Al Museo d'Arte Moderna di Bologna, fino al 6 gennaio 2025, una grande mostra dell'artista polacco per ricordare la strage e interrogare la storia in cerca di verità

In occasione del 44°anniversario della strage di Ustica, il MAMbo (Museo d’Arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici Bologna) ospita fino al 6 gennaio nello spazio della Sala delle Ciminiere, la mostra Robert Kuśmirowski. PERSO[A]NOMALIA, iniziativa pensata come una sorta di prosecuzione del legame tra arte e memoria che annualmente arricchisce il palinsesto di iniziative attorno al Museo per la Memoria di Ustica per stimolare il pubblico, e specialmente i giovani, ad approfondire il loro sentire e il loro legame con vicende che non li hanno direttamente coinvolti ma che hanno segnato la storia del nostro Paese, ed è legata, per diversi aspetti, all’installazione permanente di Christian Boltanski (Parigi 1944-2021) allestita proprio al Museo per la Memoria, inaugurato nel 2007, nella quale sono conservati i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 mentre si dirigeva verso l’aeroporto di Palermo. In questa installazione le 81 vittime della strage sono ricordate attraverso altrettante luci che dal soffitto del Museo si accendono e si spengono al ritmo di un respiro. Intorno al velivolo ricostruito 81 specchi neri riflettono l’immagine di chi percorre il ballatoio, mentre dietro ad ognuno di essi 81 altoparlanti emettono frasi sussurrate, pensieri comuni e universali, a sottolineare la casualità e l’ineluttabilità della tragedia. Nove grandi casse nere sono state disposte dall’artista intorno ai resti riassemblati del DC9: in ognuna di esse sono stati raccolti decine di oggetti personali appartenuti alle vittime. Scarpe, pinne, boccagli, occhiali e vestiti che documenterebbero la scomparsa di un corpo, rimangono così invisibili agli occhi dei visitatori. Solo le loro immagini sono state ordinatamente impaginate da Boltanski nella “Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH 870” una pubblicazione che, coinvolgendo lo spettatore direttamente nella memoria di quella strage, lo vede protagonista nella ricostruzione di una verità che il governo italiano ha pervicacemente occultato da quarantacinque anni (il progetto del Museo per la Memoria di Ustica è stato realizzato grazie alla determinazione dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica).
Allo stesso modo, intrecciando la memoria storica con la sfera artistica contemporanea, le opere di Robert Kuśmirowski esposte nel capoluogo emiliano creano un ponte suggestivo tra il passato e il presente. La personale dell’artista polacco, realizzata con il contributo dell’Istituto Polacco di Roma, fa eco al tragico evento del 27 giugno 1980 affidando al linguaggio del contemporaneo una riflessione sulla memoria collettiva in un particolare momento di ripiegamento della storia su se stessa. Nel titolo dell’esposizione, PERSO[A]NOMALIA, si rintracciano i temi dello smarrimento e della perdita accentuati nella loro gravità dall’anomalia dell’epoca che stiamo vivendo.
Sul filo di questa evocazione, Kuśmirowski esplora la complessità del ricordo e dell’oblio attraverso grandi installazioni, ideate per la Sala delle Ciminiere del MAMbo, in cui si combinano elementi visivi, sonori e sensoriali. La serie di ambienti, di diversa natura e per la maggior parte inediti, dialogano tra loro creando un ponte tra passato e presente che genera nello spazio museale un’atmosfera sospesa ed enigmatica.
Le installazioni sono state costruite manualmente dall’artista utilizzando elementi e arredi in parte provenienti dal suo archivio e in parte scelti presso Freak Andò antiquariato modernariato design, partner tecnico della mostra.
Un lungo lavoro di ricerca ha preceduto la selezione degli oggetti, trasformati in simboli carichi di significato. Assemblati in situ in ambientazioni rammemoranti ed elusive, ricordano reticolati archivistici segreti nell’opera inedita Portier, oppure un ufficio dell’aviazione civile tedesca degli anni Trenta in Lusthansa o ancora un antico cinematografo in DUSTribute o una scatola delle meraviglie nell’installazione Cosmorama, qui ripresentata dopo la sua prima esposizione italiana del 2010.
Visitando la mostra il pubblico penetra in un limbo senza tempo dove la fusione tra memoria collettiva e intima immaginazione porta a una sospensione spazio-temporale che si fa portavoce delle complesse dinamiche tra vita, storia, potere e verità.
L’arte di Robert Kuśmirowski si distingue per la sua singolarità nell’esplorare il potenziale non completamente liberato o espresso degli oggetti che abitano le nostre vite, restituendo loro la possibilità di rilasciare quell’eccedenza di senso che l’assuefazione, l’incuria e la denutrizione intellettuale delle persone non ha del tutto sottratto loro. Si tratta di oggetti che hanno perduto la loro posizione nella storia, che sono scivolati in non-luoghi sfumati tra la dimenticanza e l’oblio, spesso relegati in soffitte, depositi, mangiati dalla polvere e dal tempo.
Sono cose che sembrano contare ormai poco o nulla nella scala valoriale di una società che predilige la novità e la compiacenza tecnica, se non fosse per il loro coefficiente di ricordo o perché emanano un effluvio di passato. Possono essere effetti della memoria collettiva e frammenti di storie personali come arredi domestici, libri, articoli professionali e strumenti di vario genere, componenti industriali prodotti in serie o pezzi unici, costruiti artigianalmente quando ancora il pensiero tecnico-scientifico non riduceva la comprensione della cosa. Scomparsi dalla nostra visuale, sono diventati oggetti ovvi, logorati dall’abitudine e dallo sguardo oggettivizzante. Dietro a questa apparente banalità si cela il reale con il suo vuoto di relazioni e il disegno storico delle forze produttive e sociali che hanno contribuito alla loro reificazione in prodotti con una data di scadenza. Ma è proprio questa loro ovvietà a diventare il soggetto di un processo culturale di riabilitazione, poiché il senso degli eventi importanti della vita rimane sempre attaccato alle cose.
Robert Kuśmirowski lo sa bene, la sua storia umana e artistica è stata animata dal rapporto con gli oggetti: ha imparato a conoscerli da vicino, a studiarli, a costruirli e ricostruirli meticolosamente trasformando la sua energia fisica in grande sapienza manuale. Un’esperienza che si è tramutata artisticamente nella fabbricazione di ambienti e spazi che appaiono come repliche perfette di luoghi e oggetti del passato. Una fedeltà visiva tesa a ricontestualizzare la loro posizione nella memoria collettiva, liberandoli dal riduttivismo, e a riattivare la nostra coscienza della storia. Nella ricostruzione minuziosa di immagini e di luoghi esistiti in un lungo periodo storico particolarmente sentito nella Polonia (e nell’Europa) pre e postcomunista, lo spettatore può osservare se stesso riflesso in un racconto della storia in cui la presenza di qualche indizio fittizio tradisce volutamente la simulazione. Un’azione continua di costruzione, distruzione e ricostruzione che permette all’artista di creare delle soglie temporali.
In una area geografica, come l’Europa centro-orientale, investita da un radicale e rapido cambiamento col crollo del Muro di Berlino, l’artista polacco ri-costruisce il legame con oggetti di uso comune e quotidiano nel passato e che inevitabilmente assumono un significato nuovo ed enigmatico nel presente, ricordandoci fatti “dimenticati”, ma che possono tornare, come un fantasma di un fatto non ancora pienamente compreso o chiarito, proprio come l’incidente avvenuto nei cieli di Ustica quel fatidico 27 giugno del 1980.

L’autore: Lorenzo Pompeo è slavista, traduttore, scrittore e docente universitario. È appena uscito il suo nuovo testo teatrale “La caduta di Gomerosol” con la premessa di Marco Belocchi

In foto un’opera di  Robert Kusmirowski, Courtesy museo MamBo