Nel film di Sorrentino "The dreamers" incontra "Io ballo da sola" all’ombra del Vesuvio, dunque La Capria e Bertolucci dentro a un unico pensiero

Chi glielo spiega a Vittorio De Sica che non ha speranze con la Loren ai Bagni della Regina Giovanna? Parthenope se la sogna quell’immediatezza naïve, ma che importa? È primo al box office quale migliore apertura di un film drammatico in Italia nel post pandemia. Paolo Sorrentino non ha interesse alcuno verso la realtà. È un poeta. E i poeti, si sa, sono «strane creature, ogni volta che parlano è una truffa». Perché «Napoli è un luogo comune – un’idea ricevuta – ma talmente comune da essere patrimonio dell’umanità». Francesco Durante citava “La nemesi del sole” di Mozzillo e pure Flaubert: «Si vous causez avec des savants, dire Parthénope. Voir Naples et mourir!».
Al regista premio Oscar interessa il disincanto di stare al mondo. La vita è breve per darsi spiegazioni. Un adagio popolare sostiene da sempre che “’a jurnata è nu muorzo”. E i morsi sono avidi. Non si possono gustare, manca il tempo. Sono permessi appena rapidi tentativi. L’esperienza arriva tardi. Quando saremo vampiri vagamente innocui. Non è mica un caso che a Capri spunti Gary Oldman? I giovani, intanto, sputano sentenze. Forse non dovrebbero. Certo, Celeste Dalla Porta è un caso a parte. È il vicino di casa “mostro” di Troisi in Ricomincio da tre. Bella, sensuale, ricca, elegante. Parla inglese, piglia la lode col bacio accademico. Pare “Wonder Woman” quando pagaia in kayak che nemmeno i fratelli Abbagnale… Alter ego immaginario dell’autore senza giovinezza, somiglia a zia Patrizia del capitolo precedente. La sofferenza di campare la smezza col fratello.
The dreamers incontra Io ballo da sola all’ombra del Vesuvio, dunque. La Capria e Bertolucci dentro a un unico pensiero. Agli spasimanti incerti non rimane mai speranza. Figuriamoci alle caricature in carne e ossa. Il comandante Achille Lauro, la controfigura di Agnelli, lo “scendiletto” liceale (altro che “friendzone”) di Gloria Guida. Ecco, andrebbe allargata l’esistenza. Altrimenti “si esce pazzi”. Specialmente se papà (che bravo Lorenzo Gleijeses!) è il nipote del professore Gennaro Bellavista. La risposta starebbe già in casa. Chi se ne frega, quindi, se Dio non ama il mare? Il sacro è profano. Lo cerchiamo tra le cosce come Tesorone. Peppe Lanzetta è il migliore. Diventa vescovo, mica lo interpreta? Col suo ingresso la storia s’accende. Fa uscire “Tony Pisapia” dal carcere. Qualcuno l’aveva cercato sul lungomare di Torre del Greco.
Il resto è mancia di lusso. Mette a pensare coi riferimenti. Il “funeralino” di un altro Marotta a via Caracciolo.
Gino Paoli strazia meglio di Cocciante («Da Gesù fino ai cantautori») che però con “Celeste nostalgia” calava il sipario a “Sapore di mare” dei Vanzina; la bocca della Ferrari è un atto di fede. Mentre la parrucca di Luisa Ranieri (divertente, sguaiata, irriverente) non ricorda Sophia ma Angela Luce coi capelli di Milva. Poi, ancora, Billy Wilder, “Il Segno di Venere” e “Cerasella”. Giuliana De Sio e Lina Sastri nei bassifondi di “Se lo scopre Gargiulo” e “Mi manda Picone”. Le montature degli occhiali. I Brionvega, La Honda e le Canon. Canale 21 e Angelo Manna. Fred Bongusto negli studi medici con le sedie verde pisello. Le mollette di legno coi fogli a macchina. Silvio Orlando antropologo dimesso che stavolta parla con gli occhi. Chissà se avrà conosciuto Thomas Belmonte? Le ricostruzioni d’epoca sono davvero sontuose. La fotografia di Daria D’Antonio è meravigliosa, vale da sola il prezzo del biglietto
E una volta fatto un lungo respiro chi non comprende è compreso. La copula camorristica, il bimbo Michelin rabelesiano, la cadenza dialettale forzata, i panari con le bacinelle azzurre, lo scudetto della squadra di calcio, l’annusata di mutande, la sigaretta tra i denti, il sesso anale, la contestazione studentesca in Wrangler, Nello Mascia e Biagio Izzo sprecati a comparse. Sarà che la gentrificazione c’era e non la volevamo vedere. I video di Liberato e le pubblicità di Dolce & Gabbana non hanno inventato nulla. Prima venivano da fuori a rubare il tesoro di San Gennaro. Manfredi e Mastroianni si facevano crescere i baffi arrangiando un napoletano di maniera. Invece la Sandrelli, dal 1950 al 2023, apre e chiude con la leggerezza ereditata da Pietrangeli e Scola. Appresso ai sottotitoli che ammiccano alla «disperazione spudorata dei giovani promesse d’amicizia, giuramenti che svaniscono e propositi da ubriachi». Adesso, vai a capire se il mistero dei belli e il fallimento dei brutti giustificano il silenzio. Chi non ha nulla da dire sovente unisce le intelligenze. Direbbe Woody Allen rivolgendosi allo spettatore.
Quello che conta sul serio, tanto, non è la trama. «La vita è fatta di stati d’animo» spiegava Riccardo Pazzaglia spacciando emozioni coi Mancini “pezzotti”. E Sorrentino fa uguale. Ci regala l’illusione che solo l’amore rende. «A cosa stai pensando?» – «Tu sei come una ragazza che ho letto in un libro.» Godard risponderebbe così.

l’autore: Francesco Della Calce è critico cinematografico, scrittore e curatore di mostre