Nelle ultime settimane prima del passaggio di consegne alla Casa Bianca, il presidente uscente Joe Biden ha sentito l’impellente necessità di concedere l’uso di mine antiuomo all’Ucraina, dimenticando come gli Stati Uniti abbiano speso un miliardo di dollari per toglierle in luoghi come Iraq, Afghanistan, Vietnam, Laos e Cambogia.
Ieri Biden ha deciso di usare i suoi poteri residuali per dare la “grazia piena e incondizionata” a suo figlio Hunter, spiegando di averlo fatto per “ragioni politiche”. «Attraverso lui – ha spiegato – volevano spezzare me. Quando è troppo, è troppo».
Il figlio del presidente rischiava oltre vent’anni di carcere dopo essere stato dichiarato colpevole per possesso illegale di arma e per avere mentito all’Fbi e, in un altro processo in California, per frode finanziaria.
Hunter Biden è da tempo nel mirino della propaganda trumpiana, dipinto come connivente con la Cina e l’Ucraina (accuse che si sono rivelate infondate), nonché dedito a riti satanici e ad altre sciocchezze. Hunter Biden però è anche stato giudicato colpevole da due diversi tribunali statunitensi.
«Nessuna persona ragionevole – ha scritto il presidente Biden in una nota – che guarda ai fatti dei processi a Hunter può arrivare a una conclusione diversa da quella che sia stato preso di mira perché è mio figlio, e questo è sbagliato». Il presidente, quindi, ha ritenuto che il suo ruolo politico valesse come ultimo grado di giudizio, confondendo la giustizia con la politica.
Biden, quindi, ha fatto ciò che si teme possa fare Trump. L’indelebile ricordo lo pagheranno i Dem.
Buon lunedì.
Nella foto: Hunter e Joe Biden, 2009