Le forze politiche e i movimenti che avevano costituito l’ossatura delle mobilitazioni dell’inizio degli anni duemila negli ultimi mesi sono rimasti in silenzio. Ecco come si può ricostruire la rete pacifista in un mondo che non è più diviso in due blocchi
Il 30 aprile del 1965 ad Hanoi si svolse un incontro fra una delegazione del Pci guidata da Giancarlo Pajetta e il leader vietnamita Ho Chi Min. Nel corso del dialogo emerse la volontà di molti militanti italiani di partire per il Vietnam a sostenere la lotta di liberazione. Da Ho Chi Min giunse una risposta molto ferma che sintetizzata si riassume nella frase “Per aiutare la nostra causa è più importante che facciate sentire la vostra solidarietà in Italia”. Già da tempo era forte un movimento internazionale contro la guerra che si combatteva in quei luoghi e le manifestazioni riempivano le piazze di tutto il mondo. Esattamente dieci anni dopo il Vietnam era libero. Partiamo da questa vicenda importante, per la nostra storia, non casualmente. Oggi che ci sarebbe bisogno più che mai di un grande e plurale movimento per la pace, quando si è quasi sull’orlo di un conflitto di proporzioni mai viste, prevale il silenzio, la rassegnazione o, spesso, la frammentazione delle diverse istanze pacifiste. Un fenomeno non solo italiano ma che ha una dimensione globale. Con queste brevi tracce proviamo a fornire suggerimenti di ricerca ulteriori per comprendere tale carenza, gravissima a nostro avviso. Fino a quando il mondo è stato caratterizzato dal bipolarismo - semplificando Nato vs Patto di Varsavia - in qualche maniera la ricerca di un mondo senza guerre era orientata anche dalla critica verso l’uno o l’altro dei poli. Da una parte c’era l’oppressione interna che ogni tanto sfociava in conflitto esterno, praticata dai Paesi nell’orbita sovietica, si pensi all’invasione dell’Afghanistan di cui ricorrono a breve i 45 anni, dall’altra il sostegno a regimi dittatoriali, non solo in America Latina e nel continente africano, praticati con ferocia inaudita. Lo spazio conquistato fin dagli anni Cinquanta dal movimento dei Non allineati, con tutte le loro contraddizioni, era elemento di rottura ma che non poteva né economicamente né politicamente competere con i due poli. Costituiva una minaccia ideologica per entrambi ma non intaccava l’equilibrio fondato sulla minaccia nucleare.
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