Nessuno nasce perverso e violento. Allora non si capisce perché la società in cui viviamo, la cultura in cui siamo immersi, debba dirci costantemente che la nostra realtà più intima è questa

La difficoltà è capire cosa fare in un mondo in cui ogni giorno arrivano notizie sconvolgenti, da fare accapponare la pelle. Guerre condannate da tutti, anche da tutte le parti in conflitto che, malgrado ciò, continuano senza interruzioni. Uccisioni indiscriminate di persone, uomini, donne e bambini, persone che non stanno facendo nulla di ostile verso nessuno, bombardati senza pietà, in luoghi che dovrebbero essere esclusi dalla violenza. Poi si pensa alla storia e si sa che le guerre sono state una costante della storia umana. La storia, che abbiamo imparato a scuola esistere dal momento in cui esistono fonti scritte, dice che ci sono sempre state guerre tra i popoli.
Guerra, la lotta armata e violenta per la sottomissione degli altri che non sono come noi.
La coercizione della volontà altrui perché essa, così com’è, non va bene, non è quello che noi vogliamo per loro e anche per noi. Per giustificare la guerra viene detto e anche teorizzato che gli esseri umani sono aggressivi, fin dalla nascita. E che la “non-violenza” umana, tutto ciò che c’è di buono in esso, è solo una costruzione astratta, determinata da un dio invisibile che nella storia ha preso varie forme. Sappiamo di guerre da quando esiste la scrittura. Se esistessero guerre nell’epoca primitiva è questione dibattuta. Certamente si sa che in alcune popolazioni che vivono ancora oggi isolate dal mondo moderno, gli omicidi sono rarissimi e la conflittualità tra tribù non esiste. In altre popolazioni c’è una modalità di conflitto che in qualche modo è regolata e obbedisce a rituali che di fatto limitano la violenza tra gli uomini. La famosa scena iniziale di 2001 odissea nella spazio propone l’idea che è l’arma (il bastone) che permette di realizzare la violenza e che di fatto è quella violenza che “fa” diventare uomo la scimmia. Sarebbe questa idea alla base del ragionamento che le guerre inizino con lo sviluppo delle armi, ossia con l’età del bronzo e del ferro, perché le armi primitive erano troppo poco efficaci. Anche se si potrebbe osservare che tali armi primitive servivano per la caccia ed erano assolutamente efficaci per uccidere. Chissà quando e chissà come, deve essere cambiato qualcosa nel pensiero umano ed è iniziata l’aggressione organizzata di un gruppo di uomini su un altro. Forse iniziò con l’agricoltura, quando gli esseri umani decisero di rinunciare a spostarsi per cercare un nuovo altrove, quando presero una decisione razionale di fermarsi a coltivare. Quando da cicale innamorate del sole diventarono delle formiche industriose. Allora il controllo del territorio diventò fondamentale: si realizzò un concetto primitivo di proprietà? Il campo coltivato è il mio/nostro, non è il tuo/vostro.
Certamente l’inizio dell’agricoltura è un passaggio storico fondamentale. Perché è ciò che permise la nascita di villaggi e poi di città e quindi poi di civiltà, accomunate da una lingua comune. E poi da una scrittura, l’inizio della storia. Ma è vero che la scrittura nacque con i commerci? È vero che prima venne il contare e poi lo scrivere? È vero che la scrittura nacque per una necessità “razionale”? Uno studio superficiale della storia e della letteratura può far pensare che l’essere umano sia sempre lo stesso, non sia mai cambiato. Sempre guerre, sempre per gli stessi motivi: di dominio territoriale e quindi economici, religiosi e ideologici.
Ma nella storia si può vedere anche come l’evoluzione della scienza e della tecnologia sia stata impetuosa e abbia permesso di cambiare la vita di miliardi di persone. Di fatto la soddisfazione dei bisogni e le aspettative di vita di una buona parte della popolazione mondiale attuale è a livelli mai visti nella storia dell’umanità.
La medicina ha compreso e sconfitto gran parte delle malattie mortali, prima sconosciute e incurabili. Si è compreso che la malattia, qualunque malattia, ha una noxa esogena, ossia una causa esterna all’organismo, e una volta individuata e compreso il suo funzionamento, si può cercare una cura per la guarigione.
Si può ripristinare lo stato precedente alla malattia e recuperare l’equilibrio perduto. Ma un equilibrio sociale e psichico non sembra possibile, anzi viene detto costituzionalmente e fisiologicamente impossibile.
Saremmo, nel nostro pensiero, naturalmente perversi, violenti, ineluttabilmente assassini. Non lo saremmo quotidianamente solo perché ci sono la legge, la morale, la consuetudine, la cultura, la razionalità che ci impedirebbero di uccidere.
La storia sembra indicare che questa sia la verità umana. Le guerre sono l’argomento più studiato a scuola, fin dalle elementari. Sembra che l’umanità senza guerre non sappia stare, che non sia possibile stare insieme senza sopraffazione di qualcuno su qualcun altro. Come si fa a riporre ancora speranza in una possibile convivenza pacifica se ogni giorno riceviamo “conferme” che questa è la realtà umana? Sembra quasi che questa quotidianità di notizie terribili serva ad anestetizzarci, a farci pensare che appunto è questa l’unica realtà possibile. Io penso dobbiamo fare uno sforzo e vedere al di là e considerare che difficilmente la storia è una storia di donne e di bambini.
I protagonisti della storia come la conosciamo è fatta di uomini che vengono detti tali per dire di tutti ma in realtà si parla sempre di maschi. Ci sono re e papi, ci sono condottieri, ci sono soldati, ci sono poveri e ricchi, contadini, mercanti. Ma sono sempre maschi. Mai, o raramente, si parla di donne e bambini, relegati al margine della storia dal pensiero logico e razionale di origine greca, in quanto appunto “non razionali” e sono esattamente coloro che hanno una realtà che non è mai violenta.
Le donne e i bambini non fanno la guerra e non uccidono. Le donne e i bambini sanno avere rapporto con chi è diverso da sé stessi, riescono a vedere l’uguaglianza di un essere umano che ha un colore della pelle diverso, parla un’altra lingua, veste in altro modo, adora un altro dio ma, chissà come mai, sorride in modo identico ovunque sia nato nel mondo. Il maschio, il patriarca, non vede, non capisce l’uguaglianza e vede nel diverso solo il ladro e l’assassino e risponde allo stesso modo. Furto e omicidio sono il modo come nella storia si sono sempre risolte le controversie internazionali.
Ma gli esseri umani, anche i maschi, sono stati tutti bambini. Tutti sanno che la realtà della guerra è una bugia. Che non è vero che sia necessaria. D’altro canto, è vero che essa esiste ed è necessario contrastarla. Ma questo è difficile se non impossibile se non si esce da una logica di pensiero perfettamente razionale che non dice e non capisce che non esiste alcuna differenza etnica, religiosa, culturale, territoriale e in generale di pensiero, che superi il fatto che gli esseri umani sono uguali perché il loro pensiero è espressione della biologia del corpo alla nascita, tramite una dinamica fisica e biologica che si realizza come pensiero sul mondo e sull’altro.
Pensiero che è prima di tutto un’idea di non esistenza del mondo inanimato (pulsione di annullamento) e contemporaneamente ricerca di rapporto con un altro essere umano (memoria fantasia). È la dinamica della nascita scoperta da Massimo Fagioli nel 1971 e illustrata in Istinto di morte e conoscenza.
Questa differenza di rapporto con umano e non umano, e in particolare l’assoluto non rapporto con l’inanimato, è ciò che fa del neonato umano una realtà del tutto differente e totalmente inetta se confrontata con i nuovi nati animali, che hanno invece immediato rapporto con la realtà inanimata. Ma è proprio questo annullamento della realtà inanimata (fantasia di sparizione come la chiama Fagioli) e di simultanea idea di esistenza di un rapporto con l’altro essere umano e quindi ricerca di esso, che fa del pensiero umano un assoluto diverso da tutte le altre specie. Noi rifiutiamo la realtà inanimata.
E quindi possiamo inventare vestiti per proteggerci dal freddo o ombrelli per coprirci dalla pioggia o scarpe per camminare su terreni scomodi. Possiamo evolverci grazie alla nostra fantasia riuscendo a fare ciò che tutti gli altri animali sanno fare come specialità specie-specifica. Possiamo scoprire e vedere cosa c’è di nascosto, qual è il meccanismo invisibile. Vogliamo e possiamo cercare e vedere l’invisibile. E nella storia questa ricerca scientifica e tecnica ha avuto un successo straordinario.
Ora che abbiamo compreso e sappiamo cosa è la realtà inanimata, è ora di dedicarci a scoprire l’altro aspetto del pensiero, quello che cerca il rapporto con gli altri. Scoprire perché questo pensiero di rapporto che è naturalmente presente nei bambini poi, a volte, si perde. Scoprire perché la cultura propone modelli di società che dimenticano completamente questa realtà e parlano di realtà umana naturalmente perversa e violenta, quando è evidente che la realtà umana non è quella.
Nessun bambino vuole fare del male agli altri e la assoluta maggioranza delle persone non farebbe mai del male a nessuno. E sappiamo anche che se qualcuno si realizza violento ciò dipende da dinamiche di rapporto che sono andate male che sono state deludenti. In altre parole, nessuno nasce perverso e violento. Allora non si capisce perché la società in cui viviamo, la cultura in cui siamo immersi, debba dirci costantemente che la nostra realtà più intima è questa.
Quello che dobbiamo vedere è innanzitutto proprio questo: che viviamo in un mondo che quotidianamente vuole dirci che in realtà non siamo quello che siamo… che siamo in realtà violenti e perversi e che l’unico reale rapporto che possiamo avere con gli altri sarebbe quello violento, di sopraffazione, di furto e di omicidio.
È difficile liberarsi. Perché l’orrore quotidiano cui veniamo sottoposti è una continua proposta di chiudere gli occhi, di rassegnarsi a pensare che gli esseri umani sono così per costituzione, che l’unica soluzione sarebbe una morale o una religione che ci dica cosa è buono e cosa è cattivo. Invece bisogna resistere e continuare a cercare.
Perché è questa la libertà. La possibilità e capacità di pensare al di là di ogni condizionamento e di vedere al di là per cercare di comprendere l’altro, di comprendere la realtà dell’altro, di comprendere per fare sì che l’altro realizzi sé stesso e possa fare anch’egli ricerca, che possa essere libero. Va detto che la storia non è solo il racconto di tragedie. La storia comprende infinite storie di realizzazioni che rimangono scritte e possono essere la base per la realizzazione di chi viene dopo. La storia non sono solo le guerre. Perché dopo le guerre viene la pace e ogni volta si cerca di comprendere perché c’è stata una guerra, cosa e dove si è sbagliato. Con difficoltà, a tentoni, ma qualche volta viene fuori un’idea bella. Come quella scritta nella nostra Costituzione all’art 3, laddove la libertà e la realizzazione personale sta insieme al pieno sviluppo della persona umana, ovvero la libertà di fare la propria ricerca. Allora è giunto il tempo di fare una ricerca nuova, una ricerca che non è logico-razionale ma è quella di scoprire e comprendere una realtà umana più profonda.
Buttare via come stracci vecchi le brutte favole religiose e razionali dell’essere umano cattivo che ci coprono gli occhi da duemila anni per cercare il segreto delle donne e dei bambini che disegnavano il loro amore per gli altri e la gioia di vivere nelle caverne di Lascaux. «Essere senza imitare, avere senza rubare. Se voi riusciste a carpire il segreto, allora comprendereste. Il segreto di abbandonare senza annullare, di separarsi senza prendere. Il segreto di una resistenza continua, di una ricerca continua di quel mondo nascosto, sconosciuto a tutti, che domina i rapporti tra gli esseri umani. La resistenza e il rifiuto al pensiero divino che dice sempre: non c’è. La resistenza alla strega invidiosa che dice: non è possibile. Il segreto del ventre di donna immune all’istinto di morte.» (M. Fagioli, La marionetta e il burattino, L’Asino d’oro).

Illustrazione di Valentina Stecchi