Dal diritto d’asilo senza riserva geografica al diritto di cura al pronto soccorso fino alla legge sul caporalato, gli immigrati in Italia, nonostante varie strette repressive, hanno vinto alcune battaglie. Grazie alla loro stessa mobilitazione e al sostegno dei movimenti sociali, sindacali e politici
L'evoluzione dell’immigrazione straniera in Italia nel corso degli ultimi 40 anni è stata accompagnata in modo intenso dal protagonismo dei movimenti sociali. Associazioni, sindacati, partiti politici, centri sociali hanno supportato in maniera costante il mondo dell’immigrazione. Può essere utile oggi tornare a mettere in fila alcune battaglie vinte, combattute da soggetti diversi e spesso molto eterogenei, che hanno saputo allargare le maglie della legislazione, hanno costruito convergenze che hanno permesso di ridurre e superare le frequenti strette repressive e hanno mostrato nel corso del tempo la possibilità di mettere all’angolo le pulsioni più razziste della società e delle classi dirigenti. 1986: la parità di trattamento La prima legge sull’immigrazione, denominata Legge Foschi, risale al 1986. Si limita a governare soprattutto l’inserimento dei cittadini stranieri nel mercato del lavoro, tenendo fuori importanti tematiche quali il diritto d’asilo. La legge viene approvata sulla base di una spinta sociale molto forte, proveniente soprattutto dal sindacato. Alla metà degli anni 80 l’immigrazione iniziava a rappresentare una componente piuttosto diffusa nell’economia italiana, soprattutto in alcuni settori quali il lavoro domestico, l’agricoltura, la pesca. L’unico strumento che ne definiva le modalità di reclutamento e inserimento professionale era tuttavia una datatissima circolare del Ministero del lavoro, risalente al 1963: abusi, soprusi, sfruttamento erano quindi dilaganti. Il principio della parità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri rappresentò la base per le denunce e le proteste di quella fase e venne riconosciuto finalmente insieme al principio della “piena uguaglianza” all’articolo 1 della legge. 1990: l’abolizione della riserva geografica per il diritto di asilo Nell’agosto 1989 Jerry Masslo, cittadino sudafricano immigrato in Italia l’anno precedente, viene ucciso a Villa Literno, dove lavorava come bracciante, nell’ambito di una rapina a sfondo razzista. Pur provenendo dal Sudafrica dell’apartheid, Masslo non aveva potuto accedere alla tutela del diritto di asilo, che ancora era legata alla riserva geografica e pertanto limitata soltanto a coloro che fuggivano dai Paesi dell’Europa dell’est. La sua morte provoca un ciclo lungo e duraturo di mobilitazione antirazzista, a seguito del quale nel 1990 viene approvata la legge Martelli. L’articolo 1 dichiara la fine della “riserva geografica” e per la prima volta apre le porte a una tutela più ampia del diritto di asilo, che viene riconosciuto caso per caso indipendentemente dal continente di provenienza dei richiedenti. Immigrati, solidali, antirazzisti conquistano una vittoria importante, destinata a cambiare in profondità la storia dell’immigrazione in Italia.

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