«Oggi la sanità pubblica è la vera emergenza del Paese. E l’autonomia differenziata darà il colpo di grazia», avverte il presidente della Fondazione Gimbe
Le 500mila firme necessarie per indire il referendum abrogativo della riforma Calderoli sull’autonomia differenziata sono state raggiunte lo scorso 21 agosto, segno che il tema è sentito, forse più della riforma costituzionale gemella sul premierato. L’ambito di azione è il terzo comma - fin qui mai attuato - dell’articolo 116 della Costituzione, che prevede forme e condizioni di autonomia attribuite alle Regioni con legge dello Stato in ambiti che vanno dalla salute alle infrastrutture. Ne parliamo, con riferimento alla sanità, con Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ospite alla Festa dell’Unità di Ferrara (Pontelagoscuro).
Dottor Cartabellotta, una vostra recentissima analisi indica che la spesa sanitaria pubblica vale il 6,2% del Pil, un valore ben al di sotto sia della media Ocse del 6,9% che della media europea del 6,8%. Considerando la spesa sanitaria pubblica pro-capite, l’Italia si colloca solo al 16esimo posto tra i 27 Paesi europei Ocse e in ultima posizione tra quelli del G7. Tradotto, si investe poco. Cosa dedurne con la riforma Calderoli approvata?
La riforma Calderoli sull’autonomia differenziata è destinata ad accentuare ulteriormente le diseguaglianze sanitarie, già evidenti tra Nord e Sud: concedendo maggiori poteri alle Regioni, rafforzerà infatti le più ricche penalizzando ulteriormente quelle più deboli. Oggi la sanità pubblica è la vera emergenza del Paese. Serve un progressivo e consistente rilancio del finanziamento pubblico per la sanità, oltre che coraggiose riforme di sistema per garantire a tutti la tutela della salute. Senza una rapida inversione di rotta, da tracciare nella Legge di bilancio 2025, siamo destinati a rinunciare silenziosamente al diritto alla tutela della salute, già compromesso per le fasce socio-economiche più deboli, per anziani fragili e nel Mezzogiorno.
Dopo 46 anni a che punto è il Servizio sanitario nazionale?
Il Ssn è stato un baluardo per garantire l’accesso universale alle cure, ma oggi, dopo quasi mezzo secolo, si trova a un punto critico. Il definanziamento strutturale e la crescente privatizzazione minacciano i suoi princìpi fondanti: equità, universalità ed eguaglianza. Rischiamo di scivolare inesorabilmente da un Servizio sanitario nazionale fondato per garantire un diritto costituzionale a tutte le persone, a 21 Sistemi sanitari regionali regolati dalle leggi del libero mercato, dove le prestazioni saranno accessibili solo a chi potrà pagare di tasca propria o avrà sottoscritto costose polizze assicurative.
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