L’autonomia differenziata toglierà voti nel Mezzogiorno a Fratelli d’Italia e ai loro alleati Un primo segnale è la diserzione di forzisti calabresi che si sono smarcati dalla proposta del governo che affossa il Sud già paralizzato
La Camera dei deputati ha approvato e reso definitivo il decreto legge Calderoli già licenziato in gennaio dal Senato. Così la presidente del Consiglio ha offerto all’indispensabile alleato leghista lo scalpo dell’autonomia differenziata, al prezzo di contraddire sé stessa e l’obiettivo dichiarato in precedenza di voler abolire le istituzioni regionali in quanto moltiplicatrici delle occasioni di malaffare, di poltrone e di spesa pubblica (opinione peraltro largamente condivisibile). La coerenza non è la principale delle sue virtù ma per Giorgia Meloni, con questo dietro-front, si tratta soprattutto di avventurarsi in un doppio azzardo. Nessuno ignora che l’appoggio al decreto leghista sia stato dato in cambio della condivisione del vecchio progetto della destra post-fascista e missina di trasformare la Repubblica italiana da parlamentare a presidenziale, per avvicinarla quanto più possibile, pur nel mutato quadro internazionale, al modello della Repubblica sociale di cui Giorgio Almirante, padre spirituale di Giorgia Meloni, è stato “degno” rappresentante. Tuttavia, mentre l’autonomia differenziata è già legge e potrebbe essere abrogata soltanto da un referendum o da una maggioranza parlamentare diversa da quella attuale, la riforma cosiddetta del premierato dovrà obbligatoriamente passare attraverso il vaglio referendario, giacché si tratta di una revisione costituzionale che non ha ottenuto il voto favorevole dei due terzi del Parlamento. Potrebbe, dunque, darsi che il premierato venga respinto dagli italiani quando l’autonomia differenziata ha già prodotto parte dei suoi perversi effetti con le intese frattanto raggiunte fra Stato e Regioni. Verrebbe anche a liquefarsi l’argomento esibito dalle destre che una maggiore autonomia delle Regioni troverebbe contrappeso, a preservazione dell’unità nazionale, nella maggiore forza di un esecutivo guidato da un(a) leader eletto(a) direttamente dal popolo. Un argomento del tutto inconsistente sul piano costituzionale ma che potrebbe aver fatto presa su parte dell’elettorato. Il secondo azzardo è probabilmente più rischioso e riguarda la tenuta dell’elettorato di Giorgia Meloni nel Mezzogiorno, come mostra l’accorta mossa del presidente della Calabria, il forzista Roberto Occhiuto, di smarcarsi insieme agli altri deputati corregionali dalla responsabilità di un voto che non può piacere a gran parte degli italiani che vivono al Sud.

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