La precarizzazione del lavoro che prometteva libertà e guadagni è stata una delle grandi truffe dei tempi recenti, da qui lo smantellamento del welfare e dei servizi. La prossima legge di bilancio è innestata sugli stessi binari

L’Istat ci fa sapere che i poveri nel 2023 erano 5 milioni e 700 mila. In condizione di povertà assoluta erano poco più di 2,2 milioni di famiglie, ovvero l’8,4% sul totale delle famiglie residenti. Il valore è stabile rispetto al 2022. 

La povertà delle famiglie con almeno uno straniero è del 30,4% mentre per le famiglie italiane ci si ferma al 6,3%. È proprio vero, gli stranieri vengono in Italia per fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare: i poveri. 

Quasi il 10% degli italiani vivevano l’anno scorso in condizioni di povertà e poiché nulla ci fa pensare che la situazione sia miracolosamente migliorata se ne deduce che una persona su dieci di quelle che incontrate per strada sia al di sotto della soglia della dignità. 

Pensare che questi numeri siano il risultato solo delle politiche del governo Meloni sarebbe superficiale e riduttivo. L’onda lunga della povertà comincia dagli anni 80, quando lo sfiorire del boom economico ha fatto emergere la politica prima condonata dal benessere diffuso. Allora è stato chiaro che i governi che si sono succeduti – chi più, chi meno – hanno avuto come priorità quella di preservare le classi abbienti del Paese, le stesse che esprimono in gran parte la classe dirigente. 

La precarizzazione del lavoro che prometteva libertà e guadagni è stata una delle grandi truffe dei tempi recenti: essere liberi professionisti in un mercato stagnante ha portato come risultato la libertà di azione nello smantellamento del welfare e dei servizi.

La prossima legge di bilancio è innestata sugli stessi binari. E tutto va ben. 

Buon venerdì. 

Nella foto: raccolta alimentare dell’associazione Nonna Roma, 7 giugno 2024 (fb Nonna Roma)