Il 20 settembre il ministro dell'Economia dovrà presentare il documento strategico che contiene le politiche di spesa pubblica per i prossimi 4 anni in conformità con le regole europee. E allora la realtà presenterà il conto

«Quante gocce di rugiada intorno a me,
Cerco il sole, ma non c’è. Dorme ancora la campagna, forse no,
È sveglia, mi guarda, non so», cantava la Premiata Forneria Marconi nella prima strofa di “Impressioni di settembre” scritta, nel 1971, affidando il testo alla sapiente penna di Mogol.
È incerto l’uomo che, all’alba di un giorno di settembre, si avvia per i campi meditando sulla propria esistenza. Un po’ meno poetica, forse, ma senz’altro efficace, la meditabonda metafora calcistico-politica esternata dal ministro dell’Economia, Giorgetti, pochi giorni fa, alla fine della “partita del cuore”: “Meglio fare il portiere che il ministro”. Avendo fatto quel mestiere di ministro – al Lavoro e Previdenza sociale anziché all’Economia – posso anche capirlo. Perché il fatto è che governare non è un gioco. E dalle parti – politiche – di Giorgetti, in molti, per troppo tempo, hanno affrontato la politica come un gioco di società, da praticare tra uscite sui social, comunicati e partecipazioni a talk show. Gioca, gioca, però, arriva la realtà a presentare il conto. O meglio, i conti di finanza pubblica. I quali, per il 2025, non saranno affatto un gioco, bensì, come forse mai, un delicatissimo lavoro di equilibri. E per Giorgetti quanto per il Paese, settembre porterà ben altro che impressioni. Si tratterà di un violento impatto con la realtà. Realtà riassumibile in cinque parole: niente più spesa in deficit.

L’Eurogruppo, che è un organo dell’Unione Europea che riunisce i ministri delle finanze dei 20 Stati membri che adottano l’euro, che ha come obiettivo principale quello di coordinare le politiche economiche e fiscali nella zona euro, puntando a stabilità economica e sostenibilità della crescita, di parole per descrivere la realtà ne ha usate anche meno. La sua conclusione, all’incirca è: bisogna adottare politiche restrittive.
E, il 20 di settembre, Giorgetti dovrà presentare il Piano strutturale di bilancio: un documento strategico che ogni Stato dell’Unione deve redigere, in conformità con le norme sulla governance economica. Si tratta di un piano che ha un orizzonte di circa quattro anni, nel quale si delineano le politiche di spesa pubblica e, potendolo fare, le riforme che servono per implementarla.

Da quel documento nascerà la struttura della legge di Bilancio del 2025. E, senza poter far deficit ulteriore, si dovranno rintracciare oltre 10 miliardi per rifinanziare il taglio del cuneo fiscale. Norma sacrosanta, senza dubbio. Lo sarebbero anche interventi sull’anticipo pensionistico, a sostegno della sanità, dell’istruzione, della formazione. Vedremo come si svolgerà la camminata di Giorgetti, del governo e della sua maggioranza tra gli insidiosi campi della finanza pubblica. Sui quali, intanto, cadono, come foglie in autunno, le promesse elettorali sventatamente sbandierate dai partiti della coalizione oggi al governo: tra le quali, la più improvvida si è rivelata l’abolizione della legge Fornero, mascherata con i giochetti sulle “Quote” pensionistiche che Quote non erano affatto.
Ora è estate. Prepariamoci a un ben difficile autunno. Sperando che lo strumento per la ricerca dell’equilibrio di Bilancio, non sia una falce che si abbatte sul welfare per fare un po’ di cassa. Che, sia chiaro, non è un modo serio per governare.

L’autore:  Sindacalista e già ministro del lavoro Cesare Damiano è presidente di Lavoro & Welfare

Nella foto: il ministro Giorgetti alla “partita del cuore”, 17 luglio 2024 (mef.gov)