Con lo sciopero e la manifestazione nazionale a Roma di venerdì 18 ottobre dei metalmeccanici di Fiom Fim Uilm abbiamo assistito alla prima parte di una mobilitazione che non ha precedenti. Ed è solo l'inizio

Per un governo non è mai una buona idea non consultare le parti sociali sulle materie di loro competenza. È un cattivo costume che si è diffuso, nel tempo. Un po’ per far mostra dell’essere attori di una malintesa “democrazia decidente”, praticata maldestramente senza essere passati da una razionale riforma delle Istituzioni e del sistema elettorale; un po’ per quel populismo che oggi domina l’agire politico.
Ed è un’idea più che sbagliata perché quello dei sindacati è un ruolo costituzionale, sancito dall’articolo 39 della Carta. Dunque, è ovvio che, di fronte a problemi giganteschi che affliggono il nostro Paese, alle inascoltate forze del Lavoro non resti altro che scendere in piazza.

Con lo sciopero e la manifestazione nazionale a Roma di venerdì scorso dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm abbiamo assistito, dunque, alla prima parte di una mobilitazione che non ha precedenti: quella di un’intera filiera industriale. In questo caso, quella dell’automotive.
Il 25 ottobre sarà la volta di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, che rappresentano la chimica, che è una parte consistente della componentistica automobilistica con le produzioni di gomma-plastica, insieme a pelli, cuoio e vetro. Insomma, una parte importante della manifattura italiana, con le sue due principali categorie, che sono coinvolte nella drammatica situazione dell’automotive. Una crisi la vastità della quale è spiegata anche dalla presenza, alla manifestazione di venerdì scorso, di delegazioni sindacali europee e mondiali: dall’IndustriAll Europe e l’IndustriAll Global Union’s fino alla United Auto Workers, il sindacato dei lavoratori dell’auto degli Stati Uniti.

L’automotive è gravemente in crisi in tutta Europa e questo rende ancor più minacciosa la situazione per l’occupazione e l’economia del nostro Paese, considerato che l’indotto italiano, di altissima qualità, fornisce componentistica alle principali case automobilistiche, in particolare a quelle tedesche.
Dunque, all’opacità della situazione di Stellantis, che vede crolli e, addirittura, fermi totali della produzione, con la conseguente messa in cassa integrazione di migliaia di lavoratori e l’allungarsi dell’ombra dei licenziamenti, si somma il peso della situazione dell’industria del resto d’Europa.
È necessario che il governo e l’Unione Europea mettano a punto con urgenza una seria strategia per il settore, che per ora è assente, arenata insieme a una transizione all’elettrico che, essendo scollegata da un progetto di politica industriale, risulta non realistica nei confronti del mercato. Il grosso del nostro tessuto industriale non può più aspettare. E, più che lecito, è doveroso che il Governo metta attorno a un tavolo Stellantis e i sindacati.

Nel frattempo, sul fronte del lavoro pubblico, le risorse impegnate dal governo nel progetto di legge di Bilancio, sia per quel che riguarda il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione sia per la sanità, sono evidentemente insufficienti.
Seppure la situazione del Paese, gravata dal peso di un enorme debito pubblico richiami a un’azione più che prudente, si deve fare meglio e di più. Dunque, le organizzazioni sindacali di Cgil e Uil del settore che sabato 19 ottobre hanno portato in piazza i dipendenti pubblici hanno più che serie ragioni per promuovere questa mobilitazione.
È necessario chiudere i contratti del settore, i rinnovi dei quali sono fermi da troppo tempo, che si garantisca il recupero dei salari sull’inflazione, che si facciano nuove assunzioni per coprire la carenza di personale (alla P.A. manca oltre un milione di operatori), che si stabilizzino i precari. E è altrettanto necessario impegnare più risorse per la sanità pubblica, il degrado della quale è sotto gli occhi di tutti e adeguare le condizioni di lavoro per assicurare ai cittadini una maggiore qualità dei servizi.
Anche in questo caso, è bene che il governo si impegni subito in un fattivo dialogo con i sindacati dei lavoratori per mettere a punto misure che sono necessarie al Paese. In politica, chi fa da sé non fa per tre.

 

L’autore: Cesare Damiano, già sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare