Dalla sanità all'istruzione fino ai trasporti: alle diseguaglianze attuali si aggiungerebbe un ulteriore gap se venisse approvato il Ddl Calderoli. Parla il primo cittadino di Cinquefrondi e consigliere della Città metropolitana di Reggio Calabria che alla Commissione affari costituzionali ha esposto la sua opposizione al progetto del governo Meloni

«È una proposta irricevibile». Non usa mezzi termini Michele Conìa, avvocato, sindaco di Cinquefrondi (RC) e consigliere della città metropolitana di Reggio Calabria con delega ai Beni confiscati, periferie, politiche giovanili e immigrazione e Politiche di pace, riferendosi all’autonomia differenziata.  «Se questo inaccettabile progetto dovesse essere approvato, la situazione non potrà che peggiorare. I già esistenti divari territoriali si acuirebbero con un ulteriore indebolimento dei servizi fondamentali: dalla sanità all’istruzione, ai trasporti. L’autonomia differenziata, oltre che per il merito – spiega Conìa – è inaccettabile anche per la procedura parlamentare prevista per la sua approvazione: si prospetta come un progetto pressochè irreversibile, con l’emarginazione del Parlamento, declassato a ruolo meramente consultivo e di ratifica; inoltre le “intese” tra governo e Regioni avranno durata decennale e una modifica degli accordi potrà avvenire solo attraverso il reciproco consenso delle parti».

Michele Conìa, avvocato, sindaco di Cinquefrondi (Reggio Calabria)

Sindaco, lei lo scorso 14 marzo è stato audito in Commissione Affari costituzionali nell’ambito dell’esame del disegno di legge recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Quali sono state le sue posizioni?

Ho ribadito con coerenza e profonda convinzione le motivazioni per cui vada portata avanti la lotta iniziata più di 5 anni fa, rimarcando con fermezza la contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata, vero e proprio attacco all’unitarietà dei diritti sociali, destinato a produrre una cristallizzazione dei divari esistenti e un aumento delle disuguaglianze. Ho anche spiegato che sarebbe più opportuno parlare di Livelli uniformi di prestazione in quanto i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) sarebbero un’eguaglianza costruita sul minimo, che lascerebbe invariate le attuali e gravi disparità. Inoltre ho segnalato che, avendo intuito i gravi rischi per la democrazia e la vita economica e sociale del Paese, il comune che amministro, Cinquefrondi, è stato il primo in Italia che, nel dicembre 2018, ha adottato una delibera contro l’attuazione del federalismo fiscale e nell’aprile successivo ha avviato il ricorso contro il sistema di perequazione del Fondo di solidarietà comunale, invitando gli altri comuni a fare altrettanto e raccogliendo 600 adesioni.

Secondo lei, il dimensionamento scolastico, combinato con l’autonomia differenziata, potrebbe ledere il diritto costituzionale all’istruzione creando studenti e studentesse di serie A e di serie B?

Sì, io credo che crei penalizzazioni e diseguaglianze, basti pensare ai giovani che sono costretti a lasciare la Calabria per mancanza di opportunità, mentre oltre un terzo di quelli che rimangono non studia e non lavora. Inoltre, a partire dal prossimo anno scolastico 2024/2025, il decreto 127/2023 interministeriale, firmato dal ministro dell’Istruzione e del merito e dal ministro dell’Economia e finanze, darà applicazione al dimensionamento scolastico con l’individuazione dei criteri per l’assegnazione dei Dirigenti scolastici e dei Direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga), tenendo conto della popolazione scolastica regionale. A nulla sono valsi i ricorsi di Campania, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna alla Corte Costituzionale che li ha respinti, e le numerose iniziative di protesta politiche e sindacali con manifestazioni studentesche. La disposizione prevede l’innalzamento del coefficiente ad un minimo di 900 studenti, rispetto agli attuali 600, per poter avere un proprio dirigente e Dsga con il conseguente accorpamento, soppressione e riduzione del numero delle autonomie scolastiche, in particolare nelle aree interne, periferiche e nei comuni montani. L’intera operazione genererà il taglio dei servizi di segreteria, del personale Ata, dei Dsga e frutterà un risparmio modesto: 88 milioni di euro a regime, nel 2032.

Con l’autonomia differenziata inoltre cosa accadrebbe?

L’autonomia regionale differenziata porterebbe alla frantumazione del sistema unitario di istruzione, minando nel contempo alla radice l’uguaglianza dei diritti, il diritto all’istruzione e la libertà di insegnamento (Costituzione, artt. 3, 33 e 34), ma subordinerebbe l’organizzazione scolastica alle scelte politiche, prima ancora che economiche, condizionando localmente gli organi collegiali. Tutte le materie che riguardano la scuola, e oggi di competenza esclusiva dello Stato o concorrente Stato -regione, passerebbero alle regioni, con il trasferimento delle risorse umane e finanziarie. Anche i percorsi Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), di istruzione degli adulti e l’istruzione tecnica superiore sarebbero decisi a livello territoriale, con progetti sempre più legati alle esigenze produttive locali, così come sarebbero decisi a livelli territoriali gli indicatori per la valutazione degli studenti, con il reale rischio dell’abolizione del valore legale del titolo di studio. Anche le procedure concorsuali avrebbero ruolo regionale e più difficili diventerebbero i trasferimenti interregionali. Cosa resterà della contrattazione nazionale? Sarebbe destinato a mantenere una residuale funzione di cornice introducendo una versione regionale delle “gabbie salariali”, con i salari di alcune aree del nord che cresceranno, o resteranno stabili, e quelli del centro-sud che diminuiranno.

Non dimentichiamo poi le difficoltà di collegamenti tra comuni diversi e l’ insufficienza del trasporto pubblico…

I comuni interni, già colpiti da calo demografico e spopolamento, sono quelli più penalizzati perché poco collegati e lontano dai servizi. Inoltre moltissimi studenti e studentesse saranno costretti/e a spostarsi con un impatto negativo che comporta il progressivo impoverimento anche in termini di capitale umano dei nostri territori.

Se questo progetto di autonomia differenziata dovesse essere approvato, in che senso, secondo lei, aumenterebbero le distanze tra il Nord e il Sud e diventerebbero più profonde le attuali disuguaglianze sociali?

Le rispondo commentando i dati del recentissimo Rapporto Bes 2023 (Benessere equo e sostenibile), giunto all’undicesima edizione e diramato dall’Istat. L’analisi integrata dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali offre dati allarmanti sulle condizioni economiche italiane. Nel 2023, il 22,8% della popolazione è risultata a rischio di povertà o esclusione sociale e il valore più elevato lo conquista il Mezzogiorno dove sono 866mila famiglie in situazione di fragilità economica. Secondo le analisi dell’Istituto, il rischio di povertà rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%) mentre diminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2% del 2022). Peggiora per coloro che svolgono un lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022).

E qual è la situazione nella sua Calabria?

La deprivazione sociale e materiale cresce in Calabria più che in altre regioni. Se nella nostra regione, nel 2022, le persone povere si assestavano all’11, 8%, nel 2023 il numero è balzato al 20,7% . Mentre nel 2022 il 42% dei residenti era a forte rischio povertà o esclusione sociale, nel 2023 questo dato si è ulteriormente aggravato toccando punte del 48%. Un primo aspetto da non tralasciare è quello relativo alle condizioni delle famiglie: l’inflazione erode sempre più i redditi con una progressiva perdita di potere d’acquisto, spingendo verso la soglia della povertà un numero enorme di cittadini e cittadine che non riescono più ad affrontare le spese quotidiane, a pagare l’affitto, rinunciando persino a curarsi. A tal riguardo, il rapporto Bes, relativamente all’ambito sanitario, documenta che nel 2023 il 4,2% degli italiani ha dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici: l’1,3% in più rispetto al 2022. Quello che maggiormente colpisce è che neanche chi lavora può considerarsi al riparo dal rischio di povertà assoluta. Il cosiddetto “working poor” è un altro fenomeno dilagante e allarmante. La fragilità economica è stata causata anche dall’aumento generalizzato dei prezzi arrivando all’assurdo paradosso, per cui le famiglie, nel 2023, pur riducendo i consumi, si sono ritrovate a spendere un + 9% rispetto all’anno precedente. Inoltre l’incidenza di povertà assoluta si conferma più marcata per le famiglie con almeno un figlio minore (12%). La fragilità economica continua a colpire duramente anche le famiglie straniere e i minori. Drammatico, infatti, anche il dato su questi ultimi con un’incidenza pari al 14%”.

Secondo lei, l’autonomia differenziata potrebbe indebolire anche il sistema sanitario?

Il Servizio sanitario nazionale già segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali, rischierebbe il collasso. Incrociando i dati della Fondazione Gimbe e Svimez si registra una continua fuga dal Mezzogiorno per curarsi e il triste primato della migrazione sanitaria lo conquista la Calabria con picchi del 43% nella mobilità oncologica. Aumentano anche i “viaggi della speranza” dei pazienti in età pediatrica: nel 2020 la media nazionale si attesta all’8,7% con punte che arrivano al 30,8 % della Basilicata al 26,8% dell’Umbria e 23,6% della Calabria. In merito poi alla copertura per la prevenzione oncologica, la prima regione è il Friuli Venezia Giulia (87.7%) e l’ultima è nuovamente la Calabria dove solamente il 42,5% delle donne tra i 50 e i 69 anni si è sottoposta ai controlli. La regione Calabria devolve 77ml annui agli ospedali convenzionati accreditati privati della Lombardia. Infine un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano ha un’aspettativa di vita di 67,2 anni mentre scende a 54,2 anni per un bimbo nato in Calabria.

Nell’ultimo e recentissimo Report Amministratori sotto tiro redatto dall’associazione Avviso Pubblico si apprende che la regione dove lei è amministratore, cioè la Calabria, è la più colpita e in 14 anni, dal 2010 al 2023, gli attacchi sono stati 801, con una media di 57 ogni anno e con un aumento, nel 2023, del 21% rispetto all’anno precedente. Lei ha mai subito attacchi e se dovesse essere approvata l’autonomia differenziata, secondo lei, potrebbero scatenarsi appetiti mafiosi?

Anche io come amministratore, e per la mia attività improntata alla trasparenza, alla legalità e lotta alla criminalità organizzata, ho subìto danneggiamenti in alcune proprietà di famiglia e minacce di morte con chiari messaggi intimidatori. Questi gesti vigliacchi non mi hanno piegato ma ho continuato a lavorare con maggiore vigore per trasmettere valori di legalità, impegno e coraggio e ispirando le nuove generazioni. Aggiungo che abbiamo modificato lo statuto del Comune rendendo obbligatoria la costituzione di parte civile in tutti i reati di criminalità organizzata ed episodi di violenza contro le donne. Il nostro borgo è stato riconosciuto dalla stampa nazionale come “modello Cinquefrondi” per le politiche di inclusione e per aver fatto dell’accoglienza e della cultura dell’antimafia il nostro tratto distintivo e la nostra forma di resistenza. In merito alla seconda parte della domanda, l’autonomia differenziata rappresenterebbe un pericolo per la tenuta Paese e del principio di uguaglianza riferito ai principali diritti costituzionali: salute, istruzione, università e ricerca, lavoro, previdenza, assistenza. Là dove il pubblico dovesse essere sostituito da politiche di esternalizzazione dei servizi e privatizzazione si allungherebbe l’ombra delle infiltrazioni mafiose e del fenomeno occulto, ma pervasivo, della corruzione non solo per gli ingenti flussi di denaro ma anche per mantenere consenso e controllo del territorio.

Michele Conìa ci saluta spronandoci a continuare la lotta: «Siate pur certi –  conclude il sindaco – noi non ci rassegniamo a un progetto che condanna i giovani e la loro speranza di futuro. Continueremo un’opposizione ferma e una lotta politica e sociale in difesa dell’universalità dei diritti, della coesione e solidarietà sociale nelle istituzioni e nelle piazze. Noi ci siamo sempre stati e lì ci troverete ancora».

L’autrice: Carmen D’Anzi è componente dell’Esecutivo nazionale del Comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti

Nella foto: manifestazione per la sanità calabrese con il sindaco Michele Conìa e altri primi cittadini (da Fb Contro ogni autonomia differenziata)