Monta la protesta in Venezuela dopo le elezioni e la proclamazione della vittoria di Maduro. Questi risultati elettorali non hanno fatto altro che esacerbare il conflitto sociale. Si registrano disagi e tafferugli in diverse zone del Paese. Migliaia di persone nelle strade per sostenere che i risultati del Consiglio nazionale elettorale (Cne) non rappresentano la volontà espressa alle urne dalla maggioranza dei venezuelani durante le elezioni di domenica. Al momento, purtroppo, si registrano tre morti (tutti giovanissimi) e 46 arresti. Maduro getta benzina sul fuoco e parla di “atti terroristici”, veicolati dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, Machado, leader della Plataforma unitaria democratica, non si arrende: continua a rivendicare la vittoria di Urrutia, il candidato dell’opposizione e invita i venezuelani in piazza, di fronte alla sede delle Nazioni Unite.
La giornata elettorale
A Caracas da poco è scoccata la mezzanotte. Dopo tanta attesa, nella sala conferenza del Consiglio nazionale elettorale (Cne) venezuelano, il presidente Elvis Amoroso annuncia la vittoria di Maduro che, con il 51,2% dei voti, supera il candidato d’opposizione, Gonzalez Urrutia, che si ferma al 44,2%.
La giornata elettorale si è svolta in linea generale in tranquillità. L’affluenza si è attestata al 59%, un dato più basso rispetto a quello pronosticato dai sondaggi più accreditati (vicino all’80%). I problemi sorgono alla chiusura dei seggi, alle 18. Sostenitori della coalizione di opposizione denunciano intimidazioni da parte di gruppi di motociclisti vicini al partito di governo per allontanarli dai luoghi del voto. Altri, bloccati all’entrata direttamente dalle forze di polizia. Altri ancora, accompagnati alla porta direttamente dai responsabili dei seggi. L’obiettivo è non far partecipare le persone non allineate al chavismo allo scrutinio dei voti, requisito essenziale per verificare che il conteggio venga fatto nella maniera più corretta possibile. Da qui inizia a montare il sospetto che qualcosa non sta andando come dovrebbe andare. Successivamente ritardi inspiegabili nel trasmettere i dati. Delsa Solórzano, portavoce della coalizione di opposizione davanti al Cne, in quelle ore frenetiche spiega che «stanno ritardando la trasmissione dei dati al centro di computazione e la pubblicazione dei verbali. C’è un numero significativo di seggi elettorali da cui vengono allontanati i nostri testimoni e altri in cui si rifiutano di trasmettere i risultati della scheda di conteggio». In Venezuela sta accadendo quello che molte persone prefiguravano. Per questo, davanti alla stampa nazionale e internazionale, Gonzalez Urrutia e Machado, rispettivamente candidato presidenziale e leader della Plataforma unitaria democratica, gridano ai brogli elettorali. Urrutia dice che «i venezuelani e il mondo intero sanno cosa è successo oggi. Qui sono state violate tutte le regole, al punto che non sono stati consegnati tutti i verbali». Ma nello specifico, cosa denunciano?
Frode elettorale?
Per capire le ragioni alla base delle denunce dell’opposizione va spiegato come funziona il voto in Venezuela. Dal 2004 è stato introdotto un sistema automatizzato di votazione. Entri nel seggio, dai il documento, ti accompagnano davanti a questo schermo dove compaiono tutti i candidati. Clicchi su chi vuoi votare, la macchina registra il tuo voto ed emette una stampa (una papeleta) che poi il votante piega, chiude e inserisce nella classica scatola elettorale.
Questo sistema facilita il controllo perché si compareranno tot stampe con tot registrati sulla macchina. Il Cne ieri ha dichiarato la vittoria di Maduro, senza fare questo incrocio dei dati, ma pubblicando i risultati sulla pagina web dell’organismo. Riscrivo: pubblicazione dei risultati sul sito significa che qualsiasi persona può inserirli e quindi ci si può solo appellare alla fiducia. Non scherziamo: senza il confronto delle stampe emesse è difficile convalidare il conteggio. In una democrazia, per considerare valide le elezioni, non bisogna solo rendere pubblici i risultati, ma soprattutto verificabili.
Per questa ragione i vertici dell’opposizione chiedono trasparenza ed insieme a loro alcuni vicini latinoamericani, come Argentina, Cile, Costa Rica, Perù, Panama, Repubblica Dominicana e Uruguay, per cui è stato ordinato da Maduro il “ritiro immediato” del loro personale diplomatico.
Brasile e Colombia sono stati più cauti, chiedendo una commissione indipendente. Anzi, secondo quanto riportato dal quotidiano carioca O Globo, citando fonti diplomatiche, in un incontro con Celso Amorin, consigliere capo del Presidente Lula, Maduro avrebbe detto che «consegnerà le papeletas nei prossimi giorni». Nel frattempo monta la protesta.
Nella foto: frame del video delle proteste in Venezuela