Mentre ci preoccupiamo dell’intelligenza artificiale che potrebbe rubarci il lavoro, c’è chi ha già trovato il modo di farla lavorare – e pure gratis – per alimentare le peggiori pulsioni del nostro Paese. La destra italiana, sempre attenta a cavalcare l’onda dell’innovazione quando si tratta di propaganda, ha scoperto che per generare panico non servono più neanche i vecchi fotomontaggio artigianali: basta premere un bottone.
Salvini docet. Sulla sua bacheca Facebook scorrono immagini – rigorosamente senza watermark – di donne e bambini costretti a mangiare insetti da una non meglio precisata “élite globale”. Un tempo ci voleva almeno un grafico per confezionare queste suggestioni; oggi basta un prompt ben scritto e il gioco è fatto. La tecnologia democratizza anche la capacità di manipolare la realtà, chi l’avrebbe mai detto.
Ma il vero capolavoro è la standardizzazione dell’estetica dell’odio. Da Milano a Lampedusa, passando per Roma e Palermo, le immagini generate dall’AI che popolano le bacheche della destra sembrano uscite tutte dalla stessa stamperia digitale: stessi toni, stesse atmosfere apocalittiche, stessa retorica visiva dell’invasione. Un franchising dell’intolleranza in alta definizione.
E mentre i nostri algoritmi si sbizzarriscono a creare scenari distopici di uomini barbuti che bruciano la Divina Commedia o di improbabili soldati dell’Unione europea che marciano verso l’Italia, la realtà – quella vera – viene sepolta sotto una valanga di pixel accuratamente orchestrati. Il bello è che funziona: le immagini generate dall’AI hanno il vantaggio di sembrare più vere del vero, più credibili della realtà stessa per chi della realtà non ne ha contezza.
Buon martedì.