Le sfide future dell’Unione europea riguarderanno conflitti militari sempre più vicini se l’Unione continua ad affidarsi alla postura militarista della Nato anche in fase di escalation delle crisi e se continuano a esistere comportamenti da autentici free rider della diplomazia come il Piano Mattei del governo italiano e le intemperanze di Orbán (dimostrate per l’ennesima volta nella sua visita post-elettorale in Georgia). Tuttavia è ulteriormente rischioso partire da questo assunto, come ha fatto l’ex-presidente finlandese Niinistö, per proporre un rafforzamento della difesa dei Paesi dell’Unione che continui a rimanere nell’alveo di un ligio atlantismo che spesso si nasconde dietro il (talvolta valido) principio della non duplicazione delle capacità Nato.
Il rapporto del politico ed attuale consigliere speciale finlandese contiene molti spunti interessanti, come una formale e netta affermazione dell’importanza della counter intelligence soprattutto per il contrasto al terrorismo. Sono a questo proposito notevoli le raccomandazioni sul rafforzamento dell’intelligence e counter intelligence sharing e sull’implementazione di una rete anti-sabotaggio comune. Tuttavia non può non preoccupare da una parte la riconferma dell’inquadramento di ogni capacità difensiva europea nella struttura Nato e una prospettiva di militarizzazione che giunge a consigliare di pianificare la trasformazione di strutture civili in strutture militari. Ad esempio nel documento, a pagina 125 e 126 si valutano positivamente gli sforzi che l’Europa sta facendo (e deve fare) per garantire un set di infrastrutture civili in grado di garantire a oltre centomila militari provenienti da Usa, Gran Bretagna e Canada di attraversare il suo territorio verso la frontiera (orientale). Nelle stesse pagine del rapporto si raccomanda una politica dual use civile/militare che venga applicata nella progettazione della maggioranza delle strutture pubbliche civili, strade comprese. Questo certo lascia pensare quantomeno a un adattamento ad una condizione di guerra anche nelle strutture e non solo nella pianificazione, come avveniva durante la Guerra fredda.
Si tratta insomma di un documento ancora fortemente sbilanciato verso l’atlantismo e che non fa distinzione tra la strategia militare vera e propria, che è allineata con la Nato anche per una questione strutturale e di principio (non duplicazione) e alcuni effetti come la deterrenza e l’influenza nelle crisi dei quali l’Unione potrebbe rendersi più indipendente dall’Alleanza. Mentre il lavoro dell’ex presidente finlandese e del suo staff dimostra sensibilità nel già citato campo della counter intelligence e nella frammentazione degli sforzi industriali per la difesa europea, non accenna se non di sfuggita, ad alcuna possibilità di una graduale emancipazione dalla Nato nella fase strategica di eventuali operazioni.
La reazione di primo acchito al documento di Ursula von der Leyen è stata eccezionalmente favorevole (come riporta www.pubaffairsbruxelles.eu), la Presidente della Commissione ha accolto il report come eccellente e ha ribadito la convinzione della necessità del lavoro dell’ex-presidente finlandese in un momento delicato per l’Europa. Ma quanto espresso dalla Von der Leyen è abbastanza naturale visto che l’incarico era stato affidato a Niinistö aspettandosi quanto avrebbe prodotto. Ciò che dovrebbe essere valutato è piuttosto l’effetto che il documento potrà avere sulle politiche economiche e militari dei 27.
Con il report si aprono decisive possibilità per gli Stati che vorranno investire in spese militari, seppure importanti in un periodo di decisiva instabilità come quello attuale, anche a discapito di altre voci del proprio bilancio (come avviene in Italia). Al contempo non viene evocata una via ulteriore per l’Europa che sia differente dalla strategia della non duplicazione dello strumento Nato e questo forse è il punto più preoccupante. Nel documento infatti si scende nei particolari del rilancio e di una strategia dell’industria di difesa europea e, come detto, della counter intelligence ma gli effetti strategici militari e la preparazione dello strumento militare sono completamente allineati alla strategia atlantica e, per forza di cose, ai dettami di Washington. Con l’elezione di Trump andrà poi visto come gli Usa saranno disposti a giocare ancora il ruolo che hanno avuto nella difesa europea e quanto questo rapporto rischi di divenire obsoleto a poche settimane dalla sua pubblicazione.
L’autore: Francesco Valacchi è cultore della materia, ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze politiche all’università di Pisa. Si occupa di geopolitica, con particolare riguardo all’area asiatica. E’ appena uscito il suo libro A nord dell’India, storia e attualità politica del Pakistan (edizioni Aracne)
Nella foto: parata militare in Finlandia (Opera propria)
–