Le onde del Mediterraneo non smettono mai di restituire storie di orrore. Questa volta, a testimoniare l’inaccettabile è stata la Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere. È successo tutto troppo velocemente: un gommone in difficoltà, uomini armati su una barca veloce, colpi sparati in aria. Risultato? Oltre 70 persone in acqua, 29 donne e bambini portati via con la forza, e 83 uomini e minori non accompagnati lasciati soli, a galleggiare sull’ennesimo crinale tra la vita e la morte.
Oggi restano gli 83 superstiti, caricati sulla Geo Barents e avvolti dalla disperazione di chi è stato strappato dai propri familiari. Restano, come sempre, i racconti agghiaccianti: minacce con le armi, l’acqua che inghiotte vite, i bambini che spariscono. Resta, soprattutto, l’ipocrisia di un’Unione europea che si proclama custode dei diritti umani mentre sigilla accordi con una Libia trasformata in guardiana armata del nostro egoismo.
La Geo Barents naviga ora verso Brindisi, ma le famiglie spezzate non arriveranno mai a terra. Loro, quelle donne e quei bambini, sono già finiti nella rete di un sistema che chiamiamo “gestione delle migrazioni”, ma che somiglia sempre più a una guerra condotta senza divise, senza proclami, ma con tutto il cinismo possibile.
Noi intanto continuiamo a guardare altrove, finché il mare non ce lo sbatte in faccia. Perché, alla fine, è sempre il Mediterraneo che ci restituisce il conto.
Buon venerdì.
Nella foto: frame video salvataggio Geo Barents