In occasione del centenario dell’assassinio di Matteotti c’è stata una grande produzione scientifica e letteraria. Si distinguono due biografie, l’una di Federico Fornaro e l’altra di Marzio Breda e Stefano Caretti che mettono in rilievo il profilo del politico, dell’uomo e dell’intellettuale
Ancora nel 2022, in un importante capoluogo di provincia del Nord Est c’era chi chiedeva di rimuovere l’intitolazione di una piazza del centro storico a Giacomo Matteotti, accusandolo d’essere l’ennesimo Carneade: mai sentito nominare e mai incontrato prima, come rimarcava nel suo intervento in consiglio comunale lo smemorato amministratore che avrebbe invece preferito dedicare lo stesso luogo alla tradizione cittadina (la piazza del grano), temendo forse le perturbazioni del mondo esterno. La battaglia per la toponomastica è certo cosa antica e non priva di importanti significati simbolici: «Le strade di Buenos Aires sono già le mie viscere … e sono anche la patria», scriveva un ispirato Jorge Luis Borges. Non di meno, le sue più recenti manifestazioni denunciano una specifica originalità, declinandosi come uno dei frutti avvelenati della scomparsa dei corpi intermedi - non solo i partiti, ma tutte le agenzie che, in tempi più civilizzati, esercitavano una qualche funzione di orientamento nella formazione dei saperi e delle opinioni - con il conseguente emergere, tra le altre cose, di un diffuso populismo della memoria che ha inteso fare dell’evocazione di miti (il dio Po) e di supposte radici territoriali i propri punti di forza. È l’ignoranza eretta a rassicurazione e lenimento delle paure, in un atteggiamento di costante secessione dall’altro da sé, nel declino della fiducia riposta negli interessi generali e nei soggetti collettivi. Si potrebbe citare una lunga serie di esempi che va ben oltre il pianeta leghista, a iniziare dalla riemersione del movimento neo-borbonico. Il centenario della morte di Matteotti si celebra in questo clima, con l’aggravante della vigenza di un governo di destra-centro che non fa certo mistero di disconoscere i valori antifascisti, assumendo un atteggiamento talvolta ai limiti della legalità e sempre ben oltre quelli della decenza. Lo dimostrano anche le difficoltà e gli imbarazzanti ritardi nello stanziamento dei fondi per le celebrazioni del centenario. Una montante e pericolosa marea nera, per fortuna contrastata da una significativa produzione scientifica e letteraria volta, invece, a ricordare le tragiche circostanze della morte del deputato rodigino, nonché lo spessore umano, culturale e civile di uomo che rappresentò un autentico incubo per il duce del fascismo. Tra i tanti libri, mi vorrei riferire in particolare a due belle biografie: la prima di Federico Fornaro (Giacomo Matteotti. L’Italia migliore, Bollati Boringhieri, 2024), la seconda di Marzio Breda e Stefano Caretti (Il nemico di Mussolini. Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato, Solferino, 2024).

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