Il multinlinguismo è intreccio profondo di culture e relazioni sociali. Per questo è il perfetto antidoto contro i conflitti e la violenza. Come racconta il lavoro teatrale di Ilaria Tucci, docente, ricercatrice e regista che insegna in Finlandia
Vivo nel multilinguismo. A casa parliamo italiano, con i miei colleghi mi esprimo in inglese, e nella vita quotidiana, al negozio, all’ambulatorio medico, o sull’autobus, la lingua veicolare è il finlandese. Si stima che circa il 43% della popolazione mondiale sia bilingue, e che il 17% sia multilingue, ovvero che usi più di due lingue in maniera fluente. Secondo gli studi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2024 le persone migranti nel mondo sono state circa 281 milioni, a cui si aggiungono 117 milioni di persone in movimento forzato a causa di guerre, violenze e disastri. E i flussi migratori, che certamente non si fermeranno, ma anzi aumenteranno negli anni futuri, creeranno sempre più cittadini del mondo che praticano il multilinguismo.
La diversità linguistica può portare a malintesi, che nel migliore dei casi sono facilmente risolvibili. Tuttavia, in contesti più complessi, dove si intrecciano anche differenze culturali, religiose o economiche, la comunicazione può degenerare in conflitti che, se non gestiti, possono sfociare nella violenza. La violenza è spesso quella che fa notizia, mentre la pace passa inosservata.
Oggi, nonostante la crescente presenza del multilinguismo, c’è ancora molta strada da fare per esplorare appieno le opportunità offerte dalla diversità linguistica, soprattutto in ambito teatrale. Il multilinguismo, infatti, può diventare un metodo per navigare le differenze, per imparare a comunicare in contesti diversi e, potenzialmente, trasformare i conflitti tra le persone. Inoltre, può essere visto come una forma di opposizione all’imperialismo e al colonialismo, come dimostra l’uso del translanguaging da parte di alcune minoranze indigene, dove le lingue vengono mischiate per sostenersi reciprocamente. L’idea è che tutte le lingue siano nel medesimo ‘cassetto’ del cervello e, quando una persona bilingue o multilingue parla, sceglie la parola più adatta al contesto. Alcuni concetti possono infatti essere espressi solo in una determinata lingua, e in quei casi il parlante mescolerà le lingue per necessità espressiva.
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