A Gagliano Aterno, in Abruzzo, ricercatori, abitanti e Comune vogliono far rinascere il paese. È un esempio del movimento culturale, sociale e politico diffuso nella penisola per esigere i servizi essenziali sanciti dalla Costituzione
Gagliano Aterno è un paese di 200 abitanti della valle Subequana, nel cuore dell’Abruzzo. Un secolo fa ci vivevano 2mila persone, negli anni 50 più di mille, poi, via via sempre meno, come attestano implacabili i censimenti Istat. Per arrivarci, da Roma, una volta lasciata l’autostrada per Chieti-Pescara, si percorre una deserta strada (laTiburtina), tra alte colline brulle, montagne sullo sfondo, le pale eoliche in perenne movimento e qualche raro gregge nei profondi avvallamenti più verdi. Siamo andati a Gagliano Aterno perché rappresenta un esempio significativo di come si possono ripensare le cosiddette aree interne. Non secondo la retorica del “piccolo è bello”, ma attraverso una sinergia innovativa tra mondo della ricerca, privati e amministrazione pubblica. Il paese si potrebbe perciò definire un laboratorio ma questa parola forse è troppo asettica per esprimere il senso di un lavoro costante ma anche complesso di un gruppo di persone, giovani perlopiù, che condividendo idee, progetti e tempo di vita, cercano di far rivivere Gagliano. «C’è una sorta di movimento culturale e politico che da diversi anni cerca di cucire delle reti, delle visioni e degli indirizzi», dice Raffaele Spadano, antropologo, tra gli artefici del progetto Neo (Nuove esperienze ospitali) che coinvolge Gagliano e altri 8 comuni della valle Subequana. Come il paese abruzzese, ce ne sono tanti in Italia che lottano contro lo spopolamento e l’abbandono, piccoli centri in aree marginali, dalle Alpi agli Appennini (e anche delle isole minori) che non fanno molto rumore ma che rappresentano una fetta consistente del territorio - oltre il 60% - e dove vivono 13 milioni di abitanti. Parlare di queste aree interne e della politica necessaria per garantire agli abitanti quei diritti sanciti dalla Costituzione come la salute, l’istruzione, i trasporti, significa non solo ribaltare la logica mainstream dello sviluppo economico estrattivista del tutto e subito che produce spesso la perdita di quei diritti ma soprattutto significa dare voce a intere collettività che con l’autonomia differenziata saranno ancora più escluse ed emarginate. Chi vive e studia i territori è consapevole del rischio. «L’autonomia differenziata segue il modello efficientista e sviluppista figlio di un approccio neoliberista all’economia, al territorio e alle politiche che va semplicemente ad avvantaggiare i centri dove già si concentrano i diritti e le economie dei territori, escludendo gran parte del Paese», dice Nicholas Tomeo, dottorando in Ecologia e territorio presso l’Università del Molise e curatore di un libro appena uscito per Radici edizioni che fa il punto in modo rigoroso e scientifico su queste realtà: il Vocabolario delle aree interne. Le parole in effetti dicono molto, anche a posteriori. Prendiamo quelle che caratterizzavano la Strategia nazionale delle aree interne (Snai), primo tentativo organico per cambiare il destino segnato di molti luoghi d’Italia, introdotta nel 2013 da quella che si chiamava Agenzia della coesione territoriale, con il ministro Barca. Coesione territoriale, appunto. Una bella differenza con i termini che via via sono stati usati per definire la legge Calderoli: «Spacca Italia», «secessione dei ricchi», «macroregione del Nord» ecc.
Una immagine del paese, con sullo sfondo l'antica facciata della chiesa di S.Martino (ph. D.Coccoli)
A Gagliano Aterno Il centro storico è un dedalo di viuzze costellate da edifici, alcuni in rovina, altri in pieno rifacimento e molti abbandonati da tempo. La storia affiora potente: da una chiesa con elementi gotici al castello, fino alla fonte medievale. E in ogni casa si nota il tocco di anonimi costruttori che non rinunciavano alla ricerca di bellezza. Da un lato incombe il monte Sirente, mentre dall’altro si dispiega la valle Subequana dove svettano i paesi vicini. A Gagliano non ci sono negozi: né generi alimentari, né tabaccaio. C’è un bar, però, che è il centro vitale del paese. E un chiosco estivo, altro luogo di socializzazione. Nello spazio a fianco di un fresco viale alberato, pulsa la vita del paese e dei neoabitanti. Qui c’è anche l’ex asilo che ospita l’ambulatorio medico, la sede dell’associazione escursionistica Orsa maggiore e da un paio d’anni, gli studi di una radio web, Radio antiche rue.

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