I dati dicono che l’Italia è il Paese in Europa con meno reati. Eppure la destra fa propaganda sull’allarme sociale inneggiando alla “sicurezza”. In realtà si vuole colpire il dissenso e alimentare il malessere nella società
Lui è un atleta famoso. Ha subìto a Milano un tentativo di furto. Sul suo profilo Ig poche ore dopo ha raccontato il fatto parlando di «città raccapricciante», di «giungla in cui può accadere di tutto» di «assenza di sicurezza». I tanti follower che lo seguono hanno immediatamente reso virale la notizia. Lei è una signora anziana della provincia toscana, che dichiara ad un giornalista, al mercato, di uscire di casa soltanto per le esigenze fondamentali perché “ha paura”. Teme i tanti ragazzi neri che passeggiano in strada ma, alla domanda se fosse mai stata vittima diretta o indiretta di atti di violenza, risponde candidamente: «No, però ho paura». Fra il secondo e il primo episodio sono trascorsi dieci anni. Vicende in parte esplicative per comprendere il successo raccolto oggi dai provvedimenti securitari della destra che governa il Paese. Torniamo indietro nel tempo: il 30 ottobre di 17 anni fa avvenne un delitto che ha inciso nelle vicende politiche e sociali del Paese, l’uccisione di Giovanna Reggiani, presso una stazione ferroviaria romana periferica, lasciata deserta. Era in carica un governo di centro sinistra e la reazione dell’opinione pubblica fu durissima. L’omicida era un cittadino rumeno. I suoi connazionali vennero additati genericamente come criminali da espellere ma, essendo la Romania entrata nell’Ue, era impossibile. Iniziò allora il piano per le “città sicure” che portarono a investire centinaia di milioni di euro per garantire la presenza rassicurante dell’esercito, l’aumento dei decreti di espulsione, l’acquisto di videocamere per rendere più efficace l’apparato repressivo. All’epoca era in carica il secondo governo Prodi, composto da un ventaglio di forze politiche che andava dall’Udeur a Rifondazione comunista e tutta la compagine approvò il primo “pacchetto sicurezza”, apripista per una lunga serie mai interrotta di normative, introdotte, di governo in governo, per fermare i reati cosiddetti predatori (scippi, aggressioni, rapine, molestie ecc). Decreti, disegni di legge, “pacchetti sicurezza”, circolari ministeriali, ordinanze comunali, si sono accumulati in questi anni provvedendo a realizzare una sorta di piramide dei comportamenti da reprimere.
La paura “percepita” da parte delle persone, spesso amplificata dai media, ha creato un cortocircuito cognitivo tale per cui ogni misura applicata ottiene soltanto un immediato effetto “placebo”.
Nonostante l’Italia risulti essere oggi il Paese in Europa con meno reati predatori in Europa, l’opinione pubblica sembra essersi assuefatta ad azioni unicamente repressive per risolvere questioni sociali. Col ddl 1660 (approvato alla Camera) si è raggiunto il massimo andando ad aumentare le pene per comportamenti che non hanno nulla a che fare con il cosiddetto “allarme sociale”.
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