombare in un nuovo fondamentalismo se possibile ancor più violento sull’impronta di quello della fine del secolo scorso. L’intenzione di movimenti estremisti come l’IS-KP sembra essere esattamente questa.