Dopo due anni di governo Meloni la scuola italiana delineata da Giuseppe Valditara è al centro di operazioni demagogiche e strumentali. E al servizio di interessi economici e imprenditoriali che sviliscono l’insegnamento e il diritto alla conoscenza di ragazzi e ragazze
La parola merito è il marchio con cui Giuseppe Valditara ha voluto identificare il ministero dell’Istruzione. A due anni dal suo insediamento, quali sono stati i “meriti” del ministro leghista, relatore, ricordiamo, nel 2010 della famigerata riforma Gelmini? I fatti e le parole, i provvedimenti e l’apparato ideologico (reazionario) che sta a monte: questi possono essere i binari per condurre un’analisi ad anno scolastico appena iniziato.
Cominciamo dal disegno di legge approvato il 31 luglio scorso sull’istruzione tecnico professionale, che ben rappresenta il Valditara-pensiero: la scuola al servizio dell’impresa, l’addestramento di giovani lavoratori per rispondere alla richiesta di manodopera sempre più impellente da parte delle aziende. La «filiera tecnico professionale», dice il ministro nel comunicato finale, e non riesce a non usare una parola - filiera - che richiama la produzione meccanica di cose invece che la formazione e la conoscenza di ragazzi e ragazze, cittadini e cittadine della Repubblica. L’istruzione tecnica nella riforma di Valditara è ridotta a 4 anni, gli studenti possono proseguire per due anni negli Its (istituti tecnici superiori) tanto amati anche da Draghi e che in Italia stentano a decollare. Ma chi non ce la farà, nessun problema, potrà andare subito a lavorare.
Il mondo dell’impresa è così intrecciato all’istruzione che è previsto anche, fatto inaudito, che “esperti”, manager, operatori di determinati settori professionali del territorio possano salire in cattedra a insegnare a quegli studenti che, chissà, saranno i loro futuri operai. La sperimentazione partita a settembre riguarda 172 istituti in tutta Italia. Non c’è stata la corsa. Così come si è rivelato un flop il liceo Made in Italy, una brutta copia del liceo delle scienze umane, circa 400 studenti iscritti. Tornando alla riforma dell’istruzione tecnica, questa è stata oggetto di una delle più sonore bocciature che il Cspi (Consiglio superiore della pubblica istruzione) ha riservato alle varie proposte lanciate da Valditara. Già nel 2017 e nel 2021, va detto, l’organo di garanzia aveva espresso parere negativo su una sperimentazione di licei quadriennali. I pareri del Cspi sono obbligatori seppur non vincolanti e comunque sono espressione del mondo della scuola di cui i responsabili di Viale Trastevere dovrebbero tenere conto. Questa volta i componenti del Cspi sottolineano un passaggio problematico: l’anticipo dei Pcto (i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento che hanno preso il posto dell’alternanza scuola lavoro) al secondo anno. Vale la pena riportare il commento degli esperti che rilevano «con preoccupazione questa tendenza costante verso l’anticipazione di esperienze lavorative che hanno un forte valore formativo se svolte da allievi che abbiano già sviluppato competenze di base e un’adeguata consapevolezza dei propri interessi e attitudini, ma possono risultare insignificanti e perfino pericolose se destinate ad alunni che non siano ancora pronti ad assumere gli atteggiamenti adeguati in contesti reali non scolastici».
Questo articolo è riservato agli abbonati
Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login