Le battute sulla mussoliniana “battaglia del grano” sono scontate, inevitabili. Succede che il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, lanci la sperimentazione di quello che viene definito come il “Servizio civile agricolo”. Spiega Lollobrigida che «dal 2 ottobre partirà il Servizio civile in agricoltura con la manifestazione d’interesse aperta alle aziende. Per la prima volta, i giovani potranno servire la patria con una attività di valore agricolo. Sarà un anno a spese dello Stato che vuole valorizzare questa attività».
Un anno a spese dello Stato. Domanda: in che termini? A fare i conti è la Flai-Cgil, federazione di categoria dei lavoratori dell’agro-industria. In un comunicato del 27 settembre, il sindacato analizza così la proposta: «si vuol far lavorare nei campi ragazzi e ragazze di 18-20 anni a 500 euro al mese, fatti due conti a 3 euro l’ora. Non può essere certo questa la politica che aiuta a incentivare l’occupazione giovanile. Piuttosto sembra un tentativo di legalizzare il sottosalario e pensare di risolvere in questo modo alcuni problemi strutturali, in un settore come quello agricolo che vede le aree periferiche sempre più in difficoltà: non ci convince».
Davide Fiatti, della segreteria nazionale della Flai osserva: «non dimentichiamo che stiamo parlando di un settore dove le norme sul mercato del lavoro permettono già oggi un’estrema flessibilità. Lavorare non è servire la patria, è avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa, come sancisce l’articolo 36 della nostra Costituzione».
Ancora, «abbiamo bisogno di mettere in campo ben altre politiche per affrontare questioni annose, a partire dallo sfruttamento e dal caporalato che continuano a interessare i campi e i terreni agricoli della penisola da Nord a Sud, nonostante ci siamo leggi di contrasto come la 199 del 2016 che però vengono applicate poco e male. Il combinato disposto fra la legge Bossi-Fini e il decreto flussi, così come interpretato da questo governo, crea un’autentica fabbrica di invisibili, facili prede della malavita organizzata e di imprenditori senza scrupoli».
Non c’è bisogno di aggiungere molto. Gli enormi problemi del nostro settore agroalimentare richiedono interventi strutturali che vanno ben oltre un breve “servizio alla patria” mal pagato e da vedere come verrebbe organizzato. Nel Paese nel quale Satnam Singh è morto nei campi dell’Agro Pontino, pochi mesi fa, per l’indicibile atto di barbarie di uno sfruttatore che può essere definito un aguzzino, la civiltà non si afferma mandando dei ragazzini a “servire” in campagna.
Se vogliamo servire la Patria repubblicana, si devono affermare condizioni di lavoro chiare, legali, retribuite correttamente, sicure. Così come prescrive la Costituzione.
L’autore:Sindacalista e già ministro del lavoro Cesare Damiano è presidente di Lavoro & Welfare